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Di.Co. e dintorni

Autore:
Pezzi, Ubaldo
Fonte:
CulturaCattolica.it

In una discussione insorta una settimana prima che uscisse la proposta dei Di.Co., da parte di qualcuno è stato sostenuto che la Chiesa avrebbe sbagliato a farsi coinvolgere nella disputa PACS-matrimonio, affrontando il problema con un approccio sbagliato, giacché i PACS proprio non c’entrerebbero col matrimonio classico.
Pur non essendo assolutamente titolato a risolvere il problema, qualche riflessione mi è comunque maturata e la vorrei confrontare con voi.
    Mi sono chiesto innanzitutto perché le legislazioni occidentali (e non solo) abbiano voluto dare una speciale rilevanza al matrimonio.
In realtà la nostra Costituzione dà rilevanza a tutta una serie di corpi intermedi riconoscendo a molti di essi una propria specificità: senza appartenenza a uno o più corpi intermedi la persona sarebbe ridotta a individuo e sarebbe più indifesa.
    Ai diversi corpi intermedi tuttavia non è stata data la stessa rilevanza: questo non solo per una questione di pregnanza e significato, ma anche per non essere di danno alla persona.
    Alle benemerite società bocciofile, ad esempio, non è stata data la rilevanza giuridica attribuita all’istituto del matrimonio. Ma nemmeno alle comunità monacali e alle congregazioni di preti o di suore.
    Ho incominciato così a pensare che il problema non sia l’astratta disquisizione se i PACS c’entrino o meno col matrimonio, ma che effetti possa avere una ben determinata normativa chiamata PACS o con un altro nome qualora lo si preferisca, sul bene (possiamo ancora usare questo termine, o il relativismo e il pensiero debole lo rendono politicamente non corretto?) della società in cui viviamo e nella quale i nostri figli, si spera, vivranno a lungo dopo di noi.
    Ebbene, secondo me, nel caso che una normativa che pur permetta, per certi aspetti l’incremento di solidarietà economica ed istituzionale, finisca nei fatti per andare contro l’istituto tradizionale del matrimonio, col matrimonio c’entra eccome, quand’anche non lo citasse mai!
    L’idea di matrimonio, quanto meno nella società occidentale, credo riposi sul fatto che due persone di sesso diverso decidono di coinvolgersi a un livello di solidarietà e responsabilità tale, che lo scioglimento di questo tipo di contratto non possa, perlomeno, essere effettuato a cuor leggero.
Si finirebbe per suggellare l’instabilità e la temporaneità del rapporto fra le due persone, con l’illusorio scopo di garantire invece una maggiore stabilità.
    Questo, oltretutto, per garantire un ambito con certe caratteristiche ai figli, naturali o adottivi e con due persone di sesso diverso; continuo, nonostante tutto, a credere che un rapporto educativo abbia normalmente bisogno di una figura femminile che accolga e con la quale ci si possa identificare, almeno per un certo periodo, e di una figura maschile alla quale la figura femminile possa rimandare come l’accoglienza di un diverso.    Il fatto che uno sia omosessuale o eterosessuale per uno scherzo del caso e che abbia quindi diritto a scegliere e perseguire le inclinazioni che gli accadano, scusatemi, mi sembra un insulto alla ragione. Certo ci potranno essere inclinazioni omosessuali, come può capitare che uno si ritrovi con una infinità di problemi fisici o psichici: ma l’accettazione di questi problemi da parte della persona o da parte di chi gli sta attorno, con la pazienza e l’intelligenza che questi richiedono, non significa che siano cosa buona o indifferente e che, per quanto possibile, non vadano piuttosto superati.
    Il problema quindi non è dire che i PACS non c’entrano col matrimonio, ma se la normativa che sarà etichettata PACS andrà contro gli interessi delle persone, di tutte le persone di questa società, e quindi, per esempio, anche contro il matrimonio.
    Tanto per fare un esempio, se i PACS non sono il matrimonio, che bisogno c’è di istituire registri pubblici per le coppie che sottoscrivono i PACS?
    E già per il fatto che si parli di coppie, il richiamo al matrimonio è fortissimo.
E se i PACS sono aperti a più persone, non è che possano essere una via surrettizia alla poligamia?

    A margine di questo, permettetemi di non condividere la valutazione che è stata tirata in ballo per cui i PACS servirebbero strumentalmente per aggregare il grande centro.
Ma non ci eravamo liberati della DC dicendo che così i Cattolici erano più liberi nelle scelte politiche, mantenendo la possibilità di riaggregarsi per fini non politici?
E cosa c’è di meno politico dei PACS: piuttosto, credo sia stato fortemente scorretto dare indicazioni al governo della Repubblica di normare la questione, anziché lasciarla al Parlamento, al di là degli schieramenti partitici.
    La questione è laica, laicissima, e credo che la Chiesa possa dare le sue indicazioni perché i laici ci riflettano sopra, anzi, penso proprio che sia suo dovere farlo.
    Poi saranno i laici a votare le leggi, tramite i loro rappresentanti, e non la Chiesa: se sarò messo in minoranza, pazienza, ma fino a quel momento credo sia mio dovere, per il rispetto che devo a me stesso, fare il possibile perché le leggi di questo paese siano le meno peggiori possibile!
    Circa poi l’atteggiamento che ho riscontrato in diversi appartenenti alla realtà ecclesiastica milanese, preti, consacrati e laici, mi viene in mente quanto mi capitò trent’anni fa durante la mia esperienza londinese.
Allora una non più giovanissima signora Anglicana, la guardarobiera del pensionato dove vivevo con mia moglie, ci disse: “I nostri [Vescovi ed ecclesiastici Anglicani] per correre dietro a tutti sono disposti ad accettare qualsiasi cosa, col risultato che le nostre chiese sono sempre più vuote; quando loro [Vescovi ed ecclesiastici Anglicani] danno dalle indicazioni o dei giudizi nuovi, io vado a cercare cosa ha detto il Papa. Se il giudizio del Papa corrisponde a quello dei nostri, mi fido, altrimenti no”.
    Come Eliot ci ha insegnato, la Chiesa d’Inghilterra ha spesso precorso quello che è poi successo alla Chiesa di Roma, forse dovremmo anche noi seguire il consiglio dato trent’anni anni fa dalla signora Anglicana!

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