Ricominciamo dallo stupore - 4 - La bellezza come splendore del vero
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- Tutti i docenti, in alleanza con le famiglie, vigilino attentamente sugli strumenti effimeri del sogno, che potrebbero strappare i discepoli fuori dalla realtà in cui ogni giorno cercano d’introdurli. In particolare, la vigilanza sia stretta sull’uso del cosiddetto tempo libero, perché è in questa terra di nessuno (in cui il ragazzo è spesso in preda alla solitudine), che il pifferaio magico attacca, dicendo “prova…che male c’è…”: che sia un film, una pubblicità televisiva, una modalità insistita e invasiva di internet o del cellulare, della playstation.
- Il metodo è sempre lo stesso. Non si tratta cioè di trovare strumenti più efficaci per contrastare questa devastante cultura relativistica dell’effimero e della soggettività istintiva, di cui i ragazzi possono essere preda; né di affinare criticamente la didattica, affinché non resti flatus vocis. E’ importante chiedersi: “che fare?”. Ma questo presuppone riflettere su quale sguardo abbiamo noi sul reale, con quale desiderio lo viviamo. Quindi il primo vero impegno è quello di fare un’intensa e continua esperienza di unità di rapporto e di giudizio tra gli educatori, così da riuscire a non far penetrare, nel contesto del proprio lavoro educativo, il benché minimo sospetto che esso non c’entri con il reale: quello che noi insegniamo, quello che di bello, vero e giusto cerchiamo di comunicare, ha uno stretto legame con noi, con la vita di tutti i giorni e con le esigenze della facce dei ragazzi che abbiamo di fronte. Poi, se ci si accorge che Dante, Omero, Leopardi, Caravaggio, Galileo, Van Gogh, Manzoni, Montale, lo spiritual ed il blues, il mosaico e l’icona, Parsifal e don Chisciotte vengono erosi dall’attacco sistematico ed invadente dell’effimero e del sogno che arriva a toccare la ragione ed il cuore del ragazzo che cerchi d’introdurre alla realtà, proponendo “la bellezza come splendore del vero”, allora:
a) sii realista, cioè fai più attenzione al tipo umano di adolescente che hai di fronte che è certo diverso da quello che arrivava in classe qualche anno fa, nel senso che forse è diventato una vittima e una preda più facile per questa società del sogno e dell’edonismo;
b) cerca di conoscerlo, cerca di capire cosa gli sta accadendo non solo in classe, ma anche fuori di scuola, che cosa fa nel tempo libero, cerca di comprendere le sue solitudini, il suo impaccio nel muoversi nel mondo cercando, spesso disperatamente, qualcuno che gli dica “tu”;
c) adatta, modifica i contenuti della tradizione didattica della tua disciplina in modo da comunicarli dentro il vissuto presente: cioè leggi i segni di questa cultura dell’evasione che ci circonda, osserva quel ragazzo che hai davanti, con quella sua ragione debole, con quel suo istinto sempre più acceso, con quel cuore bisognoso di compagnia adulta vera, di un’appartenenza a rapporti veri. Così insegni in modo sempre “nuovo”, perché la didattica è attraversata dalla tua attenzione verso il discepolo e dalla passione con cui vivi il reale;
d) non lasciare mai il ragazzo senza un giudizio sulle cose, sulla drammaticità o sulla positività della vita. Con l’aiuto dei colleghi e dei genitori, rifletti sull’esperienza che il discepolo vive oggi, guarda alla tua esperienza, poi “valuta tutto e trattieni ciò che è buono” (San Paolo);
e) in questo modo Omero, Dante, Leopardi... sono riconsegnati, raccontati e ridiventano oggetto di uno sguardo curioso e di uno stupore imprevisto da parte del discepolo.
Nel febbraio del 1943, qualche giorno prima di essere ghigliottinato, insieme ad Hans e Sophie Scholl, perché membro attivo della Resistenza antinazista del gruppo de “La Rosa Bianca”, così scriveva in una lettera alla giovane moglie, Christoph Probst:
“…sulla vita degli uomini aleggia una sorta di splendore. Solo che gli uomini non si accorgono, tranne qualche volta, nei ricordi. Senza questo splendore la vita sarebbe del tutto impossibile. Grazie a Dio il più delle volte riconosco il senso della vita, quanto essa sia naturale e bella e allora riesco ad essere felice e a fare la mia parte come si deve...”