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Gesù predica il Regno di Dio e la conversione del cuore

Autore:
Peraboni, sr. Maristella
Fonte:
CulturaCattolica.it ©
Gesù, di Giovanni Pascoli



E Gesù rivedeva, oltre il Giordano,
campagne sotto il mietitor rimorte:
il suo giorno non molto era lontano.
E stettero le donne in sulle porte
delle case, dicendo: Ave, Profeta!
Egli pensava al giorno di sua morte.
Egli si assise all'ombra d'una meta
di grano, e disse: Se non è chi celi
sotterra il seme, non sarà chi mieta.
Egli parlava di granai ne' Cieli:
e voi, fanciulli, intorno lui correste
con nelle teste brune aridi steli.
Egli stringeva al seno quelle teste
brune; e Cefa parlò: Se costì siedi,
temo per I'inconsutile tua veste.
Egli abbracciava i suoi piccoli eredi:
- il figlio - Giuda bisbigliò veloce -
d'un ladro, o Rabbi, t'è costì tra i piedi:
Barabba ha nome il padre suo, che in croce
morirà. - Ma il Profeta, alzando gli occhi,
No, mormorò con l'ombra nella voce;
e prese il bimbo sopra i suoi ginocchi.

[Giovanni Pascoli]


Applicando al poeta stesso l'ormai classica definizione attribuita alla sua poetica, Pascoli può essere visto come il "poeta fanciullo", colui, cioè, che ha saputo conservare quella capacità di meravigliarsi e stupirsi che permette di vedere, al di là del dato oggettivo, il mistero insito nel quotidiano più ordinario.
Questa caratteristica, riscontrabile in tutta la produzione pascoliana, lungi dall'essere semplice "ingenuità infantile", è definibile come la capacità/dono, di cogliere la realtà nascosta delle cose, quasi quell' "l'impronta di Dio" che, aprendo alla dimensione del Mistero, introduce nell'ambito del Trascendente (sebbene Pascoli, pur anelandovi, non giungerà mai alla fede profonda, tranquilla e serena che ammirava, ad esempio, nella sorella Maria, senza però mai riuscire a farla propria).
Leggendo questo testo, si risveglia in noi, quasi per incanto, il "fanciullino" che, per così dire, "dorme" in ogni uomo e che, così, semplicemente, ci porta a "simpatizzare" per i fanciulli che assiepano Gesù toccandolo, abbracciandolo, stringendosi a Lui,… stropicciando, in tal modo, "l'inconsutile veste" del Maestro, come argutamente, e con una punta di simpatica ironia, Pascoli definisce la tunica indossata da Gesù.
La scena è descritta a tinte tanto vivaci e nitide che sembra quasi di assistervi.
Non si fa certo fatica ad immaginare una splendida giornata di sole sulle rive del Giordano, un crocicchio di vocianti fanciulli che giocano allegramente sulle rive e che, alla vista di Gesù, gli si accalcano festosamente attorno, il Signore che gioiosamente li accoglie, li accarezza, li benedice, parla con loro,… e gli apostoli, discosti, magari anche un po' imbronciati di fronte a quella scena "fuori programma", che ha turbato i loro piani, immersi nei loro ragionamenti cogitabondi e seriosi.
Questa poesia di Pascoli, inoltre, ridonda di rimandi a brani evangelici che, nella lettura del testo poetico, facilmente vengono alla mente. Impossibile, perciò non soffermarsi a riflettere sulle profonde realtà, celate ma al contempo profondamente presenti, nelle varie espressioni testuali.
In un certo senso, Pascoli "riassume" in queste righe, tutto il senso ed il Mistero insiti nella vita di Cristo: l'amore che Egli porta al Padre, la fedeltà alla Sua missione di annuncio del Regno di Dio, la Sua predilezione per i "piccoli" e, di conseguenza, l'invito, sempre attuale, alla conversione del cuore.
Guardiamo, ora, al testo e lasciamo emergere quanto esso ci suggerisce quale "spunto di riflessione".
"E Gesù rivedeva, oltre il Giordano, campagne sotto il mietitor rimorte". Gesù "vede", presente dinanzi a sé, la sua missione: il suo agire e predicare l'avvento del Regno di Dio ed il compimento del suo destino. Viene immediato il collegamento con l'ampia predicazione di Cristo, in cui il tema dei campi, delle messi, degli operai,… fa da base per l'annuncio delle realtà trascendenti.
Ma - nota subito dopo il poeta - il Signore era conscio anche che "il suo giorno non molto era lontano". La sua Missione si stava "compiendo". Il suo "sacrificio redentivo" si profilava già all'orizzonte e Cristo guarda ad esso con piena coscienza e decisione: "firmavit faciem suam", dice di Lui il testo evangelico, mentre ne descrive l'ascesa verso Gerusalemme.
Pascoli volge, poi, lo sguardo alle persone che "stanno attorno" e/o "presenziano" alla vita e alla missione di Gesù". Tra esse ci sono le donne.
"E stettero le donne in sulle porte delle case, dicendo: Ave, Profeta!" In questa esclamazione non possiamo non ravvisare gli onori tributatiGli prima della Passione, l'entrata trionfale di Cristo in Gerusalemme come ci viene narrata nel Testo Sacro. Gesù, però, sa bene qual è la sua missione, il disegno del Padre su di Lui.
Quei trionfalistici elogi, che poeta sapientemente riassume nell'espressione "Ave, profeta!" si tramuteranno ben presto in scherni, insulti e derisioni. Sarà il Mistero Pasquale a portare a compimento la missione di Cristo, sarà il Sacrificio cruento della Croce a "sigillare" l'annuncio dell'avvento del Regno di Dio portato da Gesù.
Egli ha piena coscienza di questo e perciò, consapevole che quegli "Osanna" sono preludio non di trionfi terreni ma del Sacrificio del Golgota, "Egli - sottolinea il Pascoli - pensava al giorno di sua morte."
Leggendo il testo e guardando alle figure femminili che accompagnano la predicazione di Gesù, sorge spontaneo pensare anche ad un'altra donna, la quale partecipava intimamente alla vita di Cristo, sebbene non gli fosse, fisicamente, sempre accanto: Maria, Sua Madre.
È logico immaginare che la Madonna - come farebbe ogni madre e come ben ha evidenziato il S. Padre - "pur non seguendo Gesù nel suo cammino missionario, si sia informata sullo svolgimento dell'attività apostolica del Figlio, raccogliendo con amore e trepidazione le notizie sulla sua predicazione dalla bocca di coloro che lo avevano incontrato". Infatti "la separazione non significava lontananza del cuore, come pure non impediva alla madre di seguire spiritualmente il Figlio, conservando e li meditando il suo insegnamento, come già aveva fatto nella vita nascosta di Nazaret. La sua fede, infatti, le permetteva di cogliere il significato delle parole di Gesù prima e meglio dei suoi discepoli, che spesso non comprendevano i suoi insegnamenti e specialmente i riferimenti alla futura Passione".
Maria è una "mamma" e, dunque, come tale, partecipa interiormente a tutto ciò "il suo Gesù" vive e soffre. "Seguendo da lontano le vicende del Figlio, - prosegue il Papa - partecipa al suo dramma di sentirsi rifiutato da una parte del popolo eletto. …Attraverso queste sofferenze sopportate con grande dignità e nel nascondimento, Maria condivide l'itinerario di suo Figlio "verso Gerusalemme" (Lc. 9,51) e, sempre più unita a lui nella fede, nella speranza e nell'amore, coopera alla salvezza."
Il cuore della Vergine madre è, dunque, costantemente accanto al Figlio in qualunque circostanza Egli si trovi: per Lui e di Lui vive.
Torniamo, così, all'analisi della poesia prescelta.
Ed "Egli si assise all'ombra d'una meta di grano, - prosegue il testo - e disse: Se non è chi celi sotterra il seme, non sarà chi mieta." Gesù si "identifica" con quel piccolo seme che, posto sotto terra, fruttifica e dona la vita. È Lui il vero Germe che genera la "vita vera", quella eterna. Il Suo sacrificio non solo non è sterile, ma apre all'irruzione del Regno di Dio ed introduce nel Regno dell'Amore.
Ma il "messaggio" non sembra venir subito compreso dai suoi festanti e giovanissimi ascoltatori, poiché, come scrive il poeta, "Egli parlava di granai ne' Cieli" ma " voi, fanciulli, intorno lui correste con nelle teste brune aridi steli."
Gesù, nel suo insegnamento, "punta in alto". Il messaggio evangelico è esigente. La gratuità di un Amore che si dona fino al "sacrificio estremo", è una "lezione difficile" da apprendere, ed è oltremodo scomoda: sconvolge ogni logica e schema umano e chiama a giocarsi "in toto", senza "sconti" o "mezze misure": richiede la conversione del cuore.
Ma i fanciulli sono "innocenti" di tale fraintendimento: essi non comprendono il riferimento, in un certo senso "allegorico", usato da Gesù, non per una "cattiva disposizione" d'animo, ma (si può ipotizzare, anche se né il testo poetico né quello Evangelico, specificano l'età dei fanciulli che circondavano il Signore) solo a causa della limitatezza cognitiva, insita nella loro tenera età. Infatti, al di sotto degli otto/nove anni la mente umana è incapace di comprendere ed elaborare alcuni concetti linguistici quali, ad esempio, i significati reconditi celati dietro le eventuali figure retoriche presenti nei discorsi di Cristo, da Lui formulati attraverso l'uso di parabole.
Il Signore parla di semi, di chicchi di grano, di messi biondeggianti e di mietitura? Logico per essi pensare ai raccolti dei campi!
I bambini, dunque, Gli si assiepano attorno, senza cogliere l'autentico significato del discorso che Gesù sta facendo ma comprendendone benissimo la Grazia e l'Amore che da Lui promana. Ed "Egli", teneramente e dolcemente, ammirando il loro il candore evangelico che fa di essi i prediletti del Padre, "stringeva al seno quelle teste brune".
Questa "solare" presentazione dei fanciulli attorno a Gesù, può sembrare, ad prima superficiale lettura, la descrizione di un paesaggio bucolico, se nonché l'idilliaca scena viene presto interrotta dall'intervento di Pietro. "Cefa parlò: Se costì siedi, temo per I'inconsutile tua veste." Si fa avanti, sulla scena, il primo degli Apostoli ed emerge qui, quasi ironicamente, lo schematismo dei discepoli che si sentono sfuggire la situazione di mano, si sentono spiazzati da quella frotta di fanciulli vocianti e chiassosi, ne sono infastiditi poiché, a causa dell'imprevedibilità del comportamento infantile dei fanciulli, considerano "disdicevole" la situazione in cui il loro Maestro "si è cacciato". Arroccati nel loro "punto di vista", nel desiderio di "fare qualcosa", forse anche di "salvare la faccia" di fronte al trambusto generato dallo schiamazzare festante dei giovanetti, cercano di intervenire per riportare l'ordine e la serietà… e divengono così goffi e un po' buffi, tutti avvolti, come sono, nella loro seriosità.
Ben diversamente reagisce Cristo: "Egli abbracciava i suoi piccoli eredi". Gesù non si scompone di fronte all'agitarsi dei discepoli, Egli si dedica ai suoi piccoli amici, li accoglie, accetta il modo chiassoso e festante con cui Gli manifestano il loro affetto spontaneo. Così facendo insegna con l'esempio ai suoi discepoli a porre il Regno di Dio e la sua logica fondata sull'amore, al primo posto nella scala dei valori.
Ma gli apostoli, stando al testo pascoliano, non appaiono ancora persuasi e, dopo Simon Pietro, è la volta di Giuda che, avvicinatosi a Gesù, "il figlio - Giuda bisbigliò veloce - d'un ladro, o Rabbi, t'è costì tra i piedi: Barabba ha nome il padre suo, che in croce morirà.", come a dire: "Maestro, va bene tutto, ma sta lontano dalla gente malfamata … che ci rovina la reputazione!"
"Ma il Profeta, alzando gli occhi No, mormorò con l'ombra nella voce; e prese il bimbo sopra i suoi ginocchi." Gesù, ancora una volta, "spiazza" i discepoli: la logica di Dio non è quella dell'uomo e il "perbenismo" non trova posto nel Regno dei cieli.

Per accogliere la Buona Novella portata da Gesù e giungere alla conversione del cuore, non è, però, sufficiente il semplice sforzo umano: esso è vano se non è sorretto dalla Fede in Cristo e dalla Grazia. Se si conta solo sulle proprie forze, pretendendo di "farcela da sé", il fallimento è assicurato e si rischia di rimanere delusi. Emblematico, a tale proposito, ci appare un testo di Montale in cui il poeta, facendo chiaro riferimento all'incontro di Cristo con Zaccheo, incontro che a quest'ultimo cambiò la vita, scrive: "Si tratta di arrampicarsi sul sicomoro / per vedere il Signore se mai passi. / Ahimè, non sono un arrampicante e anche / stando in punta di piedi non l'ho visto".
Ben diverso l'atteggiamento riscontrabile in Ungaretti che, nella sua commovente poesia "la Madre", attraverso la madre (nella quale, sebbene il poeta abbia steso il testo ispirandosi alla propria madre, non è difficile ravvisare un'altra Madre, cioè la Vergine Santa che, stando presso il Trono dell'Altissimo, intercede per ciascuno dei suoi figli), spera di poter giungere anch'egli, salvato e perdonato, al Regno del Signore. Scrive, infatti il poeta: "E il cuore quando d'un ultimo battito / avrà fatto cadere il muro d'ombra, / per condurmi, Madre, fino al Signore,come una volta mi darai la mano / in ginocchio, decisa / sarai una statua / davanti all'Eterno/… / E solo quando mi avrà perdonato, / ti verrà desiderio di guardarmi. / Ricorderai d'avermi atteso tanto, / e avrai negli occhi un rapido sospiro".
Nel cammino di ascolto e sequela del Signore,la Chiesa, attraverso le parole del Papa, ci esorta ad affidarci a Maria, la Madre di Cristo e nostra, a lei che, "credendo sin dall'Annunciazione al messaggio divino e aderendo pienamente alla Persona del Figlio, ci insegna a metterci in fiducioso ascolto del Salvatore, per scoprire in lui la Parola divina che trasforma e rinnova la nostra vita".
Così trasformati e rinnovati diventeremo anche testimoni, viventi e credibili, della Sua Parola nelle situazioni e con le persone che quotidianamente incontriamo.
Come scrive il nostro Cardinale: "Maria, che è beata perché ha creduto, ci doni il suo amore materno e sia per tutti noi la stella dell'evangelizzazione, che illumina e guida il nostro cammino di testimoni del Signore risorto e vivo, in un mondo che, non poche volte, ignora Cristo e rifiuta il suo Vangelo, ma che ha dentro di sé un insopprimibile bisogno di Dio e della sua salvezza".

(Figura 1: Lucas Cranach, Sinite parvulos)

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