Sui Di.Co.: Parola di avvocato!
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Incredibile ma vero è il giudizio sui Dico di Annamaria Bernardini De Pace, uno dei più famosi avvocati divorzisti italiani: ha trattato circa 10 mila cause tra separazioni, divorzi e affidi ha difeso vip e personaggi dello spettacolo è giornalista e scrittrice e membro del Giurì dell’Autodisciplina Pubblicitaria.
Un giudizio rigorosamente laico e rigorosamente tecnico con linguaggio schietto per nulla “avvocatese”: il disegno di legge non serve e non colma lacune ma al contrario ne crea. Questo è quanto emerge nell’interessante intervista rilasciata ad Avvenire il 17 febbraio scorso.
“Basta sfogliare il Codice civile e un repertorio di giurisprudenza per rintracciare una serie di diritti già sanciti. E poi utilizzare tutti gli strumenti che il diritto privato offre: dai contratti di convivenza al testamento, alle polizze private…questo disegno di legge rivela subito la sua natura ipocrita di compromesso. Ci hanno messo dentro di tutto…”
Addirittura al giornalista che le chiede se gli strumenti che già esistono per tutelare
le coppie di fatto non siano un po’ complicati risponde che è invece questo progetto di legge ad essere “macchinoso”.“È tutto un rinviare ad altre regolamentazioni, un «si vedrà», come per le pensioni. Prendiamo poi l’assistenza in ospedale al convivente, già oggi possibile. Nel Ddl sui Dico ci si limita a dire che «gli ospedali disciplinano le modalità di esercizio» del diritto. E così pure per l’assegnazione degli alloggi popolari. È scritto che le Regioni «tengono conto delle convivenze per l’assegnazione degli alloggi». Ma questa è già materia di competenza delle Regioni.”
Secondo lei anziché “una legge assistenzialista - un “paracadute” per convivenze davvero eterogenee” serve stimolare una presa di coscienza da parte di chi vuole tutelare il proprio partner. Quasi sempre bastano delle scritture private. L’avvocato, il notaio o anche un consultorio familiare possono aiutare.
Ci spiega anche che ci sono “i cosiddetti «Contratti di convivenza» che i partner possono sottoscrivere per definire ad esempio la gestione delle spese e la creazione di un fondo comune da dividere in caso di rottura. Infine, per essere del tutto sicuri in materia sanitaria, basta sottoscrivere una procura per poter rappresentare il compagno in caso di grave malattia.”
Altro caso il subentro nel contratto d’affitto: è dal 1988 che la Corte costituzionale lo prevede come diritto all’abitazione, e parecchie sentenze e pronunciamenti stabiliscono il subentro del convivente senza limiti di tempo ma coi Dico le cose peggiorano: il diritto spetta dopo almeno 3 anni di convivenza “registrata”.
Per finire in caso di rottura non esiste il mantenimento come per il divorzio, ma solo l’obbligo alimentare: un assegno minimo qualora il partner versasse in stato di bisogno.
“Ma chi deciderà in questi casi: si va dal giudice? Basterà un accordo tra le parti?” chiede allora il giornalista.
“Bella domanda, senza risposta. Prevedo una mole enorme di contenzioso”.
Parola di avvocato!