Passione alla ragionevolezza: l'università e la cattedrale
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Tradizione di che cosa? Del senso della vita, della realtà, quindi del significato di tutto quello che studiamo, apprendiamo.

Parlando in classe della nascita delle università, ho ricordato che esse sono sorte dall’esperienza delle scuole delle cattedrali e delle scuole monastiche. Nel Medioevo vicino alle università c’era la cattedrale, il luogo della memoria della verità e della tradizione.
Tradizione di che cosa? Del senso della vita, della realtà, quindi del significato di tutto quello che studiamo, apprendiamo. Nel Medioevo lo studente andava a scuola, all’università portando con sé un’ipotesi di significato da verificare in tutto quello che studiava, imparava, viveva e la stessa cosa succedeva agli insegnanti.
Oggi sembra che la tradizione non esista più, anzi è odiata, combattuta, considerata un “ferro vecchio” che non serve più a nulla, nemica della scienza e del sapere, incapace di dare un senso alla vita. E’ quello che devono aver pensato i giorni scorsi alcuni docenti e studenti della “Sapienza”: “Sappiamo già cosa dirà il Papa, è roba vecchia, sorpassata, non ha nulla a che vedere con la ricerca scientifica, non la vogliamo sentire!”
Il Papa, rendendo pubblico il discorso che avrebbe voluto tenere ai docenti e agli studenti della “Sapienza”, ha sorpreso tutti, per la novità del suo approccio al problema ragione-fede, in particolare ha sottolineato che ciò che rende interessante, vivo, gustoso il sapere, lo studio, la fatica dell’apprendimento, è la proposta e la verifica di una ipotesi di significato, è la ricerca della verità. E’ assurdo, oltre che noioso, studiare delle nozioni, dei contenuti che non si sa perché dovrebbero essere studiati, che non c’entrano con i grandi desideri e le grandi domande che rendono inquieto il nostro cuore. Ma non è questo clima di noia quello che oggi si respira quotidianamente in tante aule scolastiche e universitarie? Il Papa ha dunque indicato come esse possano tornare ad essere luoghi di vita, di ricerca e di scoperta.
Per superare quella che il don Gius chiamava: “orgogliosa disperazione della debolezza” occorrono dunque persone appassionate alla ragione, alla ragionevolezza della vita, alla loro esperienza umana, che fanno “quello che piace di più all’intelligenza, - dice ancora il don Gius - perché l’intelligenza è la porta del gusto e perciò della gioia”. L’intelligenza di cui parla il Papa è la porta del gusto e della gioia: nelle aule scolastiche, nell’esperienza quotidiana dobbiamo cercare, con decisione, ciò che ci pare più intelligente, più capace di darci la gioia, questa è l’unica posizione umana vera.