La Trasfigurazione
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Secondo la [divina] economia,
hai accolto nel tuo grembo
la luce ineffabile della divinità,
Maria, madre e vergine:
con benedizioni ti magnifichiamo.
Alla particolare luce [della trasfigurazione]
i cori degli apostoli si sono spaventati;
tu invece hai portato in te
l'intero fuoco della divinità,
Maria, madre e vergine:
con benedizioni ti magnifichiamo.
Una nube luminosa adombrò gli apostoli;
in modo più eccellente, santa Madre di Dio,
lo Spirito santo e la potenza dell'Altissimo
adombrò te:
con benedizioni noi ti magnifichiamo.
Rallegrati corona delle vergini,
Madre del Signore;
oggi tuo figlio rifulse della gloria del Padre:
a lui raccomanda sempre le nostre anime.
Mosè ed Elia lo attendono;
nel suo nome esultano il Tabor e l'Ermon:
a lui raccomanda sempre le nostre anime.
Isaia ti vide come nube leggera,
e il Padre dalla nube riconobbe suo, il figlio tuo:
a lui raccomanda sempre le nostre anime.
(Inno per la festa della Trasfigurazione)
Mosè di Corene, in questo inno, da lui composto per la Festa della Trasfigurazione del Signore, guarda alla Vergine Madre e ce la presenta come il "mistico luogo" della Trasfigurazione" di Gesù, come "altro Tabor", come sede purissima di Colui che è "la luce vera, quella che illumina ogni uomo" (Gv 1,9).
In Maria, infatti, sembra volerci ricordare l'autore, "il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità" (Gv 1, 14).
Riconosciamo, dunque, con Epifanio di Salamina, che "veramente grande davanti a Dio e davanti agli uomini fu la Vergine Maria". Infatti, aggiunge quest'autore, "come potremmo dire che non è grande colei che ha contenuto dentro di sé l'incontenibile che cielo e terra non possono contenere? Egli, essendo incontenibile, non per necessità ma di propria scelta e volontà, volle essere contenuto. Perciò grande e nuovo è quel libro; grande a causa del prodigio, nuovo perché vergine".
Sebbene nessuno osi dubitare dell'eccelsa dignità della Madonna, qualcuno potrebbe, però, forse stupirsi del "contesto", in cui questa lode alla Madre di Dio viene espressa, del fatto, cioè, che in quest'inno, composto per celebrare la Trasfigurazione del Signore, venga posta, quale "fulcro"di tutta la composizione, Maria.
Il constatare che la Madre viene qui esaltata e lodata, per così dire, "al posto" del Figlio, potrebbe far sorgere, in alcuni, il dubbio sull'opportunità di tale scelta compiuta dall'autore.
A toglierci dall'imbarazzo e ad eliminare ogni perplessità, riguardo alla pertinenza della lode a Maria rivolta in una festa cristologia, qual è quella della Trasfigurazione, interviene, però, Goffredo di Vendome, il quale ci rassicura dicendoci che "non dobbiamo avere esitazioni nel rendere lode a questa vergine, poiché chi loda la madre rende onore al figlio e, senza renderle lode, è impossibile piacere a Dio, mentre lodandola nessuno può dispiacergli. Lodiamo dunque questa santissima e mirabile vergine, perché non possiamo piacere al figlio della Vergine senza lodare la madre vergine. Amiamola come carissima Madre del Signore… Questa è la dolcissima madre e vergine Maria, che ha partorito la morte della morte, la vita dell'uomo, la confusione del diavolo, il perdono dei peccati, la beatitudine di tutti i giusti… La Vergine è colei cui rendono servizio gli angeli, che servono gli arcangeli; tutta la milizia dell'esercito celeste loda e venera questa Vergine. Lei soltanto, dopo Dio, ha ottenuto il dominio su ogni creatura.
Passiamo, ora, ad analizzare le varie espressioni che compongono il testo.
L'autore, dopo aver lodato Maria come colei che "secondo la divina economia" ha accolto nel suo grembo "la luce ineffabile della divinità", pone in risalto la grandezza della Madre di Dio, evidenziando come, mentre dinanzi "alla particolare luce della trasfigurazione i cori degli apostoli si sono spaventati" la Vergine santa ha soavemente portato in sé "l'intero fuoco della divinità", e perciò, rivolgendosi a Lei, in quest'inno di lode, le dice commosso: "Maria, madre e vergine: con benedizioni ti magnifichiamo".
Mosé di Corene passa poi al vaglio gli avvenimenti prodigiosi dell'evento specifico della Trasfigurazione ed invita Maria a gioirne: "Rallegrati corona delle vergini - le dice - poiché "oggi tuo figlio rifulse della gloria del Padre… Mosè ed Elia lo attendono; nel suo nome esultano il Tabor e l'Ermon."
Maria non fu "testimone oculare" della manifestazione della gloria del Figlio sul Tabor, come lo furono gli Apostoli prescelti.
Ella non era fisicamente presente come lo fu invece Pietro il quale, nella sua seconda Lettera, porterà la testimonianza di quest'esperienza di Luce, da lui vissuta, come "garanzia" della veridicità e fondatezza della sua predicazione, scrivendo: "Infatti, non per essere andati dietro a favole artificiosamente inventate vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua grandezza. Egli ricevette infatti onore e gloria da Dio Padre quando dalla maestosa gloria gli fu rivolta questa voce: "Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto". Questa voce noi l'abbiamo udita scendere dal cielo mentre eravamo con lui sul santo monte" (2 Pt. 1, 16-18).
Nonostante questo, però, Maria, essendo stata "testimone privilegiata" della vita del Figlio, fin dal momento iniziale della di Lui incarnazione nel suo seno castissimo, può giustamente essere vista e considerata quale "testimone" per antonomasia della gloria del Figlio di Dio, essendo stata, lei stessa, "l'Arca Santa" che Lo ha generato e portato in grembo e "l'Ostensorio vivente" che Lo ha presentato e offerto al mondo.
Maria è, inoltre, presente "in figura" in molti brani dell'Antico Testamento, come i frequenti riferimenti scritturistici, che facilmente si possono riscontrare nel testo prescelto, testimoniano.
Anche la Liturgia Siro-Occidentale ci ricorda che "nella Legge e nella profezia è dipinta la figura di (Maria). Mosè il principe dei profeti (ha rappresentato) la Madre benedetta con le Tavole della Legge e l'urna della Manna, con il bastone di Aronne che fiorì nel Santo dei Santi; ed (è rappresentata) con la rugiada e il vello di Gedeone, con la pentola nuova di Eliseo e con le nubi leggere che vide Isaia."
A ragione, perciò, Mosè di Corene onora la Madre, associandola alla glorificazione del Figlio. Egli chiude le prime tre strofe dell'inno da lui composto, dicendo alla Vergine: "con benedizioni ti magnifichiamo" e, nelle tre strofe conclusive, celebrandola quale "Madre del Signore", soggiunge "a Lui raccomanda sempre le nostre anime".
Maria è, dunque, prefigurata, evidenzia l'autore, come Colei che "Isaia vide come nube leggera", anticipatrice dell'era messianica, poiché, dice Nicola Cabasilas, "La Vergine ha creato un cielo nuovo e una terra nuova, o piuttosto è lei stessa il cielo nuovo e la terra nuova… Secondo la Parola il cielo non poté sopportare il raggio divino, quando questo lo attraversò, (Eb. 4,14) subito fu squarciato. Non appena lo Spirito discese su Colui che gli era pari in onore, Giovanni vide i cieli squarciati. (Mc.1,14) Ma quando lo Spirito discese sulla Beata, essa godette di quella pace ancor più grande della quale Paolo dice che sorpassa ogni intelligenza e della realtà in lei sussistente del Salvatore stesso, che non conosce confine. … Ciò che il profeta chiama cielo e attribuisce soltanto a Dio - il cielo del cielo appartiene al Signore (Sal 115, 16) - è la beata Vergine".
"E il Padre - prosegue Mosé di Corene, rivolgendosi a Maria - dalla nube riconobbe suo, il figlio tuo". "Dunque - commenta Gregorio Palamas - la Vergine Madre, essa sola, è la linea di confine tra la natura creata e increata, e quanti conoscono Dio, lei conosceranno come il luogo che da nessun luogo è contenuto, e a lei, dopo che a Dio, eleveranno inni coloro che con inni celebrano Dio".
Conscio di ciò, il nostro autore si affida all'intercessione della Madre di Dio e la implora: "a lui raccomanda sempre le nostre anime".
Terminiamo questa breve riflessione, porgendo all'augusta Madre del Signore, la lode a lei tributata dalla Liturgia Bizantina che così si esprime: "È veramente cosa degna benedirti, Madre di Dio, sempre beata e immacolata, Madre del nostro Dio. Più degna di onore dei cherubini e incomparabilmente più gloriosa dei Serafini, (tu) che senza subire corruzione, hai generato il Verbo di Dio, sei veramente la Madre di Dio. Noi ti magnifichiamo".