IL MARCIAPIEDAIO E IL NICHILISMO
Occorre dire con chiarezza che gli elementi di tale cultura/civiltà, quando vengono assunti dal pensiero diffuso dominante, acquisiscono un nuovo significato, che si allontana dall’originario, deformandolo.La metafisica classica, come alta meditazione sull’essere della realtà, assume le caratteristiche negative di un atteggiamento alienante fondato sulla negazione di tutto ciò che trascende l’esperienza immediata e sull’affermazione dell’impossibilità di conoscere ciò che non è presente; la scienza, nel suo più autentico valore di sapere pratico che aiuta l’uomo a diventare custode del reale, diventa l’unica conoscenza del reale valida e, con la tecnica, l’unico strumento di trasformazione della società e della stessa umanità; il diritto, come insieme del norme che attraverso la ragione regolano i comportamenti individuali e sociali, diventa una ideologia che le classi dominanti impongono a tutti per meglio esercitare il loro potere; la storia, come consapevolezza del cambiamento e del divenire, si trasforma in un orizzonte non trascendibile che riduce a nulla l’universalità dei valori; la democrazia, come partecipazione di tutti all’esercizio del potere, diventa un insieme di regole convenzionali usate strumentalmente da chi ci governa; l’etica come riflessione sull’agire umano capace di cogliere il bene diventa pura affermazione di soggettivismo e di relativismo e infine la bellezza da modo con cui possiamo cogliere con l’intuizione lo splendore e l’armonia dell’essere e la sua verità diventa semplice strumento di evasione e di ricerca del piacere momentaneo.
Parliamo infatti spesso di nichilismo ad indicare ogni posizione critica nei confronti dei valori della tradizione occidentale, ma quella che è avvenuta nella mentalità dominante è una vera e propria rifondazione per la quale questa parola indica ormai quel PROCESSO IRREVERSIBILE per cui la stessa civiltà occidentale greco-giudaico-cristiana, negando se stessa e i presupposti (metafisici) sui quali è fondata, si muoverebbe verso un NUOVO UMANESIMO (OLTRE UOMO) fondato sulla autodeterminazione e reso possibile dalla “MORTE DI DIO”, e dalla negazione di METAFISICA, SCIENZA, TECNICA, DIRITTO, STORIA, DEMOCRAZIA E ETICA.
Facciamo allora un po’ di chiarezza sul termine “nichilismo” come caratteristica principale della cultura occidentale oggi, cioè come orizzonte entro cui si concepiscono (vanificandoli) tutti i cosiddetti valori, che ispirano le scelte e i comportamenti della gran parte delle persone.
Dire che la cultura occidentale è in crisi per il suo esito nichilistico, infatti, non è un’affermazione da poco.
Se fosse vera o comunque fondata, ogni soluzione che si prospetta per uscire dalla crisi non potrebbe non fare i conti con la questione dell'essere e del nulla, del tempo, del divenire, della storia e del suo fine.
Assistiamo invece ad uno spettacolo abbastanza paradossale: chiunque oggi assuma un ruolo di riflessione, soprattutto nei mezzi di comunicazione di massa, a partire dal suo punto di vista si professa un “non nichilista” e ritiene di poter proporre i suoi principi e i suoi valori come se fossero al riparo dalla critica nichilista stessa, quando invece è proprio il nichilismo che sostiene (apparentemente con successo) la necessità di superare e criticare tutto ciò che la tradizione occidentale ha elaborato.
Del resto se restiamo a un livello fenomenologico (cioè descrittivo del senso comune) noi possiamo vedere con una certa chiarezza una realtà ambivalente.
Da una parte c'è una esaltazione delle grandi ideologie e culture delle quali l'occidente è costituito (socialismo, liberalismo, marxismo, psicanalisi, cristianesimo), pur essendo esse in condizione di crisi ed essendo ormai incapaci di fornire le ragioni della propria visione del mondo, e dall’altra c’è il pensiero diffuso dominante che diffonde una cultura impregnata di nichilismo.
L'appartenenza a tali culture, pur essendo avvertita come profondamente insoddisfacente perché incapace di opporre ragioni alla critica nichilista, non è per niente abbandonata in modo consapevole, ma costituisce la riserva di valori e d'idee dalle quali ci si muove e si converge da tutte le famiglie ideologiche verso un qualcosa di eclettico (chiamiamolo pensiero diffuso dominante) nel quale far coesistere i vecchi valori (non più fondati criticamente) e quelli “nuovi” che delineano in termini più precisi il pensiero diffuso cioè il nuovo orizzonte.
Tale orizzonte è così caratterizzato:
a) relativismo nella ricerca/conoscenza della verità: tutte le posizioni sono vere ma nessuna può affermare la verità assoluta come ciò cui il pensiero può e deve arrivare;
b) edonismo nella vita morale legato solo al proprio contesto di vita senza pretesa di universalità, (ogni modo di vita è giustificato e giustificabile) con conseguente demonizzazione di ogni valutazione negativa degli stili di vita e di ogni differimento di piacere nel tempo con la conseguente esaltazione del piacere e del consumo immediato delle merci che l'apparato pubblicitario propone attraverso un unanimismo scambiato per "consenso democratico";
c) dialogo (“democratico”) a partire da un confronto pilotato e superficiale tra opinioni, cui non è permesso di approfondire le proprie ragioni e, in ultima analisi estranee le une alle altre, e infine
d) una fede assoluta e indiscutibile nella potenza della scienza e della tecnica come unico strumento per risolvere i problemi dell’uomo moderno, che - nel migliore dei casi - relega la religione nell'ambito di un privato (coscienza individuale) che, per definizione, non può costruire il dibattito pubblico.
Tutto questo evidentemente risulta essere Il modo migliore per svuotare dall'interno le possibili critiche che sono contenute nell’assunzione consapevole di un anti-nichilismo: sollevare una totale confusione sul suo contenuto, assegnando ad esso una pluralità di significati anche tra loro contraddittori che lo rendono vuoto e inefficace dal punto di vista della critica che ne deriva.
LO SMASCHERAMENTO
- Essere nichilisti significa solo dire che non ci sono più valori in cui credere (tranne i propri naturalmente)?- Oppure solo opporsi a tutto ciò che la tradizione ci presenta come vero (metafisica, etica, religioni)?
- Oppure solo mettere in crisi tutto ciò che si presenta attraverso l'autorità di qualcosa che non sia la scienza e la tecnologia?
- Oppure affermare che non c'è affatto uno sviluppo storico (progresso) e che il tempo non è altro che la scena in cui si recita con alterne vicende il puro scontro di opposte volontà di dominio?
- Oppure andare contro ogni religione rivelata per abbracciare l'orizzonte della storia e del divenire come ambito esaustivo dell'esperienza e della saggezza umana?
- Oppure affermare una libertà dell’individuo da qualunque vincolo (famiglia, comunità, stato, organismi internazionali) come ideale unico?
È INTUITIVO CHE TUTTE LE RIPORTATE AFFERMAZIONI SONO PARTE DELLA RISPOSTA, MA NON LA ESAURISCONO. IL NICHILISMO È TUTTO CIÒ, MA È - IN PROFONDITÀ - QUALCOSA DI ALTRO.
Se cerchiamo di muoverci alla ricerca delle ragioni ci rendiamo conto del deficit di filosofia che ci caratterizza come cittadini italiani: in tale ricerca, infatti, non ci confrontiamo per nulla con il percorso che la filosofia occidentale ha compiuto. E così parliamo di nichilismo genericamente ad indicare ogni posizione critica nei confronti dei valori di una tradizione occidentale non assunta criticamente.
Come ci descrive bene il prof. Volpe, nella voce “nichilismo” della Treccani, questo era il significato che il termine aveva tra la fine del ‘700 e l'inizio dell’800, ma poi subì con Nietzsche e con Heidegger una vera e propria rifondazione per la quale è passato ad indicare quel PROCESSO IRREVERSIBILE per cui la stessa civiltà greco-giudaico-cristiana, negando se stessa e i presupposti metafisici sui quali è fondata, si muove verso un NUOVO UMANESIMO (oltre uomo) fondato sulla sua autodeterminazione resa possibile dalla “MORTE DI DIO”, e costruito sulla negazione di metafisica, scienza, tecnica, diritto, storia, democrazia e etica.
In altri termini il nichilismo richiede teoreticamente la negazione di tutti quei valori (gli universali indicati dal prof. E. Severino) che stanno alla base della cultura occidentale: non solo il Dio metafisico cui è legato il Cristianesimo, ma anche il progresso della storia, la scienza e la tecnica, la difesa dei diritti dell’uomo, la giustizia e la libertà intese come realizzazione di tali diritti, lo stato liberale, la democrazia.
Il dramma non ancora avvertito a livello di massa è proprio questo: non si può essere in quella cultura eclettica di cui abbiamo parlato e che abbiamo definito come pensiero diffuso dominante, perché le due parti delle quali è costituita sono filosoficamente incompatibili: non si può essere nichilisti e cristiani, socialisti, sostenitori della democrazia liberale fondata sullo stato di diritto, sostenitori della scienza e della tecnica, sostenitori della pace nel mondo e della non violenza, appartenenti ad una cultura religiosa, senza entrare irrimediabilmente in contraddizione con se stessi.
Ciò che la civiltà occidentale ha costruito di eccellente non trova nella cultura diffusa e dominante la possibilità di essere fondato razionalmente e perciò trasmesso come un patrimonio vivo alle giovani generazioni.
La forma con cui si presenta il nichilismo oggi infatti ha questa specificità: se la verità (a tutti i livelli, anche a quello delle scelte di comportamento) non c’è o non è raggiungibile dall’uomo, ne deriva che è giusto il rifiuto radicale di ogni differimento del piacere individuale in vista del raggiungimento di obiettivi “veri” (o comunque più veri del piacere momentaneo) posti nel futuro, giudicati utili alla società di cui si fa parte e per i quali è doveroso e possibile fare dei sacrifici e acquisire competenze che non hanno solo nel presente il loro orizzonte.
La saggezza del padre che aiuta il figlio, chiedendogli di anteporre la scuola o la preparazione al lavoro alle sue esigenze di svago immediato non è più sostenibile, quando tutto l’ambiente sociale, con un dispiego di testimonianze veramente imponenti, dice in modo frastornante e continuo che non c’è alcun valore riconosciuto come fondato se non quel soddisfacimento immediato dei bisogni spesso indotti dal mercato che si avvale di un apparato pubblicitario mai prima d’ora messo in campo.
E’ soprattutto dunque a livello educativo che tale situazione appare gravissima.
Se infatti il nuovo umanesimo (tecnologico/consumista/narcisista) è costruito sulla negazione di tutta la tradizione occidentale, sullo smantellamento totale di quanto l’uomo europeo occidentale ha realizzato: metafisica, scienza, tecnica, etica, diritti dell’uomo, stato di diritto, democrazia, progresso storico, bellezza artistica allora ogni impresa educativa diventa impossibile.
La scuola, infatti, il luogo tradizionalmente deputato alla trasmissione della cultura e del sapere, non può più svolgere il suo compito sia perché non è in grado di contrastare l’invasione capillare dei mass media e della rete, sia perché ha rinunciato teoreticamente ad occuparsi del “caso serio”, a dare cioè un fondamento a quei valori che il nichilismo ha dal suo punto di vista ormai superato. Nel migliore dei casi si limita a trasmettere i fondamenti di una cultura che proviene dagli ultimi tre secoli (a partire dall’illuminismo), ignorando il fatto che è proprio un certo esito di tale cultura (quello dominante e indiscusso) a proporre il suo necessario abbattimento.
IL NUOVO TOTALITARISMO. Dogmi e ripetitori (la claque).
Ma facciamo il secondo passo. Abbiamo stabilito nel capitolo precedente una contraddizione tra coloro che, essendo stati educati nelle principali famiglie culturali europee, aderiscono a quel nuovo orizzonte che possiamo chiamare TECNOLOGICO/CONSUMISTA/NARCISISTA, oggi molto diffuso (pensiero diffuso dominante o unico).Ma tale contraddizione, che può apparire evidente ad uno sguardo concettuale, non lo è dal punto di vista esistenziale.
La contraddizione, infatti, non è affatto avvertita come obiezione rilevante: il clima antifilosofico dominante parte infatti proprio dal rifiuto della dialettica classica fondata sul principio di non contraddizione.
La contraddizione infatti - secondo il nichilismo/Nietzsche - si genera a livello di quello spirito apollineo (logos geometrico) iniziato in Grecia da Socrate e dalla grande tradizione metafisica proprio per soffocare e incanalare in modo inautentico quello spirito dionisiaco da cui viene il vero amore per la vita e per la terra.
Molto significativa da questo punto di vista è la risposta data sul "Corriere della Sera" del 21/9/2012 da Gianni Vattimo a Emanuele Severino, che gli faceva presente l'impossibilità di sostenere il relativismo a livello teoretico: “è vero - risponde Vattimo - c'è una contraddizione, ma che importa? Forse che il comportamento di qualcuno è mai cambiato per aver rilevato in sé una contraddizione importante?”.
Molto significativo anche a tale proposito il dibattito a "La Clessidra" sempre tra Gianni Vattimo e Emanuele Severino
La conferma che l’atteggiamento di Gianni Vattimo si è radicato nel senso comune e nell’opinione pubblica può venire da una semplice indagine empirica che ognuno può fare.
Se infatti chiediamo direttamente ai nostri amici e colleghi di lavoro se ritengono che ci sia contraddizione tra le grandi culture sopra indicate e il nuovo orizzonte del pensiero diffuso dominante, ci troveremo nella situazione di incontrare un netto no e una serie di risposte che si pongono come sintesi eclettica di valori che non intaccano minimamente, da un punto di vista soggettivo e di convinzione, l’appartenenza alla cultura tecnologico/consumista/narcisista.
Tutti ci sentiamo di appartenere a questa civiltà europea “di eccellenza” che risulta essere descritta da quel quadro di valori che il nichilismo nega e fa negare. Ci troviamo cioè - per mancanza di filosofia - nella situazione di aver di fronte persone che aderiscono intellettualmente a tutte le formulazioni date senza avvedersi, come già detto, neppure lontanamente dell'impossibilità di una loro fondazione teoretica cioè razionale e accettando, di fatto, una lettura degli avvenimenti che hanno segnato la storia degli ultimi tre secoli, che li porta ad aderire in modo acritico al nuovo orizzonte stesso.
La debolezza e la "forza" del pensiero diffuso dominante.
Esiste dunque un pensiero diffuso e dominante (come orizzonte nichilistico che sta alla base della cultura tecnologico/consumistica/narcisistica) che non si pone come teoria consapevole e riflessa, ma come insieme di affermazioni dogmatiche e di principi teoretici e pratici, che vengono comunicati come assolutamente veri e perciò indiscutibili, come una vera e propria fede.
Chi non li condivide non è solo sostenitore di una tesi diversa, ma pericoloso portatore di una malattia che deve essere isolata (lebbra) ed emarginata prima che si diffonda nel corpo “sano” della società.
Quali sono allora i dogmi del pensiero diffuso dominante?
Sono dogmi/postulati (dieci come i comandamenti) nel senso che costituiscono principi non criticabili e non criticati del dibattito pubblico intorno ai vari ambiti della vita sociale (conoscenza, scienza, tecnologia, religione, morale, concezione dell'uomo, stato e istituzioni).
E' necessario dire che la loro forma di postulati è imposta soprattutto dall'opinione pubblica, ma nella storia della filosofia e della cultura essi sono stati oggetto di ricerca, dibattito, accurate argomentazioni.
Tale fatto, che cioè alcune affermazioni presenti nel dibattito filosofico passino a postulati guida dell'opinione pubblica e del senso comune, ci porta ad affermare che il dibattito tra diverse idee e concezioni per il loro affermarsi nel paese non è affidato solo al loro valore teoretico ma anche al loro essere funzionali a forze sociali ed economiche prevalenti nella società (gruppi di interesse economico e gruppi di potere).
Detto in termini più semplici possiamo dire che è venuto meno il ruolo degli intellettuali e del pensiero critico, che preferiscono blandire il potente di turno piuttosto che esercitare il loro dovere di critica razionale dei principi che stanno alla base dei comportamenti diffusi.
A) Settore "conoscenza/scienza/tecnologia"
1) Non esiste alcuna verità universale, definitiva e stabile nel tempo. Un'affermazione può essere vera solo in riferimento ad un contesto storico e sociale ben delineato o ad un certo problema che si vuol affrontare.
2) La Scienza e la Tecnologia sono gli unici strumenti per la risoluzione dei problemi in quanto si muovono nella dimensione pratica e misurabile. Ciò che decide della verità o della falsità di qualcosa è la Scienza. Tutto ciò che è definito da un'autorità diversa dalla scienza e dal suo metodo è falso e da rifiutare o da considerare come un'opinione soggettiva senza alcuna pretesa di verità.
3) Le domande tradizionali della metafisica e della tradizione: "chi siamo", "da dove veniamo" e "dove andiamo" sono mal poste e devono essere sostituite dalla domanda sul che fare di fronte ai problemi.
B) Settore "religione"
4) Ogni religione/fede è scelta individuale che si professa nel privato e, in quanto non è una forma di conoscenza, non può essere introdotta/utilizzata nel dibattito pubblico.
5) Non sappiamo (con la scienza) se Dio esiste, ma se esistesse (come sostiene la religione) sarebbe onnipotente e di conseguenza sarebbe incompatibile con il dolore, la sofferenza dell'innocente e la morte.
C) Settore "antropologia ed etica".
6) L'uomo è individuo libero poiché nega/rifiuta qualunque vincolo capace di condizionarlo e si appropria di tutto ciò che vuole senza ledere l’ugual diritto degli altri (individualismo possessivo)
7) L'unico strumento di guida dell'esperienza umana è quello chiamato "per tentativo ed errore” (trial and error): ogni ipotesi che sia proposta da autorità e dalla tradizione deve essere accantonata se non è sottoponibile a esso.
8) L'importante è solo “essere se stessi” (senza riferimento ad alcuna natura umana oggettiva o ad alcuna condizione biologica maschile o femminile); ognuno deve realizzare il suo sogno/progetto al quale solo affida la sua speranza di felicità. (Soggettivismo e narcisismo)
D) Settore "politica e società"
9) Chi afferma la possibilità di cogliere con la ragione una verità universalmente valida non può rispettare la democrazia; in essa è la maggioranza che decide ciò che è giusto o ingiusto.
10) Le istituzioni pubbliche e le leggi (università, scuola, magistratura, parlamento) non sono fondate sulla verità (del diritto naturale) ma solo su convenzioni sottoscritte per la buona convivenza e valide solo per alcuni anni.
Questi i dogmi/postulati del pensiero diffuso dominante.
Ma se essi – come abbiamo visto - vengono proposti all’interno di una vera e propria fede, la loro confutazione non può avvenire soltanto contrapponendo loro una fede opposta, ma solo all’interno dell’incontro con persone che - oggi e nel passato - vivono e testimoniano la possibilità di una realtà diversa più vera ed autentica.
Quali competenze sono necessarie per contestare la validità di tali dogmi? Filosofia (dotata di metafisica), storia, economia, scienze sociali, diritto, epistemologia, fisica, chimica, biologia, teologia, storia della Chiesa e dei santi, psicologia e pedagogia, ma soprattutto la vita e le opere di quelle persone che hanno costruito e testimoniato con la loro esperienza nel passato quegli elementi di civiltà di cui tutti usufruiamo e viviamo.
DUE ESEMPI SIGNIFICATIVI: WOYTILA E GRAMSCI
I dogmi/postulati che ho indicato sopra possono essere contestati con l’Almanacco prendendo in considerazione la figura e la testimonianza di san Giovanni Paolo II il 2 aprile giorno della sua scomparsa.
C6) L'uomo è individuo libero poiché nega/rifiuta qualunque vincolo capace di condizionarlo e si appropria di tutto ciò che vuole. (individualismo possessivo)
C8) L'importante è essere sé stessi (come ci si sente soggettivamente senza riferimento ad alcuna natura umana oggettiva o ad alcuna condizione biologica maschile o femminile); ognuno deve solo realizzare il suo sogno/progetto al quale affidare la sua speranza di felicità. (Soggettivismo e narcisismo)
Proprio contro questa nuova concezione dell'uomo gioca la testimonianza di Karol Woytila-San Giovanni Paolo II che si spegne il 2 aprile del 2005 a Roma ed è già ricordato come il più grande Pontefice della Chiesa in età moderna. Il significato della sua vita e della sua opera parte dalla Chiesa e si estende al mondo, parte dalla dimensione teologica e pastorale e si estende a quella politica e sociale. Il suo biografo ufficiale, Georg Weigel, nel suo monumentale "Testimone della speranza" scrive:
"l'umanesimo cristiano come risposta della Chiesa alla crisi della civiltà mondiale al termine del XX secolo" (p.1068) rappresenta l'annunciato significato da lui proposto all'inizio del suo insediamento con l'Enciclica inaugurale "Redemptor Hominis".
"Cristo, Redentore del mondo, rivela la stupefacente verità sulla condizione dell'uomo e sul suo destino ultimo; L'AMORE CHE SPINGE AL DONO DI SÉ rappresenta il sentiero lungo il quale LA LIBERTÀ DELL'UOMO TROVA IL PROPRIO COMPIMENTO nel fiorire della civiltà." (p.1069)
Otto furono gli esiti accertabili, esaminando la sua lunga vita sia come polacco che vive sotto nazismo e comunismo sia come uomo di teatro, poeta, filosofo, teologo, sacerdote, docente universitario, vescovo e pontefice.
1) Riportò l'ufficio di Pietro alle sue radici evangeliche: il Papa è il primo evangelizzatore della Chiesa e non il suo "direttore generale" nella dimensione burocratica e amministrativa.
2) Incarnò e realizzò ciò che il CONCILIO VATICANO II aveva sancito nei suoi documenti ufficiali:
- concezione cristiana della persona;
- definizione di Chiesa come comunione di fedeli;
- rinnovamento del culto;
- dialogo con la scienza;
- difesa della libertà religiosa come il più elementare dei diritti dell'uomo.
3) Propose la democrazia come ricerca della libertà nella verità e come servizio al bene comune e la teologia del corpo (catechesi del Mercoledì) come risposta alla rivoluzione sessuale.
4) Fece crollare dall'interno il comunismo in Europa.
5) Sostenne con forza il primato della cultura e diede un compimento alla dottrina sociale della Chiesa, con la conseguente affermazione dell'importanza della morale pubblica di fronte alle sfide della scienza e della tecnologia.
6) Introdusse l'ecumenismo nel cuore del cattolicesimo, rivoluzionando il dialogo con le confessioni cristiane.
7) Si aprì all'ebraismo e rinnovò il dialogo interreligioso (spirito di Assisi).
8) Rappresentò un modello di rinnovamento personale per innumerevoli esseri umani.
Un altro esempio forte ma in senso dialettico (cioè negativo) è quello di Antonio Gramsci, il 27 aprile, nella lettura che ne fa Augusto Del Noce. Dogma principale rafforzato (cioè da lui reso possibile come senso comune):
A3) "Le domande tradizionali della metafisica e della tradizione: "chi siamo", "da dove veniamo" e "dove andiamo" sono mal poste e devono essere sostituite dalla domanda sul che fare di fronte ai problemi".
Politico, filosofo e giornalista italiano, tra i fondatori del Partito Comunista d'Italia (1921), fu incarcerato fra il 1926 e il 1937 dal regime fascista di Mussolini e rilasciato poco prima della morte, avvenuta in seguito al grave deterioramento delle sue condizioni di salute durante gli anni di prigionia.
I suoi scritti – nei quali studiò e analizzò la cultura politica della società italiana– sono considerati fra quelli intellettualmente più originali della tradizione filosofica marxista.
Uno dei suoi contributi principali fu il concetto di egemonia culturale, secondo il quale le classi dominanti della società capitalista forzano la classe lavoratrice ad adottare i propri valori, con l’obiettivo di rinsaldare lo Stato intorno a un "senso comune" imposto (potremmo anche chiamarlo il pensiero diffuso dominante).
PERCIÒ LA NUOVA STRATEGIA DEL MOVIMENTO OPERAIO NEL SUO TENTATIVO DI REALIZZARE LA RIVOLUZIONE SOCIALISTA E DI SUPERARE IL CAPITALISMO SARÀ QUELLA DI IMPADRONIRSI GRADUALMENTE DELLE LEVE CULTURALI DELLA SOCIETÀ (SCUOLA, UNIVERSITÀ, MAGISTRATURA E MEZZI DI COMUNICAZIONE SOCIALE) PER POI PASSARE ALLA GESTIONE SOCIALISTA DEL POTERE.
La sua incidenza sulle vicende italiane e sulla classe dirigente marxista proveniente dal PCI è più rilevante di quanto non appaia ad un semplice esame della sua vita. Il suo pensiero infatti, in dialogo con quello di Croce, ma in realtà in continuità con quello di Gentile, accentuando la dimensione prassistica del marxismo italiano, può spiegare la situazione attuale della classe dirigente italiana e il prevalere del nichilismo come orizzonte teoretico dominante, come ha lucidamente argomentato (voce che grida nel deserto) il grande Augusto Del Noce nella sua opera "Il suicidio della rivoluzione".
(Su Del Noce si può utilmente vedere anche la voce “Augusto Del Noce” curata dal prof. Massimo Borghesi per il Nuovo Giornale di Filosofia della Religione
Vedi anche: Iohannes Ghirmai, Giovanni Gentile e Antonio Gramsci, in " Nuova Secondaria - n. 9, maggio 2016 - Anno XXXIII"
Una lucida presentazione di tale ipotesi è stata fornita da Vittorio Mathieu, su "il Giornale", del 6 settembre 2004] nell’articolo intitolato “Alle radici del socialismo egemone in Italia”.
“Il suicidio della Rivoluzione", opera di Augusto Del Noce quando uscì per la prima volta (aprile 1978) difficilmente poteva essere apprezzato dal gran pubblico in tutti i suoi aspetti; che sono principalmente due:
«il ripensamento della filosofia» che «diventa il primo problema della politica d’oggi» e l’interpretazione del gramscismo come «continuazione», sotto segni ideologici opposti, dello stesso processo dissolutivo che si era manifestato nella società borghese dopo l’illuminismo.
Il primo aspetto, caratteristico della filosofia di Del Noce, è quello di muovere da «-ismi» tutti speculativi, per spiegare manifestazioni politiche apparentemente contingenti (come aveva fatto Hegel in Fenomenologia dello spirito, per esempio, a proposito del Terrore).
L’originalità di Del Noce è fare di Gramsci, in un clima ancora tutto permeato di Sessantotto, il pensatore epocale, che annunzia il suicidio della rivoluzione.
Che il pensiero di Gramsci fosse «dissolutivo» di quel comunismo in cui credeva era opinione anche dei comunisti ortodossi (alla Togliatti) che vedevano Gramsci come il fumo negli occhi.
Ma le ragioni di Del Noce sono tutte diverse.
Gramsci è generalmente considerato come colui che, sulla scorta di una formazione crociana, denuncia nella democrazia l’ultimo tentativo della borghesia di conservare il dominio, come erede dell’assolutismo.
Conquistando l’egemonia, il comunismo sarebbe destinato a portare la borghesia a un suicido indolore, sostenuto dal consenso.
Su ciò Del Noce è d’accordo.
Lo è nella misura in cui la società borghese ha creduto di raggiungere la libertà, liberandosi dai «valori tradizionali», in particolare cattolici.
Il rimedio, allora, sarebbe una «laicità» erede della Rivoluzione francese senza Robespierre (la laicità di molta Francia di oggi).
A questa laicità aveva derogato il fascismo, nel ’29; eppure il fascismo era rimasto l’alleato occulto del crocianesimo, che aveva assunto l’egemonia culturale quando Mussolini aveva il dominio politico.
Denunciando questa situazione, Gramsci presumeva di mettere finalmente a morte l’assolutismo, sostituendo semplicemente all’egemonia crociana l’egemonia comunista.
Infatti, dopo il ’68, la mentalità comunistica (meglio se non dichiarata) s’insinua e s’insedia nella cultura, dall’università alla scuola primaria (quella che Lucio Lami chiamò nel suo libro del ’76 "La scuola del plagio": e in parte tale resta oggi).
Attraverso questo processo Gramsci voleva raggiungere un totalitarismo consensuale, con pochissime maniere forti: quindi non staliniano.
La critica di Del Noce è che, in tal modo, «il gramscismo non colpisce affatto la borghesia». Anzi, «le fornisce l’occasione di realizzarsi allo stato puro», aiutandola a liberarsi di quei «valori» platonicamente oppressivi, che nel Novecento vengono attaccati da ogni parte.
Ma - osserva Del Noce - questo rovesciamento di tutti i valori, che si vuole più autentico di quello di Nietzsche, non porta, come sperava Gramsci, al «nuovo Principe» (cioè al machiavellico partito comunista), bensì all’uomo senza fede del Guicciardini (opposto al Machiavelli da De Sanctis, in un celebre saggio ricordato da Gramsci).
Comprensibile, di conseguenza, il «crociogramscismo accademico» di molti ex crociani, allineati sul comunismo, come tanti ex fascisti di sinistra.
Collante di tale alleanza è l’«immanentismo», che accetta la Chiesa cattolica purché perda la fede nel trascendente e si trasformi in un centro sociale.
Il vero ispiratore
Ci si può domandare che cosa rimanga, oggi, di questa acuta riflessione delnociana. Rimane molto. In particolare rimane l’individuazione del vero ispiratore di Gramsci, Giovanni Gentile, che si afferma contro Croce come il vero filosofo dell’immanenza.
Niente dibattiti accademici dunque ma confronto con la testimonianza di chi ha (Giovanni Paolo II e Del Noce) costruito con la sua vita e la sua riflessione l'uscita da quell'orizzonte che appare così invincibile.
Il pensiero diffuso dominante è - possiamo dire – un nuovo totalitarismo che si manifesta e agisce in modo diverso da quelli del XX secolo (nazismo e comunismo).
COME FUNZIONA IL NUOVO TOTALITARISMO.
Il totalitarismo strisciante del mainstream, infatti, ha un metodo preciso. Riprendiamo, adattandole, le riflessioni di AUGUSTIN COCHIN sull'affermarsi nel Settecento francese ed europeo di quelle idee che avrebbero poi dato vita alla rivoluzione francese.Vedi qui. o qui per la versione in francese.
Eccone i principali momenti:
(a) Negazione feroce di tutte le verità tradizionali attraverso la creazione di una falsa unanimità da parte dei mezzi di comunicazione sociale;
(b) Costruzione di una fama negativa o censura del silenzio come segno di inadeguatezza al dibattito pubblico, contro chi avanza proposte e idee che si discostano da quei concetti;
(c) Frequentazione/costruzione di un mondo della comunicazione (mezzi di comunicazione di massa compresi ormai i social media) come quel luogo in cui lo sforzo di ogni intelligenza è quello di catturare il consenso di chi ne fa parte e di escluderne chi invece si pone in modo critico; in cui ci si ritrova per parlare, non per agire; in cui è l'opinione pubblica che costituisce l'essere; è reale ciò che qui è discusso e non, come nella vita, ciò che avviene effettivamente; l'apparire sostituisce l'essere, il dire sostituisce l’agire";
(d) Addestramento e l’utilizzazione di una quantità indefinita di ripetitori (claque) che hanno interiorizzato i principi/dogmi di cui sopra e agiscono da conferma permanente e da cassa di risonanza del clima dominante.
e) L'utilizzazione di uno strumento raffinato di strategia comunicativa detto finestra di Overton.
La finestra di Overton (The Overton Window) è uno schema di comunicazione-persuasione ideato da Joseph P. Overton (1960-2003), già vicepresidente del centro studi statunitense Mackinac Center for Public Policy. In estrema sintesi, si tratta di uno spazio concettuale graduato all’interno del quale si individuano alcune fasi, sei per la precisione, in cui si può descrivere lo spostamento dell’atteggiamento dell’opinione pubblica rispetto a una certa idea.
Si tratta quindi della spiegazione di uno dei modi in cui avviene la persuasione politica e dei meccanismi che possono essere utilizzati. Sulla base della finestra di Overton, si possono costruire (e sono state probabilmente costruite) campagne a favore di alcune idee non ancora accettate dalla società.
Le idee passano dalle seguenti fasi:
1 impensabili (inaccettabile, vietato);
2 radicali (vietato ma con eccezioni);
3 accettabili;
4 sensate (razionalmente difendibili);
5 diffuse (socialmente accettabili);
6 legalizzate (introdotte a pieno titolo).
Il concetto di base è capire in quale finestra si trovi attualmente un’idea (ad esempio, la legalizzazione delle droghe leggere) e farla progressivamente slittare verso quella successiva, con una serie di passi.
Ovviamente, avere questo schema non consente molto di più di una fotografia della situazione, se non si è in grado effettivamente di influenzare l’opinione pubblica con esempi, testimonial, propaganda mirata, capacità di persuasione, narrazioni di episodi specifici…
La sfida educativa.
Ma la sfida educativa richiede che si raccolga la provocazione e che ci si muova alla risposta per una nuova educazione in un duplice percorso.
Da un lato ripercorrere storicamente le vicende degli uomini europei per mostrare come i grandi protagonisti hanno testimoniato, con la loro esistenza e con le loro decisioni, l'affermazione di quei valori che si vogliono sostenere come il prodotto più alto della civiltà greco-giudaico-cristiana (vedi la parte "eventi" e "personaggi" del calendario); dall'altra riprendere quelle idee e quelle elaborazioni concettuali ed esperienze artistiche che si pongono in modo alternativo alla linea tendenzialmente dominante del pensiero moderno, riducendo al nulla quella interpretazione fin qui vincente della storia contemporanea per la quale (oltre a negare valore alla memoria) la fine del percorso della modernità ha avuto quell’esito nichilistico, di cui oggi vediamo la manifestazione chiara, e così mostrare che l’esito tecnologico/consumistico/narcisista, cui assistiamo, non è affatto necessario.
Occorre anzi recuperare e dare slancio a quelle posizioni e idee che sono state accantonate in modo indebito e senza adeguata consapevolezza critica, fornendo così un fondamento adeguato a quei valori e a quelle esperienze che costituiscono l'eccellenza della nostra civiltà (vedi la parte "da ricordare" del calendario stesso).
Accanto dunque ad un pensiero pratico caratterizzato fortemente da quegli elementi di cultura tecnologico/consumista/narcisistica che si iscrive perfettamente nella logica nichilistica in senso nietzschiano (critica di ogni tradizione costruita dalla società occidentale ed esaltazione della possibilità di creare un nuovo umanesimo fondato sulla "volontà-di-potenza-oltre-uomo" che nasce solo dopo la morte di Dio) e dall’altro dalla debolezza di un pensiero teorico che si rifiuta di prendere atto che ciò che era contenuto nelle grandi culture sopraddette non può essere fondato che su quei principi e quei valori che stanno all’interno di quella tradizione filosofica di cui il nichilismo costituisce proprio la negazione e che aspettano di essere ri-proposti, a partire da una critica esplicita del nichilismo stesso.
Il tanto proclamato anti nichilismo di molte posizioni ha infatti solo questo significato: il pensiero moderno, di cui la mia posizione è parte importante, ha un esito nichilistico che si applica a tutte le altre posizioni, ma non alla mia.
Ma è dimostrabile l'impossibilità nell'orizzonte nichilistico di dare fondamento adeguato, utilizzabile in chiave educativa, a quei valori della cultura occidentale che appaiono ai più come irrinunciabili per la costruzione di una giusta convivenza: democrazia liberale, stato di diritto o costituzionale, laicità dello stato, rispetto per tutte le religioni, eguaglianza tra gli uomini come ideale cui tendere in modo graduale senza il corto circuito della violenza, possibilità di realizzare una scienza e una tecnologia al servizio dell'uomo e non asservita alla volontà di chi pone il profitto come fine ultimo di ogni azione, realizzazione di un rapporto tra i popoli fondato sulla giustizia, cioé sulla contemporanea globalizzazione delle merci, del capitale e dei diritti dell'uomo, possibilità di costruire un'economia mondiale di mercato nella quale la ricerca del profitto sia regolata da leggi che tutelino le esigenze e le necessità di chi (individui, gruppi sociali o popoli) è meno ricco e potente.
Raccogliamo la sfida!