Scuola: Emergenza stranieri
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L'appello - che sarà inviato al Ministro della Pubblica Istruzione, al Direttore dell'Ufficio Scolastico Regionale e al Dirigente dell'Ufficio Scolastico Provinciale - sottolinea un problema che si sta facendo sempre più pressante in tutte le scuole italiane di ogni ordine e grado.
Da più parti genitori e insegnanti, raccontano i disagi da affrontare quotidianamente, classi in cui sono stati inseriti, spesso senza alcun criterio, bambini stranieri che non conoscono la lingua e che pertanto non sono in grado di seguire le lezioni, classi dove vengono inseriti bambini di nazionalità differenti in numero talmente elevato che diventa difficile tenere conto delle varie difficoltà linguistiche e delle necessità di tutti i bambini stranieri e italiani.
Purtroppo, queste denunce vengono spesso, scambiate per incapacità di adeguarsi alla nuova realtà da parte di insegnanti e genitori, o come una reazione di diffidenza verso gli stranieri.
Per capire come stanno le cose abbiamo intervistato Mariella Ferrante presidente di DIESSE LOMBARDIA.
1. Qual è la situazione oggi in Italia?
Nelle scuole italiane, in particolare nelle regioni settentrionali, la presenza degli studenti stranieri è in aumento; è il 4,8 dei frequentanti pari a 424.683. (Più analiticamente: 5,0% pari a 81.577 nella scuola dell'infanzia; 6,0 % nella scuola primaria pari a 164.177; 5,5 % nella scuola secondaria di I grado pari a 96.611 studenti; 3,1 % nelle scuole superiori pari ad 82.318 studenti). A fronte di questa percentuale di studenti stranieri, il livello di bocciatura tocca alle superiori il 25 % degli studenti bocciati. Questa situazione è giudicata dagli insegnanti di Diesse Lombardia grave perché da una parte si garantisce l'iscrizione nella scuola a tutti - e ciò è giusto -, ma nei confronti degli studenti stranieri di prima immigrazione, senza quindi nessuna conoscenza della lingua, non sempre ci sono le risorse umane ed economiche e la libertà di iniziativa per poter garantire una proposta formativa adeguata. Non basta iscrivere gli studenti a scuola - italiani o stranieri che siano - occorre che il corpo docente della scuola sia messo nelle condizioni di proporre percorsi personalizzati perché ognuno possa frequentare la scuola con successo.
2. Come mai avete avvertito la necessità di un "appello" alle autorità?
Nella convinzione che questa situazione sia un ulteriore aspetto di quella "emergenza educazione" più volte segnalata dalle associazioni - Diesse, Disal e Foe - iscritte alla Compagnia delle Opere, nella riaffermazione dell'educazione quale risorsa fondamentale della persona, non chiediamo allo stato di trovare le soluzioni didattiche, culturali, ecc. che spettano al corpo docente ma di modificare alcuni elementi normativi alla luce della nuova situazione.
Occorre infatti che sia reso possibile un esercizio di reale autonomia nella scuola per poter organizzare il lavoro scolastico anche in modi diversi da quelli tradizionali, basati sulla classe come unità stabile didattica, e per poter realizzare una reale collaborazione con altre agenzie formative operanti sul territorio.
2. Non temete che il vostro atteggiamento sia scambiato per una mancanza di apertura alla nuova realtà che la scuola italiana si trova ad affrontare?
Le molte esperienze di docenti di Diesse Lombardia che da tempo si occupano con il massimo disponibilità in progetti di accoglienza di studenti stranieri nelle scuole della Lombardia testimoniamo proprio l'opposto. L'appello nasce proprio da chi tutti i giorni si fa carico di una proposta agli studenti stranieri e che proprio per questo vuole essere messo nelle condizioni per operare al meglio. L'inserimento automatico nelle classi è un modo con cui lo stato ancora una volta invece di "guardare" alle esperienze in atto e valorizzarle e garantirle nella loro efficacia, afferma che l'unica soluzione possibile alla domanda di formazione e di educazione è l'estensione indifferenziata di un diritto. Noi invece diciamo che proprio per garantire a tutti il diritto alla formazione occorre poter tener conto delle differenze e quindi articolare in modo adeguato la proposta formativa.
3. Che cosa chiedete nell'Appello?
Chiediamo:
- di stabilire i livelli minimi di conoscenza della lingua italiana per i diversi livelli scolastici;
- di definire norme per un'equa distribuzione degli studenti stranieri tra le scuole;
- di stabilire una data, rispettosa del lavoro già svolto nelle classi con gli altri studenti, oltre la quale non sia più possibile l'inserimento immediato e diretto nelle classi;
- di attivare sul territorio corsi intensivi di prima alfabetizzazione per una proficua frequenza dell'anno scolastico successivo alla data suddetta;
- di destinare alle scuole autonome risorse finanziarie ed umane per l'avvio di laboratori di lingua italiana con programmi personalizzati per livelli di conoscenza della lingua italiana.
4. Che ruolo giocano le famiglie nell'integrazione dei bambini stranieri?
Certamente molto importante. Qui però va indicato un altro problema. In molti casi i genitori, ed in particolare le madri che hanno il compito della cura dei figli, non conoscono la lingua italiana. Molti docenti si sono fatti promotori - partire dal rapporto stabilito con la famiglia per seguire i figli - di corsi di alfabetizzazione linguistica ed anche di conoscenza della tradizione del paese che li ospita.
5. Diesse cosa sta facendo per andare in aiuto degli insegnanti e delle famiglie che si trovano ad affrontare questa nuova realtà?
Diesse - essendo un'associazione professionale - interviene soprattutto con un aiuto ed un sostegno al lavoro degli insegnanti con uno sportello presso le sedi dell'associazione e con corsi.
E' di prossima pubblicazione un numero speciale della rivista Linea tempo dedicato ad un corso che si è tenuto da parte di Diesse in tre momenti (Bertinoro-Forlì, Pescara, Gazzada-Varese). Il numero raccoglie già alcune esperienze interessanti; altre sono disponibili presso la sede di Diesse Lombardia in Via Pegolesi 8 a Milano.
Occorre infatti una rinnovata preparazione culturale da parte degli insegnanti, perché non è possibile un rapporto con i propri studenti stranieri senza avere una qualche conoscenza del mondo culturale, politico, ecc. da cui provengono.
Come si fa a progettare una proposta formativa per studenti cinesi, arabi, o altro senza chiedersi quale è il mondo di valori e di significati, quali gli usi e costumi che caratterizzano la loro identità?
Occorre qui superare un pregiudizio diffuso: molti, che pure si sono coinvolti generosamente con la presenza degli studenti stranieri, non si impegnano a voler conoscere il mondo da cui essi provengono perché convinti della "neutralità" della scuola, come se potesse esistere un "abito neutro" che la persona indossa nel momento in cui varca la scuola in cui si trova ad essere iscritto. Questo atteggiamento (che naturalmente riguarda anche il rapporto con gli studenti italiani) è una sopravvivenza dell'astratta concezione educativa illuministica che mirava alla formazione dell'uomo universale, del cittadino del mondo attraverso il superamento di ogni appartenenza.
Oggi questa concezione spesso si coniuga con l'affermazione "buonista" del rispetto di tutte le culture, inteso come il rifiuto di entrare nel merito delle differenze identitarie (il che implica una illusoria equivalenza delle stesse in nome del relativismo) sottolineando l'esigenza di puntare su ciò che unisce (le abilità e le capacità umane) e tralasciare ciò che per definizione divide (perché le culture identitarie sono concepite solo come fattori limitanti l'apertura umana e culturale).
Questa concezione si condanna alla incomprensione delle effettive differenze tra le diverse culture, e, nella sua preoccupazione di relativizzare le diverse identità, diventa incapace di comprendere la specificità dei diversi contesti di riferimento e quindi delle reali influenze culturali sui soggetti impegnati nel processo educativo.