L’ora di lezione: un’epifania del cuore 3 – La lezione come avventura
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6) Il maestro è sempre di più di quello che dice. Egli insegna, fa venir fuori il ragazzo a se stesso e lo conduce verso il reale. Il maestro non solo consegna delle conoscenze, ma anche un’ipotesi esplicativa della totalità del reale, che egli stesso ha imparato da altri maestri. Questa ipotesi è sempre una certezza ideale, verificata personalmente dentro l’esperienza. Il maestro ha ricevuto in dono dei preziosi “occhiali” per vedere meglio il reale, condivide con gli alunni tale dono, crea le condizioni, affinché, durante l’ora di lezione, in essi sia risvegliata la domanda di bene, di vero, di bello e di giusto costitutiva del loro io. Mi è successo d’incontrare una ex-alunna diventata mosaicista; un giorno mi ha mostrato nel laboratorio le bozze della figura di un’opera a cui stava lavorando; intorno c’erano diverse ciotole in cui erano contenute tessere dagli straordinari colori, che sarebbero servite per comporre il mosaico. A se stanti, le tessere erano bellissime, posate nel disegno della mia ex-alunna acquistavano uno splendore ed un’armonia più complete, perché la mia amica aveva l’ipotesi, l’idea, la visione della totalità della figura destinata a comporsi.
Così accade per le ore di lezione: esse sono tutte frammenti, tessere sparse di una sapienza che desideriamo consegnare ai nostri alunni; loro, inizialmente, vedono solo qualche lettera del complesso e misterioso cruciverba di cui consiste la nostra disciplina; ma noi abbiamo la chiave o la colla capaci di aprire e di mettere insieme tutti i tasselli del nostro sapere e sappiamo condurre quindi i ragazzi pazientemente e tenacemente verso “un paese nuovo” che riempirà il loro cuore di soddisfazione, perché riusciamo ad “ ... aprire la finestra nella parete di fondo…”.
“… solo Cristo nella “Vocazione di S Matteo” di Caravaggio può provocare l’io di Matteo nella taverna buia, ridestandolo alla vita. L’educatore, imitando il gesto di Cristo, rimanda ad un ideale che trascende la sua persona. L’educatore indica il mistero del mondo mostrandolo tramite un particolare: la sua disciplina (la lezione). Pro – voca (chiama per, a favore di…) facendo vedere…. Vorrei aiutare gli altri a vedere con gli occhi nuovi; provate a pensare che in una camera buia ci sia un quadro. Solo con studi chimici si può provare la raffinatezza dei colori, o con una documentazione storica si può provare che esso è l’opera di uno straordinario maestro del colore. Si può anche aprire una finestra nella parete di fondo ed ecco entra la luce e i colori brillano. Allora non serve più alcuna dimostrazione. Si vede...” (Romano Guardini)
7) Perciò la lezione è un’avventura che ricomincia ogni giorno: la nostra l’umanità è chiamata ogni giorno ad “aprire la finestra” sul vasto orizzonte del reale, facendo lezioni che siano attraversate dal nostro io, perché educare significa “ospitare l’alunno nella propria vita” (Luigi Giussani). L’umanità del maestro è impegnata ogni istante a trovare risposta alle “proprie umane esigenze”, così da poterle far emergere dal tu del discepolo. La realtà interpella ogni momento il nostro cuore, la nostra ragione a fare i conti con essa, con gli sguardi curiosi o rattrappiti dei ragazzi, con la tensione a ridestare in noi stessi lo stupore dell’inizio, quello del primo giorno in cui abbiamo varcato la soglia di una classe; senza tale stupore, senza questo rischio che ricomincia ogni giorno, la lezione non è né avventura né avvenimento, né epifania del cuore: diventa rito monotono, noia doverosa, performance più o meno efficiente, dove tuttavia non accade il vero nocciolo della lezione: un incontro che svela l’anima, desta la ragione, sollecita il cuore, muove il corpo ad introdursi con impeto dentro la totalità del reale, per trovare tenacemente risposta al proprio desiderio di felicità.