"Natalia" di E. Jannacci - Smettere di bestemmiare
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“Natalia, la faccia quasi color della cera
Natalia, non vedi le flebo che ti sparano dentro…
E siamo qui davanti a te
coi bei vestiti verdi dei chirurghi americani”
(Natalia)
“Scior Sandro, lu l’è tropp friss, el sta’ mai fermo… ghe tocava minga a lu quel mestée là”. Lisander guardò il Giupponi Pietro detto Giuspa con bonomìa quasi compassionevole. Sapeva che a quella stupidada del toca minga a lu non ci credeva nemmeno chi l’aveva pronunciata. Per di più il Giuspa, con aria circospetta tipo ragazzino che ne sta facendo una delle sue, aveva infilato la mano sinistra nella tasca interna del pastrano e ne stava cavando fuori un misterioso oggetto proibito, fatto su in un sacchetto di carta marrone che intendeva qualificarlo come regalo e nel contempo celarlo agli occhi vigili e sospettosi del personale medico paramedico e via discorrendo. Lisander impiegò meno di un boff a indovinare l’oggetto, sorrise scuotendo un po’ la testa, estrasse per metà l’oggetto per apprezzarlo, lo ringuainò e lo depose come niente fosse nel comodino accanto alle altre quattro o cinque bottiglie proibite di rosso, di quello buono, dono di altri quattro o cinque suoi operai arrivati prima del Giuspa. Quando quest’ultimo si congedò – me raccomandi, scior Sandro, neh!– Lisander approfittò del momento di scarsa sorveglianza – era quasi l’ora di pranzo - per andarsene un in giro. Scelse di dirigersi verso la Chirurgia.
Tenerlo a letto il Lisander, caporeparto alla Polenghi Lombardo, l’infermiera non ci riusciva proprio. Girava per le corsie col braccio ingessato appeso al collo e la testa fasciata come un tutankamen. Mica abituato a stare con le mani in mano, neanche con otto fratture al polso e i postumi di una craniata pazzesca. Tutta colpa di quel murello scivoloso su cui Lisander s’era issato come fosse una palestra di roccia per aggiustare il reattore di una lampada al neon: star lì a perdere tempo a ciamà l’elettricista…
“Chissà - pensava pattinando sulle ciabatte da camera - se c’è qui ancora il Cecón, al secolo Rossini Francesco, che dovevano fargli il by-pass per via delle coronarie, o se l’han lasciato andare”. Per capire perché “lasciato andare” invece che “dimesso” bisogna considerare che per gli uomini lombardi del lavoro l’ospedale è una specie di carcere per gente perbene, e la dimissione dallo stesso una specie di evasione autorizzata, di riconquista legale della libertà. Combinazione appena richiusa alle sue spalle il portone di ferro bianco-giallino con i vetri smerigliati della Chirurgia, il Lisander s’imbatté nel cardio-chirurgo, non il primario, l’aiuto, quel quarantenne simpatico e alla mano, con i oggiàa, che si divideva tra il Niguarda e quell’ospedaletto lì. Lisander leggeva sempre il Corriere e non perdeva mai il Tg della sera. Sapeva dunque che al Niguarda avevano fatto un miracolo operando di nuovo, al cuore, con grande coraggio, una povera bambina di sette anni, dopo un intervento malriuscito pagato un occhio della testa a Torino.
“Vuoi vedere che c’è di mezzo il dottorino?”, aveva pensato giorni addietro davanti allo schermo.
“Mi scusi, dottór…"
Tra l’uomo avvolto in bianco camice e l’uomo avvolto in bianche bende si svolse a un dipresso il dialogo che segue.
Lisander - Ma è proprio vera la storia di Natalia?
Dottore - Vera sì, cento per cento. Bradicardia. Va tutto in vacca in quei casi lì. All’ospedale di Milano bisognava operarla di nuovo, ma avevan tutti paura e sacramentavano contro il cielo e contro Torino.
L – Torino?
D – A Torino gli hanno messo la valvola nel cuore dalla parte sbagliata.
L – Chi lè staa?
D - Un cardio-star. Si è preso 20 milioni e zac, via di premura… lui ha una barca di 190 metri.
L - E lei?
D - Io un metro e 20, tavoletta da surf. D’occasione.
L - Quindi non avrebbe potuto operarla: ha la barca troppo piccola
D – La paziente è figlia di ferroviere, la colletta l’avevano già fatta, per il cardio-star. A Torino.
L – Chissà quanti le hanno detto, dottore, che era meglio mollarli allora. Lei, il padre e anche l’immancabile assistente sociale.
D – Eh. Ma hoo pensaa: meglio smettere di bestemmiare. Se uno ha la barca di 1 metro e 20, capita.
L – Cosa?
D – Di chiedere aiuto.
L – A chi?
D – Magari alla Vergine Maria.
L – L’ha operata lei?
D – Eh eh. Mi si è accorciata anche la barca. E la bambina domani va via dal Niguarda… Grazie di tutto, Natalia.
L – Bravo dottór, lu l’è on omm.