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Il rapimento di Elia: una promessa di vita

Fonte:
CulturaCattolica.it ©
Juan Valdes Leal, Ascensione di Elia, 1658

Il profeta che era salito sull’Oreb solo e sconfortato, ridiscende carico di una promessa: «Su ritorna sui tuoi passi verso il deserto di Damasco; giunto là ungerai Hazaèl come re di Aram. Poi ungerai Nimsi come re di Israele e ungerai Eliseo, figlio di Safàt, come profeta al tuo posto.[…] Io poi mi sono risparmiato in Israele settemila persone, quanti non hanno piegato le ginocchia a Baal e quanti non l’hanno baciato con la bocca»
Questi avvisi segnano la fine imminente del regno di Acab, ma anche la fine della missione di Elia. Eliseo infatti ungerà i due re di cui qui si fa cenno. Elia non è più solo, settemila persone lo attendono secondo la promessa del Signore. Settemila persone, un numero simbolico che indica una perfezione: 7x1000 pronte a conoscere la voce del Signore che parla nel segreto delle coscienze. Essi infatti mescolati tra i tanti già l’hanno ascoltata perché non hanno piegato le ginocchia a Baal e non hanno l’hanno baciato, cioè non gli hanno riservato la loro adorazione (dal latino ad - os = portare alla bocca; baciare)
Primo fra questi Eliseo, che Elia sceglie gettandogli addosso il mantello come segno di elezione. Quando sopraggiunge Elia, Eliseo sta arando con dodici paia di buoi, egli stesso guidava il decimosecondo: un numero esagerato che indica forse la situazione agiata in cui viveva questo discepolo di Elia. Un elemento che indubbiamente fa emergere il contrasto tra la vita sedentaria di Eliseo e la vita vagabonda condotta dal profeta. Gettandogli addosso il mantello, segno della persona stessa che lo portava, della sua vita dei suoi diritti, Elia domanda ad Eliseo una sequela radicale. La vita del discepolo ormai, proprio come la vita di Elia, appartiene al Signore. Eliseo sarà il testimone dell’ultimo tratto della vita terrena del suo maestro.
Volendo Dio rapire in cielo in un turbine Elia, questi partì da Galgala con Eliseo. Elia disse a Eliseo: Rimani qui, perché il Signore mi manda a Betel” Eliseo rispose: «Per la vita del Signore tuo Dio e per la tua stessa vita, non ti lascerò» Scesero fino a Betel. I figli dei profeti che erano a Betel andarono incontro a Eliseo e gli dissero: «Non sai tu che oggi il Signore ti toglierà il tuo padrone?» Ed egli rispose: «Lo so anch’io, ma non lo dite»
La stessa scena, con gli stessi dialoghi, si ripeterà altre due volte: a Gerico e al fiume Giordano. Cinquanta uomini, tra i figli dei profeti, seguirono Elia ed Eliseo e si fermarono a distanza. Giunti al Giordano Elia prese il mantello, l’avvolse e percosse con esso le acque che si divisero di qua e di là; i due passarono all’asciutto. Mentre passavano Elia disse a Eliseo: «Domanda che cosa debba fare per te prima che sia rapito lontano da te». Eliseo rispose: «Due terzi del tuo spirito diventino miei». Quegli soggiunse: «Sei stato esigente nel domandare. Tuttavia, se mi vedrai quando sarò rapito lontano da te, ciò ti sarà concesso; in caso contrario non ti sarà concesso». Mentre camminavano conversando, ecco un carro di fuoco e cavalli di fuoco si interposero fra loro due. Elia salì nel turbine verso il cielo. Eliseo guardava e gridava. «Padre mio, padre mio, cocchio d’Israele e suo cocchiere». E non lo vide più. allora afferrò le proprie vesti e le lacerò in due pezzi. quindi raccolse il mantello, che era caduto ad Elia, e tornò indietro, fermandosi sulla riva del Giordano. Prese il mantello che era caduto ad Elia, e colpì con esso le acque dicendo: «Dov’è il Signore Dio di Elia?» Quando ebbe percosso le acque, queste si separarono di qua e di là; così Eliseo passò dall’altra parte. Vistolo da una certa distanza, i figli dei profeti di Gerico dissero: «Lo spirito di Elia si è posato su Eliseo» (2 Re 2, 8-15).
L’ultimo viaggio di Elia ha qualcosa di ineluttabile, tutti sanno, tutti aspettano qualcosa, ma nessuno ne parla; cinquanta persone lo seguono a distanza. Anche le tappe di questo viaggio non sono casuali: Betel, Gerico, il Giordano. É il percorso a ritroso dei padri di Israele. A Betel aveva avuto inizio il lungo itinerario di Giacobbe, in quel luogo egli contemplò la porta del Cielo. Gerico fu la prima conquista di Giosuè dopo che il popolo entrò nella terra promessa, la maledizione ad essa collegata aveva trovato compimento proprio nel re Acab. Il ciclo di Elia aveva avuto inizio con la menzione di Gerico e con la stessa città volge al termine. Infine, l’ultima tappa: il Giordano. Il punto di attraversamento, presumibilmente vicino a Gerico si trova nei pressi del monte Nebo, luogo della morte di Mosé. Il passaggio del fiume avviene in modo prodigioso, come per Mosé al mar Rosso e per Giosuè allo stesso Giordano: le acque si dividono e lasciano passare Elia ed Eliseo.
Eliseo a questo punto chiede in eredità due terzi dello spirito di Elia. Nell’ebraico troviamo scritto: una parte doppia e la tradizione rabbinica l’ha sempre letta nel suo senso letterale: Dammi il doppio delle tue grazie. Però il doppio potrebbe indicare anche la parte di eredità paterna che spettava al figlio maggiore (Dt 21, 17). Eliseo chiede di essere il figlio primogenito di Elia, il suo primo erede spirituale. Entrambe le cose gli saranno comunque concesse: i miracoli di Eliseo supereranno quelli di Elia ed egli sarà, di fatto, l’erede spirituale del suo maestro.
Elia non ha comunque il potere di esaudire la richiesta esigente del discepolo e rinvia a Dio la decisione: se gli sarà accordato il dono di vederlo scomparire, Eliseo otterrà da Dio anche tutto quello che ha chiesto.
Agli Apostoli accadrà qualcosa di simile nel momento dell’ascensione: essi che contemplano l’ascesa di Gesù al Padre si rivelano gli eredi spirituali di Gesù.
Ed ecco che un carro di fuoco si interpone tra Elia ed Eliseo, ed Elia sale nel turbine del cielo. Vento e fuoco si intrecciano di nuovo, per l’ultima volta, nella vita di Elia.
É la fede di Eliseo che contempla Elia consumato dal fuoco della carità, rapito nello spirito entra nel grande silenzio del Dio della Parola. “ Buono è dunque l’amore che ha ali di fuoco ardente” scrive S. Ambrogio e ancora “ buone erano le ali dell’amore, le ali vere, che volavano per le bocche degli apostoli e le ali di fuoco, le quali pronunciavano un discorso purificato[…]. Su queste ali volò Elia, trascinato verso le regioni superne su di un carro di fuoco e su cavalli di fuoco (Isacco e l’anima 8,77)
Se Davide rappresentava il centro della storia della salvezza tra il primo e l’ultimo Adamo, questa scena idealmente si pone al centro della storia che intercorre tra le porte chiuse dell’Eden e le porte sempre aperte della Gerusalemme celeste descritta dall’Apocalisse. Il fuoco che rapisce Elia è lo stesso fuoco della spada fiammeggiante dei custodi del giardino terrestre, è un fuoco che riaffiora nella fiaccola ardente che segna l’alleanza di Abramo, che accompagna il popolo nel deserto, che scrive le tavole della legge. É il fuoco misterioso abitato dal vento e dalla rugiada che protegge i tre giovani gettati nella fornace da Nabucodonosor, è il fuoco della Pentecoste che irrompe nella sala sulle ali del vento. É infine il fuoco ardente di carità della gloria di Dio e della lampada dell’Agnello che illumina la Gerusalemme celeste.
I figli dei profeti, increduli, mandarono cinquanta uomini a cercare il corpo di Elia, ma non lo trovarono: come Mosé nessuno conoscerà il luogo della morte di Elia Sono ventotto, secondo il midrash, i punti di contatto tra Elia e Mosé, ultimo quello della misteriosa scomparsa. Se Mosé ha chi lo predica ogni Sabato nelle sinagoghe come dirà Gesù, Elia è colui che tornerà ad annunciare il Messia, è colui che torna per ogni uomo di ogni generazione per correggere e confortare e per condurre i cuori dei padri verso i figli.

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