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Gesù Risorto

Autore:
Peraboni, sr. Maristella
Fonte:
CulturaCattolica.it ©
La Resurrezione, di Alessandro Manzoni



È risorto: or come a morte
la sua preda fu ritolta?
come ha vinte l'atre porte,
come è salvo un'altra volta
quei che giacque in forza altrui?
Io lo giuro per Colui
che da' morti il suscitò.
È risorto: il capo santo
più non posa nel sudario:
è risorto: dall'un canto
dell'avello solitario
sta il coperchio rovesciato:
come un forte inebbrïato
il Signor si risvegliò.
Come a mezzo del cammino,
riposato alla foresta,
si risente il pellegrino,
e si scote dalla testa
una foglia inaridita,
che dal ramo dipartita,
lenta lenta vi ristè:
tale il marmo inoperoso,
che premea l'arca scavata,
gittò via quel Vigoroso,
quando l'anima tornata
dalla squallida vallèa,
al Divino che tacea:
Sorgi, disse, io son con Te.
Che parola si diffuse
tra i sopiti d'Israele!
II Signor le porte ha schiuse!
il Signor, l'Emmanuele!
O sopiti in aspettando,
è finito il vostro bando:
Egli è desso, il Redentor
Pria di Lui nel regno eterno
che mortal sarebbe asceso?
A rapirvi al muto inferno,
vecchi padri, Egli è disceso:
il sospir del tempo antico,
il terror dell'inimico,
il promesso Vincitor.
Ai mirabili Veggenti,
che narrarono il futuro,
come il padre ai figli intenti
narra i casi che già furo,
si mostrò quel sommo Sole
che, parlando in lor parole,
alla terra Iddio giurò;
quando Aggeo, quando Isaia
mallevaro al mondo intero
che il Bramato un dì verrìa;
quando, assorto in suo pensiero,
lesse i giorni numerati,
e degli anni ancor non nati,
Danïel si ricordò.
Era l'alba: e molli il viso,
Maddalena e l'altre donne
fean lamento in sull'Ucciso:
ecco tutta di Sïonne
si commosse la pendice,
e la scolta insultatrice
di spavento tramortì.
Un estranio giovinetto
si posò sul monumento:
era folgore l'aspetto,
era neve il vestimento:
alla mesta che 'l richiese
diè risposta quel cortese:
E' risorto: non è qui.
Via co' pallii disadorni
lo squallor della vïola:
l'oro usato a splender torni:
sacerdote, in bianca stola,
esci ai grandi ministeri,
tra la luce de' doppieri,
il Risorto ad annunziar.
Dall'altar si mosse un grido:
Godi, o Donna alma del cielo;
godi: il Dio cui fosti nido,
a vestirsi il nostro velo,
è risorto, come il disse;
per noi prega: Egli prescrisse,
che sia legge il tuo pregar.
O fratelli, il santo rito
sol di gaudio oggi ragiona;
oggi è giorno di convito;
oggi esulta ogni persona:
non è madre che sia schiva
della spoglia più festiva
i suoi bamboli vestir.
Sia frugal del ricco il pasto;
ogni mensa abbia i suoi doni;
e il tesor negato al fasto
di superbe imbandigioni,
scorra amico all'umil tetto,
faccia il desco poveretto
più ridente oggi apparir.
Lunge il grido e la tempesta
de' tripudi inverecondi:
l'allegrezza non è questa
di che i giusti son giocondi;
ma pacata in suo contegno,
ma celeste, come segno
della gioia che verrà.
O beati! a lor più bello
spunta il sol de' giorni santi;
ma che fia di chi rubello
torse, ahi stolto! i passi erranti
nel sentier che a morte guida?
Nel Signor chi si confida
col Signor risorgerà.
(Alessandro Manzoni)


"È risorto"… "Nel Signor chi si confida col Signor risorgerà": tra queste due espressioni, poste quale inizio e quale termine di quest'Inno Sacro, è compreso tutto il Mistero della Redenzione, tutta la storia dell'amore di Dio per l'uomo.
"È risorto" esordisce il Manzoni. È un grido d'esultanza, un'esclamazione di giubilo, una certezza di fede. La sua, però, non è la voce solitaria del singolo credente che esprime la sua fede, ma dà vita a una lirica corale poiché è tutta la Chiesa che esulta e, in essa, è tutta la Storia Sacra che rivive, converge verso il suo culmine e viene riassunta in Cristo, Alfa e Omega d'ogni vicenda ed esistenza umana.
La fede, riscoperta e vissuta dall'autore, è quella del cristianesimo rivolto alle sue origini, vissuto nei suoi contenuti evangelici, libero da ogni compromesso e da ogni forma di mera esteriorità o sudditanza al potere politico. È nei Vangeli che Manzoni ritrova le ragioni del suo credere e vi scopre la visione di un proprio riscatto da compiere. La sua è una fede cosciente della presenza della Grazia che porta alla novità di vita, al rinnovamento e alla "consacrazione" della vita per amore di Cristo.
Questa tensione verso un cristianesimo evangelico, si rivela ampiamente nella stesura degli Inni Sacri (Manzoni ne progettò 12, ma ne scrisse solo 5). In essi, lo scrittore, affronta il tema della poesia cristiana in modo poeticamente nuovo, con stili compositivi e di struttura nuovi, con soluzioni inedite di lingua, di stile e di metrica.
Queste innovazioni stilistiche sono dovute al bisogno, presente nel Manzoni, di esprimere al vivo la fede in cui credeva e di cui viveva. Tutto ciò lo porta a sperimentare, nella stesura degli Inni, quelle strutture e forme metriche, innovative per la lirica del tempo, che meglio permettono di esprimere il rapporto esistente tra il soprannaturale e l'uomo, le corrispondenze tra il mondo fisico, la natura e l'anima.
L'opera, attraverso anche l'uso degli ottonari che sostituiscono i più classici endecasillabi, presenta così un linguaggio poetico sciolto e maggiormente aderente al sentimento e al senso popolare. Intento del poeta era, infatti, quello di rappresentare la fede e le feste dell'intero popolo cristiano.
Il Manzoni desidera rivolgersi all'animo di ogni credente, sia esso nobile o popolano, in nome di quella carità, fratellanza e uguaglianza universali che l'autore rileva essere così chiaramente espresse nei Vangeli.
Inoltre, diversamente, ad esempio, dalle rievocazioni dei Laudesi o dagli inni ciclici di Prudenzio, dopo l'innografia ecclesiastica medioevale e tutta la precedente lirica religiosa, nella poesia di Manzoni le vicende della storia umana sono inquadrate nell'ambito dell'A.T. e del N.T., presentate come graduale passaggio dalla "notte" e dalla sensazione di "perdita" all'avvento della Redenzione, attesa fin dall'antichità e portata da Cristo che, nascendo, subendo la passione, risorgendo e donando all'umanità il suo S. Spirito, illumina l'uomo donandogli una nuova vita.
Gli Inni Sacri segnano tutta la vicenda personale del Manzoni, rappresentandone anche una tappa fondamentale del suo percorso di maturazione umana e artistica. L'autore, nel momento stesso in cui giunge a un sempre maggiore consapevolezza del suo intimo, passa dalla "poesia dell'io" alla "poesia del noi" quale frutto di una profonda meditazione e riflessione sulle vicende umane.
Nelle liriche manzoniane prendono vita e vengono espressi tutti gli aspetti e i sentimenti della vita umana, contemplati, però, alla luce di una profonda riflessione di fede. La poesia, per l'autore, non esclude, infatti, né la ragione né la riflessione e, quasi a "giustificazione" di questo carattere "meditativo" delle sue opere, Manzoni stesso scriverà: "A chi dicesse che la poesia è fondata sull'immaginazione e sul sentimento e che la riflessione la raffredda, si può rispondere, che più si va addentro a scoprire il vero nel cuore dell'uomo, più si trova poesia vera".
È anche in conseguenza a questo aspetto introspettivo, presente nelle elaborazioni letterarie del Manzoni, che la sua poetica abbandona la mitologia classica, ampiamente usata nella letteratura precedente, e la sostituisce con il linguaggio biblico, sentito come rivelatore delle dinamiche interiori dell'uomo e veicolo di un ritmo vitale che tutto compendia.
Il testo Sacro presenta, nell'aurea a lui propria di una dimensione aperta al trascendente, una realtà storica che è tanto maggiormente complessa ed ambigua quanto più profondamente interessa e considera il mondo dell'interiorità umana.
La metafora stessa, nel linguaggio manzoniano, abbandona la funzione decorativa per assumere quella evocativa e gnoseologica poiché, come scrisse lo stesso Manzoni, "il traslato, rivelando un'analogia tra due oggetti, fa intravedere una legge sotto la quale cadono, un ordine al quale appartengono l'uno e l'altro".
Gli Inni Sacri, e La Risurrezione in particolare, ruotano tutt'attorno ai temi del risveglio, della luce e del soffio interiore e in essi si nota come tutta la poetica religiosa manzoniana sia permeata dalla spiritualità del poeta.
Momigliano, che considera la fede del Manzoni come centro della vita dello scrittore e fulcro della sua opera, a tale riguardo, scrive: "la fede equanime, senza passione, è la chiave miracolosa che ha aperto alla fantasia del Manzoni le porte del mondo e gliel'ha spiegato dinanzi in chiarità contemplativa che nessun altro poeta nostro ha conosciuto".
L'analisi del testo rivela, inoltre, come sia nell'accostamento dei termini, in cui le frasi si articolano, sia nel ritmo incalzante, che l'impiego dell'ottonario crea, si manifesta tutta la gioia stupita che il credente sperimenta di fronte ad un avvenimento mai accaduto nell'intera storia umana. Il Signore "è risorto" - esclama esultante la voce del poeta - "il capo santo più non posa nel sudario". Sono dunque infrante le porte della morte e la morte stessa, paragonata a un sopore dal quale ci si ridesta, si apre alla vita. Nell'espressione: "Come un forte inebriato il Signor si risvegliò" è, inoltre, evidente il riferimento al Salmo 77, 65 che, come evidenzia il Binni, "dà al sonno mortale di Cristo un senso di tranquillo riposo".
Bello, eloquente e pregno di spirituale significato il paragone operato dall'autore tra la pietra tombale dalla quale Cristo si libera con gesto quasi lieve e naturale, e una foglia secca presentata nella sua fragilità e leggerezza quasi impalpabili.: "Come a mezzo del cammino … si risente il pellegrino, e si scote dalla testa una foglia inaridita … tale il marmo inoperoso, … gittò via quel vigoroso". L'autore, qui, sembra quasi voler esprimere la forza soprannaturale del Mistero della Risurrezione che, seppur travolga e sconvolga elementi e circostanze, lo fa con soavità; in modo deciso e penetrante ma al contempo dolce e celeste.
Manzoni si sofferma, poi, specificatamente, sui personaggi dell'A.T.: "Ai mirabili Veggenti,…". Spiccano, tra coloro che aspettavano l'avvento del Risorto, i Profeti. Essi sono quelli che, nella certezza della fede, ne parlarono e lo annunciarono e, per questo, risplendono di maggiore splendore provandone anche maggior gaudio interiore.
Dopo la prima metà dell'inno, dove è rievocata la Storia della Salvezza, dove felicemente ridondano i riferimenti alla Sacra Scrittura, dove l'attesa delle genti diviene esultanza e giubilo per il risorto redentore e per la Salvezza giunta all'umanità, Manzoni guarda, infine, all'"oggi". "È risorto": è questo il termine dominante della Liturgia pasquale. Fondamentale, in quest'Inno Sacro, sono, infatti, la dimensione e la tonalità liturgica che il poeta ribadisce anche con il frequente riferimento ai Testi biblici.
Prima, però, di passare all'analisi della dimensione liturgica, che rende perennemente attuale il Mistero, il poeta annota ancora: "Un estranio giovinetto si posò sul monumento… alla mesta che 'l richiese diè risposta quel cortese: È risorto: non è qui". In questi versi che, con un esplicito riferimento al racconto di Matteo, rievocano l'evento storico, il testo presenta forse la sua maggior intensità poetica.
L'angelo, attraverso l'impiego del diminutivo e del termine arcaico estranio, è presentato nel suo sovrumano candore. "Estranio", è da notarsi, può significare sia "straniero" sia "strano", "mirabile", cioè "diverso" e non appartenente alla sfera dell'umano. Non viene qui sottolineata la forza con la quale egli ha fatto rotolare la pietra sepolcrale, ma la leggiadria con la quale si posa sul sepolcro in un gesto quasi etereo. Le descrizioni delle impressioni luminose che l'aspetto dell'angelo suscita ("era folgore l'aspetto, era neve il vestimento) completano il quadro di una visione estatica e miracolosa.
Nella seconda parte dell'inno lo sguardo del poeta si rivolge, dunque, alla Liturgia che rende presente e perenne il grande Mistero della Redenzione, ma si posa anche sulla quotidianità della vita, sui gesti d'ogni giorno che, rivestiti della gioia della Risurrezione del Signore, rivestono anch'essi carattere di sacralità e lode a Dio.
Come ben evidenzia il Russo, la fede espressa nella poesia del Manzoni è "quella del dogma spogliato del suo contenuto dottrinale e vissuta nel mistero di tutti i giorni e di tutte le ore".
S'ode, qui, quasi l'eco delle parole di S. Paolo ai Colossesi: "E tutto quello che fate in parole ed opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre."
Si giunge infine all'ultima strofa:"Nel Signor chi si confida col Signor risorgerà". Termina così la lirica ed il cuore di ogni credente si apre alla gioiosa certezza della fede nella personale risurrezione in Cristo. Ogni uomo, fosse anche un incallito peccatore o un irriducibile incredulo, è invitato ad aprire il cuore alla fiducia nella Misericordiosa bontà divina.
Questo è ciò che ha compreso, vissuto ed espresso il Manzoni nella sua produzione letteraria seguente alla conversione. Questo è il messaggio che quest'Inno Sacro ci lascia e ci insegna.

(Figura 1: Pier della Francesca, Risurrezione)

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