Per prima cosa, vieni e vedi - Prete Liprando...
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“la gente tossiva e piangeva, ma non si muoveva
chè il popolo pio voleva vedere il giudizio di Dio”
Enzo Jannacci aveva 30 anni nel ’65, io la metà. Quell’anno uscì il suo album “Enzo Jannacci in Teatro”, uno dei primi dischi italiani in assoluto realizzati dal vivo, precisamente durante la tappa milanese dello spettacolo “22 canzoni”, creato insieme a Dario Fo. Una di queste canzoni era “Prete Liprando e il giudizio di Dio”. Io di Dio cominciavo a chiedermi: ma esiste o no? e come si fa a saperlo? La canzone me la fece conoscere il mio amico Augusto. Non per via di Dio, ma perché era diversa da tutte le canzoni degli altri cantanti e faceva ridere ma era più seria di tutte. Parlava di un aristocratico arcivescovo ex combattente tipo lei non sa chi sono io, che però marca visita per non rischiare la pelle nella seconda crociata; di un prete popolano e popolare che gli dà del ladro in pubblico ed esce indenne a piedi nudi dall’ordalia del fuoco voluta del suo superiore; di un popolo pio che a tutti i costi voleva vedere il giudizio di Dio; e infine di quel ciùla di uno venuto giù da Como per niente perché che pur essendo lì con gli altri non vede un accidente.
L’Augusto rideva e ridevo anch’io.
Quanto alla faccenda dell’esistenza di Dio, per me c’era ben poco da ridere. Volevo accertare, conoscere la verità attraverso un percorso razionale che mi persuadesse, mica conformarmi a una credenza. Sentivo che questa era la questione decisiva per il senso di tutto. L’istituzione-preti però non seppe indicarmi nessun cammino di conoscenza; e non avendo una risposta plausibile pensò di cavarsela con la regola numero uno del Manuale del perfetto clericale: sopprimendo la domanda. Cioè mettendomi alla porta. Beh, sempre meglio espulsi che arrostiti sui carboni ardenti. Sta di fatto che cominciai ad affezionarmi a quella sorprendente serissima comicità jannacciana spiazzante e dissacrante, così corrispondente alla giovanile nostra voglia di fare a pezzi le convenzioni senza ragioni e le finzioni senza vita.
Passa qualche anno e accade che certi coetanei cattolici praticanti e piuttosto vivaci e anticonformisti per l’epoca s’erano messi in testa di tirarmi dentro il loro gruppo di comunione. Per me la questione dell’esistenza di Dio seguitava ad essere pregiudiziale ad ogni possibile ipotesi di esperienza religiosa; che non pensassero di convertirmi con le novità del post concilio o con la suggestività dei salmi recitati da padre Turoldo nell’abbazia di Fontanella, dove mi portarono qualche domenica pomeriggio. Però tra una balla e l’altra non li sentivo tanto inadeguati, questi coetanei; con loro si poteva parlare del senso della vita e di tutto il resto senza trovarsi contro il muro del dogmatismo. Così si accese dapprima l’interesse, poi l’amicizia. E finalmente, alla settecentotrentasettesima volta che mi ripeterono l’invito Vieni e vedi, mi sembrò ragionevole andare a vedere. In fondo, cos’avevo da perdere? Cominciava per me quasi a mia insaputa un cammino di conoscenza nuova. Gloria a Liprando! (1-segue)
PRETE LIPRANDO E IL GIUDIZIO DI DIO |