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Assumersi il rischio di essere educatori.

Fonte:
CulturaCattolica.it

Non un gadget ma “il dono di un messaggio” ha scritto il direttore de IL CITTADINO, offrendo ai suoi lettori in dono un DVD con la registrazione di una conferenza tenuta nel 1985 da don Giussani su “Il Rischio Educativo.”
Ebbene, per me è stato davvero un dono, qualcosa che riporta alla memoria la voce, gli sguardi, il modo di tenere gli occhiali sul naso, di gesticolare, di una persona cara, importante, una persona che non è possibile dimenticare, perché come ogni educatore, ha lasciato un pezzo di sé nei suoi “figli”, ma rivederlo in video, sentire la sua voce roca che legge i brani dei suoi autori preferiti, è stata una gradita emozione.

Don Giussani, il prete nato a Desio che ha scelto di dedicare la sua vita all’educazione dei giovani, sin dal giorno in cui chiese ed ottenne di poter insegnare nel liceo più laico di Milano, il liceo Berchet.
Un uomo che prima di altri aveva compreso che la nostra società stava avviandosi al declino, proprio perché era venuto meno l’impegno educativo, si era cancellato il passato come obsoleto, come se tutto quanto fosse appartenuto ai padri, fosse di per sé negativo.
Da allora, erano gli anni della contestazione giovanile, il “sessantotto”, si è fatto tabula rasa di tutto, contestando il nozionismo scolastico, i testi classici, la famiglia, la scuola, tutto quanto fosse autorevole, una contestazione che non ha portato a individuare gli errori, le lacune, le cose che potevano essere modificate, migliorate, ma ha portato all’abolizione totale di ogni cosa, azzerando la tradizione, ed è di questo “azzeramento” che ancora oggi paghiamo le conseguenze.

Di fatto, viviamo in un clima da post-sessantotto, anche se sono passati quasi quarant’anni, si sono create generazioni di persone incapaci di farsi carico della responsabilità educativa, incapaci di educare, perché a loro volta “non educati”. Adulti che hanno creduto o sperato, che educare corrispondesse a lasciare libero “l’educato” di seguire il suo sentire, i suoi umori, temendo che una qualsiasi proposta educativa corrispondesse ad una coercizione, ad una limitazione della libertà.
Si è finito così per crescere persone alle quali nessuno aveva mai indicato la vita, nessuno aveva mai indicato ciò che era bene e ciò che era male, e chi non sa non sa insegnare.

In questo panorama, la riedizione del libro “IL Rischio Educativo” e l’appello per l’educazione, firmato, da molte persone di diversa provenienza, ha posto l’accento su quella che è stata definita “emergenza educativa”, si è compreso che una società non può essere veramente libera, se è incapace di educare i giovani ad un giudizio, la libertà si sceglie, ma per scegliere bisogna avere la capacità di guardare la realtà e di giudicarla.
Sin dalla prima edizione degli anni Settanta il libro di don Giussani “Il Rischio educativo”, ha segnato in maniera decisiva tantissimi adulti e giovani, insegnanti e genitori, politici e docenti universitari, giornalisti e intellettuali, e oggi come allora rappresenta una continua sfida per chi ha compreso o anche solo intuito che l’educazione è la vera sfida del futuro. Il libro offre “un metodo”, indica cioè una strada da percorrere, in cui l’educatore non sia qualcuno che offre le proprie conoscenze all’educando, qualcuno che prende in considerazione solo alcuni particolari della vita di chi gli sta di fronte, ma colui che accompagna il giovane nella verifica personale di quanto ha ricevuto dalla propria tradizione, consapevole che il legame con la propria tradizione non significa accettarla passivamente, ma richiede che sia compresa sino in fondo, al punto se è il caso, di affermarla in modo diverso, la novità, infatti, nasce sempre dalla tradizione.
“Rischio educativo”, perché educare vuol dire assumersi il rischio, entrare in rapporto con la libertà di un altro, e quindi correre il rischio che chi è educato, il figlio, l’alunno, il giovane, scelga di non seguire quella via e prenda un’altra del tutto diversa.
Che molte persone abbiamo iniziato a parlare di educazione, di metodo, di tradizione, lascia ben sperare, perché per educare bisogna essere a nostra volta educati, capaci di fare un percorso, un cammino, capaci di guardare alla realtà tutta e di darne un giudizio.
Non sarà un cammino facile, ma il primo passo è quello di mettersi sulla via e di cominciare a guardare alla nostra storia per darne un giudizio.

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