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Quattro pezzi facili sul Papa 4 - Freud papa-eremita, o Freud il confessore

Fonte:
CulturaCattolica.it

Non faccio mai lo spiritoso, documento ciò che dico.

Quando scriveva Per la storia del movimento psicoanalitico (1914) Freud aveva già sperimentato l’inconsistenza (concetto logico) dei suoi sedicenti seguaci, e l’avrebbe sperimentata di nuovo con flagranza anni dopo (1926-27, a proposito dell’analisi dei laici):
si è dunque risolto a fare il papa (documenterò questa parola), e papa-eremita (ho già detto e ridetto che “eremita” non significa solitudine).

Faccio precedere il linguaggio di Freud-papa nel primo paragrafo del suddetto Per la storia:

“Nessuno dovrà stupirsi del carattere soggettivo e della parte che alla mia persona è assegnata nei contributi che mi accingo a fornire sulla storia del movimento psicoanalitico. La psicoanalisi è infatti una mia creazione; per dieci anni sono stato l’unica persona che se n’è occupata, e tutto il disappunto che questo nuovo fenomeno ha suscitato nei contemporanei si è riversato sotto forma di critica sul mio capo. Mi ritengo dunque autorizzato a sostenere che ancor oggi, pur non essendo da tempo l’unico psicoanalista, nessuno meglio di me può sapere che cos’è la psicoanalisi [sott. mia], in che cosa essa si differenzi da altri modi di indagare la vita psichica, e che cosa con il suo nome si debba intendere rispetto a quello che sarebbe meglio indicare con una diversa denominazione. Rifiutando fermamente quello che a me sembra un atto di illecita usurpazione […]”.

L’usurpazione (della parola “psicoanalisi”) continua oggi con aggravamento di modo e misura.

Freud dichiara:
io ho facoltà di asserire universalmente (urbi et orbi) e senza errore ciò che ho fatto.

Osservo che si tratta anche della facoltà della guarigione psicoanalitica (il paziente guarisce per univocazione del senso della sua patologia).

Per almeno alcuni secoli dell’era cristiana questo asserire è stato il significato del verbo “confessare”:
interessante al riguardo è il personaggio di Massimo il Confessore (579/580-662) nella disputa, oggi incomprensibile ma freudianamente interessantissima, sul “monotelismo” o “monoenergetismo” (io sono un ditelista dichiarato).

Dopo avere pubblicato nel 1926 La questione dell’analisi dei laici Freud, con un residuo atto di fiducia nei seguaci, ha lanciato nel 1927 su ampia scala il dibattito sull’argomento:
dovette constatare che nessuno ci aveva capito nulla (una problematica del tutto diversa da quella del tradimento).

Freud ha poi proseguito come papa eremita, ossia senza un drammatico-isterico dare le dimissioni dal movimento cui aveva dato inizio.

Mi piace constatare che non c’è un solo papa, ciò mi permette di apprezzare e sostenere criticamente (= giudizio) quello di Roma, anche se questo non sa più a che Santi votarsi, peggio che in gravissime crisi del passato.

E’ tragicomico che nessun Papa abbia saputo riconoscere in Freud un amico, un collega.

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