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Il volto del Dio di Davide

Fonte:
CulturaCattolica.it ©
Pieter de Grebber,  Re Davide

Dio, padre degli umili
In Davide risplende sicuramente anzitutto il Dio degli umili. Un Dio che penetra con lo sguardo le profondità del cuore umano: Tu mi scruti e mi conosci penetri da lontano i miei pensieri, tu mi hai tessuto nel grembo di mia madre, ancore informe mi hanno visto i tuoi occhi (Sal 138)
É un Dio dalle scelte estrose, coerente con il suo progetto per il quale sceglie gli uomini giusti, quelli secondo il suo cuore e non secondo le valutazioni umane.
L’umiltà che questo Dio ama è quella che risplende nella verità. Una verità che rivela l’uomo peccatore, incapace di rispondere con perfezione alla chiamata e all’elezione divina, ma che proprio per questo sa di non aver meriti, né poter pretendere privilegi, ma di dover tutto al suo Creatore.
Queste sono le fondamenta del Tempio che il Signore ha promesso a Davide: le fondamenta di un cuore puro, immune dalla superbia e dalla durezza. Un cuore macerato dalle lacrime, ma purificato dalla fiducia e dall’abbandono. Un cuore di carne sede del vero culto che si celebrerà nel Tempio promesso.

Dio della pace e padre per sempre
Davide divenne re a trent’anni e regnò quarant’anni: sette anni e sei mesi su Giuda e trentatré anni su Israele e Giuda uniti. Un tempo compiuto in cui egli stabilì sia pure brevemente e in modo precario l’unità tra due regni che saranno costantemente segnati da lotte intestine. Già Saul e Davide rappresentavano tale divisione con la loro appartenenza tribale: Saul della tribù di Beniamino era schierato dalla parte di Israele, Davide, appartenendo all’omonima tribù, dalla parte di Giuda. La cifra simbolica del suo nome 4+6+4 = 14 rappresenta la pienezza di questa unità raggiunta: sei è la cifra dei giorni della settimana, i giorni della fatica della creazione, quattro è il numeroso dei punti cardinali, dello spazio. Quattro è anche il numero dell’uomo: Davide riassumerà in sé la pienezza dell’umanità. La cifra 14 entrerà nella genealogia di Gesù ripetuta tre volte: 14 generazioni da Abramo a Davide; 14 da Davide alla deportazione in Babilonia e infine ancora 14 dalla deportazione in Babilonia a Cristo. (cfr. Mt 1, 17). Gesù è Davide portato a pieno compimento.
Il volto del Dio della pace risplende per Davide nel figlio Salomone: segno della benedizione divina sulla casa di Davide, segno dell’ Emmanuele cioè del Dio Presente in mezzo al suo popolo mediante il segno del Tempio. L’adozione di Salomone è l’adozione eterna promessa ad ogni uomo: Dio sarà Padre per sempre.
Il volto del padre che Davide conosce è dunque quello di un Dio pacifico, che non ama le guerre, che insegna a vedere la sua presenza anche nel nemico. Dio sa che la pace non è di questo mondo, ma imprime nel cuore di Davide il v 15 del salmo 34: Cerca la pace e perseguila, perché ivi è la mia dimora. E se sulla terra questa pace è straniera è perché l’uomo deve ricordare costantemente che anch’egli non è cittadino di questo mondo. Il tempio che Dio promette ha le sue fondamenta in terra, ma si erge al di sopra del cielo. Gerusalemme è proprio quel il luogo in cui, come per incanto si riflette un’altra Gerusalemme quella celeste. La sede della vera pace, il luogo dove risplende lo shalom.

Dio padre dell’amore e della lode
C’è un luogo sulla terra in cui Dio si può in qualche misura toccare, vedere. Ed è l’amore: quello che sgorga da un cuore sincero, oppure quello che vive tra persone: amici, coniugi, fratelli. L’amore umano è un riflesso dell’essenza stessa di Dio. E l’amore eterno di Dio è in definitiva il vero Tempio per l’uomo. La vita di Davide non è stata teatro di grandi teofanie, come quella di Abramo, di Mosé eppure egli ha visto Dio. L’ha visto nell’amore di Betsabea, che pur segnato dal peccato è stato amore vero, purificato dalla sofferenza, santificato dal perdono divino e benedetto dalla promessa di una discendenza stabile ed eterna. Davide ha visto Dio sulla terra in tutta la sua esperienza perché ha guardato ogni evento con gli occhi della fede. La sua vita è stata abodà, nel suo doppio senso di servizio e di liturgia. Le sue gesta sono state un canto al Dio vivente, il suo peccato è stato preghiera, le sue sofferenze suppliche, il suo corpo lode. Il volto di Dio che Davide ha incontrato è il volto di un Dio che vive in mezzo al suo popolo nelle piccole e nelle grandi occasioni. Se le mura del tempio sono mura di pace, la volta del tempio sono le preghiere del suo popolo, le sue lacrime. Da questa volta, segno del Cielo stesso, Dio, padre di Davide, ascolta e perdona.

PICCOLA BIBLIOGRAFIA

C. M. MARTINI DAVIDE Peccatore e credente PIEMME Casale Monf. 1989
A. MELLO (a cura di) Un mondo di grazia Midrash sui Salmi Qiqajon Magnano 1995
A. NEHER L’Esilio della Parola Marietti Genova 1991 (ristampa)
EPSTEIN I. Il Giudaismo Universale Economica Feltrinelli, Milano 1982

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