Condividi:

Coppie perfette non sposate cercano tutela

Fonte:
Avvenire, 19.02.2007
Il 19 gennaio 2007 Gisella Bottoli di Brescia scrive alla rubrica “E’ Famiglia” di Avvenire, la sua lettera e la conseguente risposta, sono l’occasione per riflettere su alcune delle obiezioni che molti fanno a proposito dei DiCo.

Gentile redazione di “E’ famiglia”,
vorrei esporvi la mia esperienza. Gianna e Antonio convivono ormai dal 1970: senza essersi sposati condividono da 37 anni tutto, nella buona e nella cattiva sorte. Non hanno figli. Sono impegnati nel sociale, lei insegnante, lui medico in una struttura pubblica, quindi anche perfetti contribuenti, senza alcuna possibilità di evadere il fisco e quindi mai contro gli interessi collettivi. Antonio ha una nipote gravemente malata, che abita a 600 km di distanza, Giovanna da quando è in pensione soggiorna regolarmente presso la “non nipote” per assisterla nei vari bisogni. Oreste e Pina convivono da circa 30 anni. Entrambi insegnanti, hanno due figlie: una si è appena laureata, l’altra frequenta ancora l’Università. Impegnati nel sindacato, anche loro perfetti contribuenti, lei da quando è in pensione lavora come volontaria in una associazione che aiuta gli stranieri. Eliana invece da un paio d’anni convive con Alessio: hanno 34 anni, sapevano entrambi, quando sono andati a vivere insieme, che il linfoma di Hodgkin da cui Alessio nel passato era stato colpito poteva determinare una recidiva. Purtroppo a pochi mesi dalla convivenza il fatto è successo: da allora Alessio viene ricoverato con regolarità per lunghi periodi in un centro a circa 100 km da casa. Qui gli vengono praticate cure per rafforzare il suo sistema immunitario. Eliana, che esce dal lavoro alle ore 18 e non può chiedere continuamente ferie o permessi, tutte le sere si fa sui 200 km tra andata e ritorno per vedere da dietro ai vetri, anche per pochi minuti, il suo Alessio. Tra le coppie di fatto io conosco queste tre: esse dimostrano di conoscere benissimo il significato del termine “dovere”, ma soprattutto quello di “amore”. Non lo hanno formalizzato davanti allo Stato, ma per amore compiono quotidianamente i gesti che fanno di una coppia una famiglia. Sono queste le coppie che secondo il vostro parere «pretendono diritti ma non vogliono assumersi doveri» al punto che un loro patto di convivenza «si configura come un rapporto giuridico parassitario a carico della comunità»?

Gentile signora,
anche noi conosciamo diverse coppie che, pur non essendo sposate – o, più spesso, non ancora sposate – sanno vivere il loro rapporto nel segno dell’amore e del reciproco sostegno. Non vorrei perciò che lei e altri lettori scambiassero un’argomentazione prettamente giuridica – lo squilibrio fra diritti e doveri che caratterizzerebbe come “parassitario” un eventuale riconoscimento pubblico delle convivenze – con un giudizio di valore sulle persone. I motivi per i quali alcune coppie scelgono di non sposarsi sono di vario genere. Entrare in questo ambito privatissimo non è il nostro intento. Nondimeno, però, queste coppie compiono consapevolmente una scelta che le sottrae ai vincoli e ai doveri connessi al matrimonio. E alla
“libertà” qualche prezzo va pure pagato; non si può pretendere di essere contemporaneamente liberi e tutelati, non assumersi vincoli epperò essere protetti, godere di un riconoscimento pubblico, ma che sia cancellabile con un tratto di penna in qualsiasi momento. Non crede ci sarebbe uno squilibrio troppo forte rispetto ai diritti-doveri delle coppie sposate? Non pensa che un simile “piccolo matrimonio”, con tanti diritti e pochi doveri, o addirittura nessuno, potrebbe indurre altri, sempre più numerosi a non impegnarsi più con un vincolo matrimoniale, con ciò minando alla base la coesione della nostra comunità? Per usare le parole della Corte costituzionale (ancora una volta il punto di vista del diritto laico, quindi, non della fede) la «convivenza more uxorio è un rapporto di fatto, privo dei caratteri di stabilità e certezza e della reciprocità e corrispettività dei diritti e doveri che nascono soltanto dal matrimonio e sono propri della famiglia legittima». (F. Ricc.)

Vai a "Famiglia"