Chi ha tradito? gli adulti alla Savater!
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Qui si parlerà del grande tradimento, quello degli adulti, in tema di educazione. Un’intera generazione di adulti è entrata in crisi: non ha più la capacità di educare i propri figli. Quello che Chesterton rimproverava ai pochi assertori di certe idee nuove, oggi, purtroppo, è diventato fenomeno di massa, e così è avvenuta questa cosa strana che non si era mai verificata prima, questo annaspare degli adulti, questa fuga dalle loro responsabilità.
Del resto, come si leggeva in un importante appello sull’educazione uscito in Italia lo scorso 17 novembre, “per anni dai nuovi pulpiti - scuole e università, giornali e televisioni - si è predicato che la libertà è assenza di legami e di storia, che si può diventare grandi senza appartenere a niente e a nessuno, seguendo semplicisticamente il proprio gusto o piacere”.
Sì, questo è stato veramente predicato, questo si predica ancora, questo è il nuovo verbo che ha guidato un’intera generazione di adulti.
Facciamo un esempio, citando uno dei grandi maestri, uno dei vati di questo pensiero, il filosofo Fernando Savater. Il testo di riferimento (un’opera divulgativa e di successo, cui si sono abbeverati genitori “moderni” e “aperti”) è Etica per un figlio: come dice il titolo, il padre-filosofo cerca di spiegare al proprio figlio come fare a vivere una vita degna e virtuosa. Insomma, prova a rispondere proprio alla domanda che poneva Chesterton. E noi proveremo a seguire i suoi ragionamenti.
Bene, per prima cosa Savater sostiene che gli uomini agiscono di solito per tre motivi: per eseguire un ordine, per abitudine, per capriccio. Noteremo subito che qui si opera una grave riduzione, perché viene di proposito eliminato l’aspetto interiore, spirituale dell’uomo, quello del cuore, quello dove si gioca la libertà, quello che non ha niente a che vedere con abitudini, ordini o capricci, ma che semmai ha a che vedere con l’amore. Operata questa riduzione, Savater ha gioco facile nel dire che quei tre motivi sono tutti imperfetti. Va da sé che l’obbedienza e la dipendenza da qualcuno sono un atteggiamento da bambini, piccoli e immaturi, mentre l’uomo adulto si caratterizzerebbe per il fatto che da solo “è capace di inventare la propria vita”.
Savater è così il profeta di un tipo umano svincolato da ogni legame, autonomo e autosufficiente, profondamente individualista ed egocentrico, seguace del proprio volere come di un assoluto. Il corollario è ovvio: nessuna legge morale (che sia più o meno divina) può fissare dall’esterno all’uomo limiti o doveri. Tutto è lasciato alla responsabilità dell’individuo, che, di caso in caso, dopo “aver pensato almeno due volte a quello che facciamo”, deciderà cosa è bene fare o cosa è bene non fare. Non esiste una morale, un’etica di riferimento, un binario per il treno. La morale è qualcosa di continuamente cangiante, qualcosa che va contrattato di volta in volta.
Fin qui la pars destruens. I guai arrivano nella pars costruens, dove finalmente il padre-filosofo dovrebbe dire al figlio qualcosa di concreto. E qui casca l’asino e il buio più completo avvolge il ragionamento. Alla domanda su cosa serva “per essere buono”, Savater ammette che non è facile rispondere e alla fine non risponde affatto. Le definizioni di bene e male non sono facili, “perché gi esseri umani non sappiamo a cosa servono”. Non solo: “non è facile neanche determinare le caratteristiche di una singola virtù”. E più avanti si legge: “non c’è una regola unica per essere un buon essere umano e l’uomo non è uno strumento per fare qualcosa”.
Un’ammissione di annaspamento totale, presentata col sorriso sulle labbra! Non c’è più un punto di riferimento stabile, e l’uomo è costretto a vagare nel nulla. Potremmo tradurre il ragionamento di Savater così: “Figlio caro, tutta la nostra scienza, tutta la nostra filosofia è servita per giungere a questa conclusione: l’uomo non sappiamo a cosa serve. Il bene, il male, la giustizia, l’ingiustizia… tutto cambia, tutto è vero e falso allo stesso tempo. Ti troverai a vivere, purtroppo, in mezzo ad altra gente, i circostanze che ti condizionano… inventati la strada migliore e vai avanti senza guardare in faccia nessuno. Evita, se possibile, di fare del male agli altri, e buona fortuna!”. A questo punto andatevi a rileggere la domanda di Chesterton e poi diteci se non avevamo ragione.
Come può educare, un adulto, se non è possibile stabilire cosa è buono e cosa non lo è? Come può imparare un ragazzo, se non vi è alcuna esperienza da ricevere, se non vi è alcun patrimonio di saggezza al quale attingere? Come sarà possibile insegnare la suprema libertà interiore, che si conquista lottando contro il limite, se in fondo in fondo non vi è alcun limite?
Gli intellettuali alla Savater sono i veri responsabili dello scempio che è sotto gli occhi di tutti, della crisi del mondo adulto di fronte alle nuove generazioni. Gli adulti che hanno seguito i Savater sono i veri traditori, magari, anzi certamente in buona fede.
Al giovane ricco che gli chiese cosa dovesse fare per avere la vita eterna (quindi per essere veramente buono), Gesù rispose che solo Dio è buono, e poi gli propose “lascia tutto e seguimi”. Savater, fosse stato presente alla scena, avrebbe arricciato il naso, e avrebbe giudicato superato o inadeguato il metodo educativo di quell’uomo.