Resurrexit!
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("Non abbiate paura: Gesù Nazareno, che voi cercate, è risorto"!) - (Marco 16,6)
Non fanno bene i pagani ad affidare tutta la loro vita, la genealogia del loro essere, i loro amori e le loro speranze alla fragile apparenza di questo mondo: questa loro fede - nelle apparenze effimere di questo mondo - è altrettanto difficile che amara ed anzi crudele.
Il pagano è, in effetti, colui che crede reale ciò che cade sotto la vista dei suoi occhi della carne o ciò che può toccare con le sue mani, questo è "il reale" per il pagano.
Mentre invece è davanti a tutti la relativa rapidità con cui questa illusione evapora e svanisce come neve nel sole, non lasciando alcuna traccia come nave nel mare.
D'altra parte come poter credere ai pagani che vorrebbero negare ciò che è "il reale" di noi cristiani?
E' possibile conoscere l'amore umano, il colloquio profondo di un amico, il bello del creato, lo stupore del cuore... e dire che tutto ciò è nulla, che dal nulla viene, che al nulla si riduce e che nulla è la ragione che lo ha prodotto e sostenuto?
Come è severa la fede e l'ascesi del pagano, la fede e l'ascesi del nulla!
Ci si potrebbe domandare: come si può vivere senza la ragione del vivere?
La fede cristiana di noi ravennati è celebrata in tutto il mondo e non da oggi; il famoso scrittore Andre Frossard è venuto ogni anno a Ravenna da Parigi, durante quaranta anni - da quando era ateo e pagano fino a quando è divenuto cristiano e credente - ad abbeverarsi alla luce della fede cristiana di Ravenna che risplende diffusa sui nostri celebrati mosaici: è la luce "immarcescibile" della Resurrezione di Cristo, la luce della vita eterna!
Frossard chiamò i nostri mosaici ravennati "Il Vangelo secondo Ravenna" ed anche li definì: frutto del "secolo d'oro della Fede Cristiana nella Vita Eterna".
Il soffio della vita eterna del Signore Gesù, risorto per sempre, plana robusto sui mosaici nostri e sulle vite nostre: in realtà la magia dei nostri mosaici, come dice Frossard, sta nel fatto che i volti e le espressioni e gli sguardi dei personaggi dei nostri mosaici guardano, come incantati e stupefatti, dall'altra parte della frontiera, direttamente nella vita eterna, anzi ci guardano e già ci sono, già ci danzano con armonia; la vita eterna è già qui è già ci illumina.
In effetti i primi cristiani erano rimasti violentemente impressionati dal "fatto" della Risurrezione del Signore Gesù e dal "senso della vita" che emanava da questo "fatto", che essi stessi avevano sperimentato in modo del tutto inatteso e concreto.
Il "fatto" della Risurrezione (cui noi Ravennati abbiamo dedicato la nostra Cattedrale: la Cattedrale della Risurrezione) cambiava molto il senso della loro vita. La vita cambia molto alla luce della Risurrezione: sia la vita personale di quelli che credono e credendo vedono, sia il senso proprio intrinseco della vita in sé, la consistenza stessa ed il fine del vivere.
I primi cristiani, quelli che erano passati dal timore alla gioia, erano come folgorati dalla immagine del "Risuscitato", dall'esperienza del Corpo di Cristo Risuscitato: il Risorto!
Il Corpo Glorioso di Cristo Risorto, che essi videro e toccarono davanti al sepolcro ormai vuoto, in cammino verso Emmaus, nel Cenacolo, sulla riva del lago di Tiberiade, senza alcun dubbio era il Signore Gesù e rivelava loro il destino del corpo umano.
Questa è la realtà che sperimentarono i discepoli: il Corpo di Lui, vivente nello Spirito, inondato dallo Spirito Santo, e giunto alla sua pienezza, come primizia per noi.
La realtà che essi sperimentarono corrisponde in effetti all'istinto profondo di ogni essere umano. Ogni uomo ha, nel fondo del suo io, l'istinto indelebile di una perfezione eterna del suo corpo: sa, sente, presente che il corpo umano non è il corpo di un animale ed è rivestito di un mistero stampato in esso e trascendente rispetto a quello di un animale.
Dirà San Pietro con tutta certezza: "noi abbiamo mangiato e bevuto con Lui dopo la Sua Risurrezione" (Atti 10.15).
Fu a causa del fatto che lo videro impavidamente e concretamente risuscitato che essi, impegnarono tutto ciò che restava della loro vita, predicando questo avvenimento reale, che ormai li dominava e che poi li condusse fino agli estremi della terra, capaci di sopportare vicissitudini e persecuzioni inenarrabili ed interminabili, con il cuore illuminato da una allegria "immarcescibile".
Ma cosa videro coloro che videro il Signore Gesù Risuscitato? Come era il Risuscitato? Come fu questo impatto così forte, da lasciare impressionata per sempre la Chiesa e la stessa umanità?
II Corpo di Nostro Signore Gesù Resuscitato aveva due caratteristiche peculiari:
1) il Corpo del Risuscitato era uguale, assolutamente uguale al Corpo di Cristo di prima della Risurrezione.
2) ed inoltre il Corpo del Risuscitato aveva caratteristiche totalmente differenti dal Corpo di Cristo di prima della Risurrezione.
I discepoli lo videro, lo udirono, sentirono la sua vicinanza fisica e la sua presenza, osservarono i normali processi fisici del suo corpo, come ad esempio quello di mangiare; la sua esistenza attuale dopo la Risurrezione era completa, comprendeva Gesù intero, la sua sostanza, il suo carattere, il suo modo di essere, le sue maniere umane, gli avvenimenti del suo vivere (le piaghe della Crocifissione sono presenti in lui ed egli le mostra).
Con Lui sta presente in lui il suo corpo intero, la sua vita vissuta, tutto il destino che ha percorso, tutti gli affetti per i suoi amici, tutta la sua passione e la sua morte... questa è la realtà che sperimentano i discepoli.
D'altra parte essi videro senza alcun dubbio il Signore che stava nel mondo, senza appartenere esclusivamente al mondo: lui stava ancora nell'ordine di questo mondo, ma già stava nell'ordine della Vita Eterna, che è appunto la dimensione nuova in cui egli ci viene introducendo mediante la sua Risurrezione.
Il Corpo del Risuscitato aveva dopo caratteristiche differenti rispetto a prima della Risurrezione, ci sono addirittura parole nuove per descriverle: prima andava e veniva con loro, ora appare, sparisce, di repente sta in mezzo a loro,... il repentino che irrompe e che contrasta con l'abituale,... egli entra ed esce dallo spazio e dal tempo: "Io sono la porta; se qualcuno entra per me sarà al sicuro, entrerà ed uscirà" (Giovanni 10,9).
C'è qualcosa di nuovo e differente che riveste il Suo Corpo dopo la Risurrezione: prima lui veniva ed andava con loro, adesso non sta sempre con loro, la sua vicinanza non sempre è immediatamente identificata e tuttavia è sorprendente, conturbante e portatrice di pace e di ardore, si dice che appare, che cammina di repente a loro lato, che sparisce.
Andavano con lui nel cammino senza ancora riconoscerlo, poi alla frazione del pane lo riconoscevano; parlava con loro e ancora non lo identificavano e di repente al pronunciare "un nome" lo riconoscevano;... e così il Corpo risuscitato può entrare nel Cenacolo attraverso porte chiuse, come prima non avveniva...
Le barriere della corporeità già non esistono per lui; si muove con tutta libertà dentro e fuori delle frontiere del tempo e dello spazio, dentro e fuori le frontiere del Regno, passa da un lato all'altro della frontiera con facilità e con una libertà nuova che è impossibile sulla terra per gli altri.
Da un lato nel Signore Risorto nulla è cambiato realmente, egli non ha abbandonato nulla di ciò che egli era prima; il suo corpo, la sua vita, tutto è reale, la sua esistenza corporea attuale, dopo la Risurrezione, è completa, comprende Gesù intero.
Da un altro lato egli riveste ora una novità ed un potere nuovi e guardare ed osservare questa realtà era per i discepoli qualcosa di più e di diverso che vedere una persona normale e che normalmente vive: era per loro una rottura di un abitudine o di una consuetudine naturale.
Ci si potrebbe domandare ora: c'è una esperienza umana che possa essere rapportata a questa del Corpo Risuscitato del Signore Gesù, cioè di appartenere contemporaneamente a due mondi? Cioè: c'è una dimensione ed una esperienza, nota all'uomo e certissima, con cui l'uomo possa leggere con linguaggio a lui conosciuto il fatto della Risurrezione e della Vita Eterna?
Se gli occhi della carne sono inadeguati per vedere ciò che è reale, come è troppo comprovato dall'esperienza dei pagani: come si può fare per vedere?
Saint Exupéry lo dice apertamente in quel suo così noto e prezioso libro "Il piccolo Principe": gli occhi della carne non servono per vedere, danno infatti una visione cieca, come andando nella nebbia; per vedere occorre guardare con gli occhi del cuore.
Per navigare nella nebbia ci vuole un "radar": il cuore è quel "radar" costruito con "occhi" capaci di vedere ciò che è reale.
Il nostro tempo è così sensibile al tema dell'amore; ma l'amore non è in verità poetico ed effimero o inconsistente, come così spesso sembrano crederlo i pagani; l'amore, che ogni uomo può conoscere col suo cuore, è reale, oggettivo, consistente: è "il reale in sé" ed è il fondamento di tutto il resto, anzi è la vera chiave di lettura di tutto.
La persona umana è in effetti progettata e costruita come un "computer" capace di giungere a vedere il mistero reale dell'Amore.
La "dimensione" dell'Amore è della stessa natura della "dimensione" della Vita Eterna, giacché in entrambi i casi si è al di là e al di qua, contemporaneamente, della frontiera dello spazio e del tempo.
Un "amore-andando" ha tutte le stesse caratteristiche analoghe a quelle tipiche che aveva il Corpo Risorto del Signore Gesù: può camminare vicino a te ancora senza farsi riconoscere e già ardendo nel tuo cuore; può apparire di repente e può sparire dileguandosi per un momento; può essere identificato al pronunciarsi di un "nome"; può attraversare direttamente pareti e porte chiuse e rendersi, palpabile; può alimentare i cuori degli amici all'alba sulle rive del lago,... e soprattutto può dare una gran gioia ed una pace "immarcescibili": L'Amore risorto è Dio, e Dio è reale, è l'unico reale che non evapora mai e che non è effimero.
Dovremmo fare anche noi come i discepoli ed i primi cristiani: andare con gioia ed umilmente a raccontare ai pagani di buona volontà ciò che in realtà essi cercano, presentono e di cui hanno una struggente nostalgia ed una estrema necessità : "nolite expavescere, Jesum quaeritis Nazarenum, Surrexit" Alleluia!" ("non abbiate paura, cercate Gesù Nazareno, è risorto", Alleluia!) (Marco 16,6).
Anche noi personalmente, come i discepoli dopo la morte di Gesù e prima della sua impavida resurrezione, siamo stati nella paura e nell'ombra della morte, cioè nell'angoscia del nulla, ma ormai i nostri piedi, come lo annuncia gioioso il profeta Isaia, sono beati perché noi cristiani siamo ormai, per noi stessi - gli uni per gli altri - e per i pagani di buona volontà, come le sentinelle: che hanno visto ed annunciano, all'aurora, il Signore che ritorna! (Isaia 52, 7-10)
Per i nostri fratelli pagani, come per ognuno di noi, valgono infatti le belle parole amichevoli del Signore Risorto: "ecco io sto alla porta e busso, se qualcuno ascolta la mia voce ed apre la porta, io verrò da lui e cenerò con lui e lui con me" (Apocalisse 3, 20).