Educazione è libertà
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La Georgetown University di Washington DC ha ospitato il convegno su The Risk of Education. La cronaca di due giorni di dialoghi tra cinquanta professori universitari
La maggior parte dei visitatori che sono arrivati a Washington DC nel primo weekend di aprile sono venuti per ammirare la fioritura dei ciliegi allineati sul National Mall. Ma i cinquanta teologi, filosofi ed educatori radunati al centro conferenze della Georgetown University sono convenuti qui con un altro scopo: quello di piantare un seme, il pensiero di Giussani, nel terreno del contesto educativo americano.
David Schindler ha dato il benvenuto al gruppo di intellettuali che rappresentavano una vasta gamma di tradizioni cristiane e di università degli Stati Uniti, del Canada e dell'Europa, testimoniando il proprio entusiasmo per l'evento; poi ha letto il messaggio di saluto alla conferenza stilato personalmente da don Giussani. Schindler ha poi introdotto Stanley Hauerwas, il primo dei tre oratori che hanno presentato una relazione su Il rischio educativo.
Serio studioso e critico formidabile
Definito "il miglior teologo d'America" dal Time Magazine nel 2001 e insignito del Gifford Lecturer (una sorta di "premio Nobel" per la filosofia, la teologia naturale e la religione), Hauerwas, teologo dell'Unione metodista, ha una salda reputazione di serio studioso e critico formidabile. Così, il suo sincero entusiasmo per il pensiero di Giussani non è cosa da prendersi alla leggera. Brillante e concreto, jeans e accento texano, Hauerwas ha introdotto il suo intervento dichiarando di essere «fondamentalmente in sintonia» con i temi de Il rischio educativo: «Non mi resta altro da dire se non: "Vorrei aver detto io quelle cose"».
Ponendo l'accento sull'ambiente universitario, Hauerwas ha sottolineato molti dei punti centrali nella concezione di educazione di Giussani, a partire dall'efficacia della correzione. «Non si può separare ciò che si conosce dal come si è arrivati a conoscerlo.
Tutta l'educazione - ha ribadito - è educazione morale… in particolare i corsi non pensati come corsi "etici"». Richiamando le parole di Giussani, ha individuato il problema dell'educazione nella «presunzione che la parte "cristiana" dell'educazione non avesse a che fare con la "verità"». Così la religione è stata sempre più relegata alla sfera individuale, fino al punto di rendere superflua la necessità della mediazione della Chiesa.
Dopo questa introduzione, Hauerwas ha parlato della necessità che l'educazione abbia una espressione, una dimensione di "materialità" nella vita quotidiana, e che abbracci la totalità della vita. Come scrive Giussani, l'educazione cristiana va oltre la semplice ricomposizione della divisione presente nell'attuale contesto educativo (in cui gli studenti saltano da una materia all'altra senza essere aiutati a coglierne il significato), per diventare proposta di strutture e culture alternative. Continua Hauerwas: «Giussani propone una tesi ancora più incisiva di quella di MacIntyre» riguardo al fatto che l'insegnamento della fisica, dell'economia, della storia cambia se affrontato a partire dalla concezione cristiana.
L'esperienza: punto centrale
È seguita una intensa discussione, vivacizzata dai commenti di Paul Griffiths sul contesto istituzionale e sull'importanza attribuita da Giussani all'esperienza. Proprio l'"esperienza" rappresenterà il punto centrale del dibattito durante tutta la conferenza. Fin dall'inizio l'insistenza di Giussani sull'esperienza è stata ripetutamente percepita col timore di una riduzione soggettiva, in cui il giudizio dell'individuo scavalchi la tradizione. Questa preoccupazione è emersa tra gli studiosi partecipanti, soprattutto nell'interrogativo posto su come sia possibile vivere la proposta educativa di Giussani in un ambiente laico.
La discussione, proseguita anche dopo cena, è stata particolarmente brillante, sia sotto l'aspetto intellettuale sia per la sua profondità umana. Durante tutta la conferenza, infatti, si è percepita un'evidente amicizia nel modo in cui si mettevano in comune le osservazioni, non con un atteggiamento di superficiale tolleranza verso il pensiero altrui, ma come compagni di viaggio impegnati a comprendere Giussani, il nostro contesto e noi stessi. Invece di tornare in camera o di uscire a fare due passi nei dintorni, molti hanno preferito trascorrere insieme anche la serata. Dai bagagliai delle macchine e dalle camere dell'albergo sono spuntate le chitarre, e le note appassionate dei canti popolari americani si sono diffuse per le sale del centro conferenze.
La mattina seguente Sua Eccellenza monsignor Angelo Scola ha presentato in videoconferenza il suo intervento, che riprendeva e sviluppava le tematiche dell'esperienza. Nell'introdurre la discussione, Michael Waldstein ha sottolineato il fondamento oggettivo sul quale Giussani si basa per sottolineare l'importanza dell'esperienza nel processo educativo. Così il significato di «esperienza elementare», il processo di «verifica» e l'importanza di una «ipotesi educativa unificante», tutti temi centrali de Il rischio educativo, sono diventati, accanto all'«esperienza», oggetto delle riflessioni nella sessione mattutina del convegno.
Jay Carter e Katherine Tillman
È intervenuto, tra gli altri, Jay Carter, studioso della tradizione letteraria dei cristiani di colore come Harriet Jacobs o Frederick Douglass. Carter, provocato dall'insistenza di Giussani sull'esperienza, ne ha evidenziato le implicazioni per la comprensione dell'esperienza dei negri americani. «C'è un modo, a partire dall'aspetto fenomenologico dell'esperienza, di arrivare a una comprensione dogmatica dell'esperienza stessa». Questa ipotesi viene illuminata dall'oggettività dell'esperienza proposta da Giussani (forse non a caso nel weekend in cui cade l'anniversario dell'assassinio di Martin Luther King, Jr.).
Con grande grazia, intelligenza e attenzione, Katherine Tillman, autorevole studiosa dell'opera del cardinale Newman, è intervenuta nel pomeriggio tracciando paralleli tra il grande cardinale e don Giussani. Attraverso le numerose e commoventi citazioni dalle rispettive opere, la Tillman ha illustrato l'impressionante sintonia esistente tra le due figure, concentrando le proprie osservazioni sul tema della tradizione e dell'influenza personale dell'insegnante. I temi della tradizione e dell'amicizia sono stati così oggetto del dibattito nella successiva discussione. Patricia Alexander, docente di Psicologia pedagogica in corsi di formazione degli insegnanti, è intervenuta con fervore e sincerità. «Voglio che parliamo di ciò che dice Giussani e di come può contribuire all'educazione dei giovani di domani. Io voglio essere il tipo di insegnante di cui si parla in queste pagine. Ma voi dovete aiutarmi». La Tillman ha concluso la sessione nello stesso modo in cui chiude i seminari che organizza per i suoi studenti universitari su dei libri particolarmente significativi, proponendo e sollecitando domande che restano aperte e che indicano il bisogno di proseguire il dialogo.
Due testimonianze per concludere
Dopo ore di vivace dibattito e la tavola rotonda conclusiva, tutti sono stati invitati a partecipare liberamente alla discussione finale con altri due oratori: Tom Tobin, insegnante nella scuola superiore pubblica, e Holly Peterson, autrice di una tesi di dottorato sulle implicazioni del pensiero di Giussani rispetto alla riforma scolastica negli Stati Uniti. Anche dopo due giornate di discussioni apparentemente interminabili, i partecipanti sono affluiti numerosi nella sala conferenze, dove erano rimasti solo posti in piedi, per sentire la testimonianza di questi due insegnanti che hanno raccontato come cercano di vivere "in prima linea" la proposta educativa di Giussani. Parlando in particolare dell'opera educativa in un ambiente laico, Tobin ha descritto la coscienza e la tensione dell'insegnante nei confronti del metodo educativo proposto da Giussani, sottolineando come questa attenzione è possibile per lui attraverso un'amicizia con altri insegnanti con i quali si ritrova settimanalmente per leggere e discutere Il rischio educativo. Gli interventi dei due insegnanti hanno suscitato un entusiastico fiume di domande, tanto che il moderatore è stato costretto a intervenire interrompendo il dibattito e mandando tutti a cena.
Bellezza e drammaticità della musica
Come si può immaginare, la discussione è proseguita dopo cena, spenta solo dallo stupore davanti alla bellezza e alla drammaticità della musica di Bach, Schubert e Rachmaninov, interpretata al pianoforte dal maestro Christopher Vath, che ha riempito la sala da pranzo.
Concludendo il convegno, Schindler ha espresso la sua gratitudine a don Giussani: «Il rischio educativo è una presenza tra di noi che è essa stessa un evento, la cui profondità ha determinato la qualità della nostra discussione e un'ulteriore partecipazione all'evento stesso». Bellezza e gratitudine: un finale appropriato per un weekend contrassegnato dalla testimonianza resa alla profondità della proposta educativa di Giussani, e una fioritura di pensiero e implicazioni per l'America che durerà nel tempo, anche quando i boccioli dei ciliegi saranno caduti dai rami.
Caro Professor David L. Schindler,
il vostro convegno si svolge in giorni drammatici per il destino del mondo. Per questo innanzitutto vi devo dire che partecipo alla vicenda che coinvolge specialmente il vostro popolo. La storia americana per me è la testimonianza di una positività dell'esistenza che è di esempio a tutto il mondo. La vostra storia insegna che l'impeto di libertà che è in ciascuno - e dal quale sono nati gli Stati Uniti d'America -, se è bene educato, diventa fattore che rende più umana la società, aprendo possibilità di bene per tutti. Per cui una società che non si preoccupa dell'educazione dei suoi giovani si condanna a un futuro negativo, cinico e violento, cioè senza speranza.
Sono gratissimo che abbiate scelto l'educazione come tema del vostro dialogo. Ad essa ho dedicato tutta la mia vita, e sono certo di non avere perduto tempo. Solo attraverso l'educazione la libertà del giovane (e dell'adulto, dal momento che l'educazione non riguarda un'età della vita, ma è un cammino che impegna tutta l'esistenza di un uomo) si compie come responsabilità, di fronte alle scelte che la vita impone, specialmente in momenti della storia decisivi come questo.
Quando iniziai la prima lezione di scuola quasi cinquant'anni fa dissi ai miei studenti che non volevo imporre loro le mie idee, ma insegnare loro un metodo per giudicare quello che avrei detto, così che essi fossero veramente liberi.
Ora noi vi offriamo con umiltà la nostra esperienza vissuta, nella speranza che essa possa offrire spunti di riflessione a chi tra voi si interroga sul futuro dell'educazione in America. Sappiamo il grande compito storico che il vostro Paese ha per tutto il mondo e per questo ci sentiamo vicini a voi, desiderando condividere con voi il drammatico cammino verso il futuro, quasi domandando di portare sulle nostre fragili spalle un poco della vostra responsabilità.
Desideroso di conoscere gli esiti del vostro dialogo, e addolorato per non potere essere con voi in questi giorni, domando a Dio Padre che benedica e sostenga il vostro difficile lavoro, che per me rimane il più bello del mondo: educare.
Luigi Giussani
Milano, 4 aprile 2003