Fede e ragione: le due ali per la verità. Implicazioni educative
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Pubblichiamo le linee fondamentali dell'intervento di Don Gino Oliosi al Corso di Aggiornamento per Insegnanti di Religione Cattolica, che si svolge in questi giorni a Milano.
All’inizio del terzo millennio, il cristianesimo si trova, proprio nel luogo della sua originaria diffusione, in Europa soprattutto, ma in parte anche in Italia dove svolgiamo il compito educativo di Insegnare religione oggi, in una crisi profonda, derivante dalla sua pretesa di verità per cui una fede pienamente accolta, vissuta e pensata diventa anche cultura, gioia di divenire quello che si è, garantendo lo sviluppo di tutte le dimensioni di ogni individuo fino alla realizzazione integrale a livello personale e civile: questo è l’orizzonte della scuola che introducendo alla realtà totale come ipotesi,come libera proposta, muove, educa!
Questo travaglio e questa crisi ha una duplice dimensione:
- Prima dimensione dell’attuale travaglio la sfiducia riguardo alla possibilità, per l’uomo, di conoscere la verità su Dio e sulle cose divine e quindi sul senso globale, definitivo, pienamente realizzato della vita in risposta alle domande fondamentali “chi sono? Da dove vengo e dove vado? Perché la presenza del male? cosa ci sarà dopo questa vita?” Il cardinale Angelo Scola, parlando a Lugano - Trevano il 24 ottobre 2007, osservava che altre sono oggi le domande che emergono da cui partire a livello educativo: “Che cosa mi dà alla fine voglia di vivere? Perché ne vale la pena? Ed io chi sono? Qualcuno mi ama al punto di assicurarmi che questa voglia di vivere non si infrangerà di fronte al nulla, neppure di fronte alla morte? Domande come queste per tutta la modernità, fino alla metà del secolo scorso, vivevano relegate in letteratura o venivano addirittura negate da parte dei saperi filosofici come domande non pertinenti, che non dovevano essere nemmeno poste (Comte). Negli ultimi decenni, e con una forte accelerazione dopo il crollo dei muri, tali questioni sono esplose nella vita personale e sociale di noi contemporanei con una forza del tutto inedita, mettendo in moto una inedita ricerca spasmodica di felicità (c’è chi ha proposto, in vista delle elezioni, come programma politico la felicità) e destando energie di libertà prima impensate. Basti pensare all’ambito delle scienze bio - mediche, politiche in cui per la prima volta queste domande si sono imposte in maniera diretta ed esplicita, non più mediate dalla filosofia e dalla teologia. L’uomo post - moderno non intende in alcun modo rinunciare al desiderio in tutta la sua ampiezza (felicità) e all’impiego di tutta la sua libertà per realizzarlo. Le categorie di felicità e libertà hanno soppiantato in classifica quella moderne di verità e ragione (la Dea Ragione). Ora Gesù a più riprese fa esplicitamente leva sul senso religioso cioè proprio sul desiderio di infinito, originario in ogni io, e sulla libertà come sui due fattori chiave per proporre agli uomini il Suo Vangelo: Se vuoi essere compiuto” (Mt 19,21) “Sarete liberi davvero” (Gv 8,36). Questa straordinaria coincidenza tra annuncio cristiano e anelito dell’uomo di oggi che vive però dentro un inedito e drammatico travaglio. Del tutto estranei ad irenismi ingenui, pragmatisti, superficiali, come cristiani siamo ben consapevoli di quanti sentieri interrotti, segnati dal relativismo e nichilismo, percorrano il desiderio e la libertà dell’uomo post - moderno. Non c’è aspetto della stessa esperienza elementare dell’uomo, legato al suo essere uno di anima - corpo, di uomo - donna e di individuo comunità, che non appaia come “terremotato”. Faccio spesso - continua il Cardinale - questo esempio: l’uomo post - moderno, cioè noi, è come un pugile che barcolla dopo aver ricevuto un duro colpo. Non si deve misconoscere che le nuove istanze cui mi sono riferito sono oggi spesso in balia della fragilità, della confusione o della contraddittorietà. Tuttavia non sono più censurate o negate. Per questo a me pare - conclude il cardinale - che l’epoca che stiamo vivendo debba essere interpretata più che con la categoria di crisi (che come dice l’etimo della parola si rifà al giudizio e perciò all’ideologia) con quella di travaglio (che descrive uno squilibrio esistenziale). Violente e dolorose sono le contrazioni e le doglie, ma restano attraversate dalla prospettiva gioiosa del parto”. Se il nostro sguardo sulla realtà esistenziale anche di oggi è illuminata dal senso religioso e dalla fede nella presenza ininterrotta della Persona del risorto che opera con il suo Spirito anche oggi sotto lo sguardo di Dio Padre che vede e provvede con una onnipotenza più grande di tutti i nostri problemi, mette noi cristiani, insegnanti cattolici di religione oggi e a fortori noi come insegnati - educatori, davanti ad una enorme ed esaltante responsabilità educativa nella scuola. E il Papa, al Convegno della diocesi di Roma l’11 giugno, pur riconoscendo che oggi educare alla fede sembra diventare più arduo perché ci situiamo in una “emergenza educativa” generale per la difficoltà che si incontra nel trasmettere alle nuove generazioni valori - base dell’esistenza e di un retto comportamento, difficoltà che coinvolge sia la scuola e sia la famiglia, nota, però, che cresce da più parti la domanda di un’educazione autentica e la riscoperta di educatori che siano davvero tali. Lo chiedono i genitori, preoccupati e spesso angosciati per il futuro dei propri figli, lo chiedono tanti insegnanti che vivono la triste esperienza del degrado delle loro scuole, lo chiede la società nel suo complesso, in Italia e in molte altre nazioni, perché vede messe in dubbio dalla crisi dell’educazione le basi stesse ella convivenza.
- Seconda dimensione dell’attuale crisi i dubbi che le scienze moderne, naturali e storiche, hanno sollevato e sollevano riguardo ai contenuti e alle origini del cristianesimo (vedi Oddifreddi, Perché non possiamo essere cristiani e meno che mai cattolici). La gravità e il carattere radicale non di un travaglio esistenziale ma di una simile crisi si comprendono alla luce di quella che è la natura propria del cristianesimo e della legittimità dell’insegnare religione oggi in tutte le scuole, di quel pensare che nasce dal senso religioso e dalla fede. Quanto è urgente il modello di scuola autenticamente libero che propone il cardinale Scola: “Si fa una chiara proposta sintetica interpretativa del reale e si invita lo studente a verificarla e paragonarla a 360 gradi, secondo tutte le forme moderne oggi concepite e concepibili, pienamente consapevoli del contesto di società plurale in cui il sistema scolastico è inserito. E che quindi i ragazzi sono chiamati da mille agenti educativi (pensate alla televisione, a Internet, ecc…) ad un continuo confronto tra diverse Weltanschauungen. …Una simile scuola ha certo un suo preciso volto, ma è scuola di tutti e per tutti”. E’ certamente vero che all’inizio e in continuità dell’esser cristiani non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’avvenimento, l’incontro con la Persona viva di Gesù Cristo, che dà alla vita un nuovo orizzonte (non è che dobbiamo pensare Cristo alla luce dell’uomo, ma chi è l’uomo alla luce di Cristo) e con ciò la direzione decisiva, ma è altrettanto vero che l’opzione per il Logos, la Ragione creativa e redentiva, interpella la ragione perché indica la via umana per realizzarsi in Dio, il percorso del vissuto libero e responsabile fino alla destinazione eterna e ciò ha caratterizzato fin dall’inizio il cristianesimo. Nell’attuale dramma della frattura tra Vangelo e cultura, tra desiderio di felicità, di libertà e di verità e ragione, compito centrale del pensiero teologico, e quindi dell’insegnamento della religione oggi è innanzitutto il problema esistenziale e teorico del rapporto tra fede, ragione e amore: quale tipo di razionalità è adatto alla fede cristiana e all’amore nel rapporto anima - corpo, uomo - donna, io - comunità? Come si inserisce nell’insieme della nostra esistenza; è conciliabile con le conoscenze fondamentali conquistate dalla ragione moderna circa la teoria dell’evoluzione (ben diversa dall’evoluzionismo), in rapporto alla creazione (ben diversa dal creazionismo)? La fede risponde all’interrogarsi continuo, a domande ragionevoli, ed è la sua “ragione” comunicabile?
Questo problema fondamentale all’interno della fede, della sua intelligenza, del pensiero cristiano e quindi del suo insegnamento si concretizza nella domanda, dal momento che le categorie di felicità e libertà hanno soppiantato in classifica quelle moderne di verità e ragione, se il legame operato dalla Chiesa nascente tra pensiero greco e fede biblica è stato legittimo, tanto da appartenere perennemente all’“essenza del cristianesimo cattolico”, oppure è un “disastroso equivoco” del quale dobbiamo finalmente liberarci in vista del prossimo anno europeo interculturale? Questa domanda è divenuta oggi sia di fronte a tanti movimenti che vivono con entusiasmo il senso religioso ma qualche volta fideisticamente a lato del proprio e altrui vissuto e sia in un momento in cui il cristianesimo, uscendo decisamente dal mondo occidentale, vuole inserirsi in altri ambiti culturali, una problematica massimamente urgente; essa costituisce, inoltre, un problema fondamentale nel dialogo tra cristianesimo cattolico e ortodosso, da una parte, e il pensiero teologico determinato dalla Riforma, dall’altra, del quale fa parte fin dall’inizio la critica alla fusione tra metafisica e fede, tra pensiero greco e tradizione biblica, tra Gerusalemme e Atene. A Regensburg il 12 settembre 2006 Benedetto XVI ha detto “..devo accennare ancora brevemente alla terza ondata di deellenizzazione (la prima con i postulati della Riforma del XVI secolo e con la successiva radicalizzazione kantiana a livello di filosofia, la seconda con la teologia liberale del XIX e XX secolo espressa soprattutto da Adolf von Harnack per cui tutte le religioni, le fedi sono alla pari) che si diffonde attualmente. In considerazione dell’incontro con la molteplicità delle culture, si ama dire oggi che la sintesi con l’ellenismo, compiutasi nella Chiesa antica, sarebbe una prima inculturazione, che non dovrebbe vincolare le altre culture (e per questo si rifiuta la certezza della fede cattolica presentata dal Catechismo e dal suo Compendio). Queste culture dovrebbero avere il diritto di tornare indietro fino al punto che precedeva quella inculturazione, per scoprire il semplice Messaggio (o Kerigma) del Nuovo Testamento e inculturarlo poi di nuovo nei nuovi rispettivi ambienti. Questa tesi non è semplicemente sbagliata: è tuttavia grossolana e imprecisa Il Nuovo testamento, infatti, è stato scritto in lingua greca e porta in se stesso il contatto con lo spirito greco: un contatto che era maturato nello sviluppo precedente dell’Antico Testamento. Certamente ci sono elementi nel processo formativo della Chiesa antica che non devono essere integrati in tutte le culture. Ma le decisioni di fondo che, appunto, riguardano il rapporto della fede con la ricerca della ragione umana, fanno parte della fede stessa e ne sono gli sviluppi conformi alla sua natura”. E in continuità, cioè secondo il criterio veritativo con cui si trasmette la religione vera, questa è tutta la Tradizione.
E nell’udienza generale di mercoledì 18 aprile 2007: “In questo modo l’Alessandrino costruisce la seconda occasione di dialogo tra l’annuncio cristiano e la filosofia greca. Sappiamo che San Paolo sull’Areopago in Atene, dove Clemente è nato, aveva fatto il primo tentativo di dialogo con la filosofia greca - e in gran parte era fallito -, ma gli avevano detto: “Ti sentiremo un’altra volta”. Ora Clemente, riprende questo dialogo, e lo nobilita in massimo grado nella tradizione filosofica greca. Come ha detto il mio venerato predecessore Giovanni Paolo II nell’Enciclica Fides et ratio, l’Alessandrino giunge a interpretare la filosofia come “un’istruzione propedeutica alla fede cristiana” (n. 38). E di fatto Clemente è arrivato al punto di sostenere che Dio avrebbe dato la filosofia ai Greci “come testamento loro proprio”. Per lui la tradizione filosofica greca, quasi al pari della Legge per gli Ebrei, è ambito di “rivelazione”, sono due rivoli che in definitiva vanno al Logos stesso. Così Clemente continua a segnare il cammino di chi intende “dare ragione” della propria fede in Gesù Cristo. Egli può servire d’esempio ai cristiani, ai catechisti e ai teologi (quindi agli insegnanti di religione) del nostro tempo, ai quali Giovanni Paolo II, nella medesima Enciclica, raccomandava di “recuperare ed evidenziare al meglio la dimensione metafisica della verità, per entrare in dialogo critico ed esigente con il pensiero filosofico contemporaneo”.
L’insegnante di religione accompagna il credente che ha chiesto l’insegnamento della religione cattolica perché con le due “ali” della fede e della ragione giunga ad un’intima conoscenza della Verità, che è Gesù Cristo, il Verbo di Dio. “Solo questa conoscenza della persona che è la verità (la via umana alla Verità e alla Vita), è la “vera gnosi”, l’espressione greca che sta per “conoscenza” per “intelligenza”. E’ l’edificio costruito dalla ragione sotto l’impulso di un principio soprannaturale. La fede stessa costruisce la vera filosofia, cioè la vera conversione nel cammino da prendere nella vita. Quindi l’autentica “gnosi” è uno sviluppo della fede, suscitato da Gesù Cristo nell’anima unita a Lui. Clemente distingue due gradini della vita cristiana:
- Primo gradino: i cristiani credenti che vivono la fede in modo comune, ma pur sempre aperta gli orizzonti della santità.
- E poi il secondo gradino: gli “gnostici”, cioè quelli che conducono già una vita di perfezione spirituale; in ogni caso il cristiano deve partire dalla base comune della fede attraverso un cammino di ricerca deve lasciarsi guidare da Cristo e così giungere alla conoscenza della Verità (l’incontro con la Persona di Gesù Cristo) e delle verità che formano il contenuto della fede. Tale conoscenza, ci dice Clemente, diventa nell’anima una realtà vivente: non è solo teoria, è una forza di vita, è una unione di amore trasformante. La conoscenza di Cristo non è solo pensiero, ma è amore che apre gli occhi, trasforma l’uomo e crea comunione con il Logos, con il Verbo divino che è verità e vita. In questa comunione, che è la perfetta conoscenza ed è amore, il perfetto cristiano raggiunge la contemplazione, l’unificazione con Dio”. (Benedetto XVI, Udienza Generale, 18 aprile 2007). Ecco la logica cristiana, le leggi fondamentali del pensare cristiano cui rifarsi nell’insegnamento della religione oggi:
1) La legge della oggettività
L’oggettività è veramente la “porta d’ingresso” dentro il modo cristiano di pensare che nasce dalla fede. L’inizio del cristianesimo è da porsi in una decisione di Dio, in una azione compiuta storicamente da Dio: “Piacque a Dio, nella sua bontà e sapienza, rivelare se stesso e far conoscere il mistero della sua volontà (Ef 1,9) mediante il quale gli uomini per mezzo di Gesù Cristo, Verbo fatto carne, nello Spirito Santo hanno accesso al Padre” (Dei Verbum 2). Se questo è l’inizio del cristianesimo, ogni uomo non potrà mai entrarvi, divenire cristiano se non si pone nell’attitudine realista di semplice apertura metafisica all’Essere cioè al Mistero e in ascolto della realtà o senso religioso originario, senza del quale è impossibile anche l’incontro con la Persona di Gesù Cristo, cioè divenire cristiani. Cioè: ogni uomo non può costituirsi come criterio di misura in rapporto al Donatore divino di ogni essere dono, perché non lo è in quanto dono nel proprio e altrui essere come in tutta la realtà che accade; la ragione non può porsi come misura della Parola che Dio gli rivolge, perché non lo è, è solo della parola che gli rivolge la realtà in rapporto all’Essere, al Mistero. Gesù ha detto che se non si diventa come bambini, non si entra in Dio che regna. Ora che cosa caratterizza in primo luogo l’infanzia? Il suo semplice guardare la realtà in modo tale da riconoscerla e ospitarla in sé così come essa è. Ecco perché il bambino ha un’immensa capacità di stupirsi. Ogni realtà incontrata custodisce per lui intatta la sua novità; è sempre per lui inaspettata, dal momento che non è mai pre - concetta, pre - giudicata. E’ possibile allora insegnare la religione senza la tensione ad educare a questo senso religioso di cogliere l’essere della propria e altrui realtà come dono dell’Essere tutto in atto, di Dio? Ed è possibile educare al senso religioso senza essere entusiasti ed entusiasmanti del proprio e altrui essere dono del Donatore divino come di tutto il cosmo che ci circonda?
2) La legge del cristocentrismo
La legge del cristocentrismo è la “chiave di volta” di tutto l’edificio e quindi di tutto il pensare cristiano a fondamento dell’insegnare. “La convinzione - così enunciata in Fides et ratio n. 80,3 - fondamentale di questa “filosofia” racchiusa nella Bibbia è che la vita umana e il mondo hanno un senso e sono diretti verso il loro compimento, che si attua in Gesù Cristo. Il mistero dell’Incarnazione resterà sempre il centro a cui riferirsi per poter comprendere l’enigma dell’esistenza umana cioè chi è l’uomo, da dove viene e a che cosa è destinato, del mondo creato e di Dio stesso. In questo mistero le sfide per la filosofia si fanno estreme, perché la ragione è chiamata a far sua la logica che abbatte le barriere in cui essa stessa rischia di rinchiudersi nel solo empiricamente verificabile. Solo qui, però, il senso dell’esistenza raggiunge il suo culmine. Si rende intelligibile, infatti, l’intima essenza di Dio e dell’uomo,: nel mistero del Verbo incarnato, natura divina e natura umana, con la rispettiva autonomia, vengono salvaguardate e insieme si manifesta il vincolo unico che le pone in reciproco rapporto senza confusione”. Ed è chiara la formulazione di S. Bonaventura per cui il Verbo incarnato o Ragione creativa è al centro di tutto, anzi l’unica metafisica reale e non solo formale. Egli è il centro dell’Essere, perché è il punto di incontro dell’essere creato con l’Essere divino, il Dio vivente, Padre, Figlio, Spirito Santo; egli è il centro della vita soprannaturale di figli nel Figlio per opera del suo Spirito poiché attraverso di Lui che viene a noi ogni grazia dal Padre e ciascuno di noi giunge al Padre; Egli è misura di ogni rettitudine morale; Egli è il centro e il mezzo di ogni conoscenza vera: occorre non solo saperlo, ma vederlo, sentirlo, esperimentarlo come valore massimo per essere felici e far felici anche in tutte le tribolazioni. Per cristocentrismo si intende: ragiona, pensa cristocentricamente colui che sente, esperimenta e quindi afferma che l’incontro con la Persona viva di Gesù Cristo è stato voluto da Dio Padre creatore e predestinatore come prima realtà extra - divina e quindi motivo e causa di tutto il creato, nel senso che ne è la causa esemplare, finale ed efficiente sia nell’ordine della creazione e della grazia filiale e fraterna. Nella sua prima omelia pasquale della veglia e poi a Verona, Papa Benedetto ha detto: “La risurrezione di Cristo…se possiamo una volta usare il linguaggio della teoria dell’evoluzione, è la più grande “mutazione”, il salto assolutamente più decisivo verso una dimensione totalmente nuova, che nella lunga storia della vita e dei suoi sviluppi mai si sia avuta: un salto in un ordine completamente nuovo, che riguarda noi e concerne tutta la storia…E’ un salto di qualità nella storia dell’evoluzione e della vita in genere verso una nuova vita futura, verso un mondo nuovo che, partendo da Cristo, già penetra continuamente in questo mondo, lo trasforma e lo attira a sé” (15 aprile 2006). Se è un pensiero che nasce dalla propria esperienza entusiasta ed entusiasmante di fede l’insegnare è educativo come ipotesi globale da scoprire, da poter scegliere liberamente (il rischio educativo) e da percorrere fedelmente.
3) La legge dell’et - et
La legge dell’et - et è la legge che tiene unito tutto l’edificio cristiano e gli dà compattezza. E’ la legge più importante perché è la più facile da verificare: è il “codice” con cui l’edificio cattolico si fa conoscere. Nella visione cattolica Dio è uno e trino, Gesù è vero Dio e vero uomo, la Chiesa cattolica è il corpo mistico di Cristo e istituzione umana; la persona umana è corpo e spirito; è uomo e donna; è io e comunità; è ragione e fede; è grazia e libertà.
Ecco perché pensare cristianamente non è sintesi facile; non lo è mai stato, ma splendida perché introduce alla realtà totale e corrisponde al cuore, alle esigenze costitutive di ogni io umano originario che se puro, non inquinato, ne è attratto per bellezza e bontà. La positività del reale si coglie nella sua natura di avvenimento, di mistero dell’Essere che si dona come evento che interpella la nostra libertà provocandola ad aderire per essere felici. In questo senso educare alla fede, alla sequela e alla testimonianza cioè alla realtà vuol dire, per l’insegnante di religione oggi, aprire alla possibilità di un consapevole e libero rapporto vivo con Cristo e con il Padre, con la comunione trinitaria nello Spirito del Risorto dato in dono dai sacramenti. E’ questo, fin dall’inizio, il compito fondamentale di ogni vissuto fraterno di comunione ecclesiale autorevolmente guidato.
Oggi il pensare cristianamente è insidiato continuamente o da un pensare che non nasce da una fede pienamente accolta dalla Chiesa cattolica e vissuta a livello di tensione o da una fede che anche accolta, vissuta non è pensata, o da un soggettivismo che imprigiona l’uomo dentro al reticolato di opinioni senza senso obiettivo, reale. E c’è chi propone una oggettività senza alcuna soggettività, senza alcun avvenimento, senza il rischio della libertà. Però ogni io umano mantiene la possibilità, comunque ridotta, fino al momento terminale.
Pensare cristianamente è ciò che ogni cuore attende perché la vita è atto della libertà soggettiva, felice e la libertà si radica nel pensiero oggettivo che nasce dalla realtà in tutti i fattori o verità.
Utili valutazioni del cardinal Ruini, anche per l’insegnamento della religione oggi, in un’intervista a Il Giornale di martedì 6 novembre 2007.
Dal suo libro Chiesa contestata “Non si può, in Italia e in Europa, porre l’immigrazione e il conseguente formarsi di una società sempre più multi - etnica e multiculturale come un fine”. “Intendevo dire che non possiamo porre il multiculturalismo come un valore in sé, come il valore a cui fare riferimento. Perché altrimenti mostriamo di non avere più fiducia nel cristianesimo, nella cultura che ha la sua matrice nel cristianesimo (nel pensiero che nasce anche e soprattutto dalla fede). Detto questo la molteplicità delle culture esiste, è da accogliere e da promuovere positivamente. Ma non va posta come valore principale, come criterio primo. Il valore primo e il criterio primo per il credente è naturalmente Gesù Cristo, l’incontro con Lui risorto”. Uno che sceglie l’insegnamento cattolico non può non mettere al primo posto il pensiero che nasce dal senso religioso della vita e dalla fede ecclesiale cattolica.
E come risolvere il problema della convivenza e dell’integrazione? “Quando noi siamo fedeli alla nostra identità cristiana diamo il miglior contributo anche alla convivenza perché è inscritto nel dna del cristianesimo l’amore di Dio e l’amore per il prossimo. E quindi il vero cristiano fa opera di accoglienza e di promozione”.
E verso i musulmani presenti nello nostre scuole? “Certo, non bisogna aver paura di testimoniare la nostra fede cristiana, ovviamente nel rispetto della libertà di ciascuno, perché la fede si propone e non s’impone a nessuno. Ma non dobbiamo aver timori, non possiamo tirarci indietro nella testimonianza: altrimenti come avrebbero potuto fare i primi cristiani, che hanno iniziato a evangelizzare il mondo antico (amici dell’intelligenza e testimoni della carità)?...si può proporre e testimoniare la fede cristiana anche ai musulmani, così come loro ritengono di poter proporre a noi il loro credo. C’è un dovere dell’accoglienza degli immigrati anche sotto il profilo propriamente religioso, nel pieno rispetto della libertà e della coscienza di ciascuno, ma anche nel coraggio e nella fiducia del mandato ricevuto dal Signore”. Nell’incertezza di questo periodo storico e di questa società, occorre offrire nella scuola la certezza pubblica del pensiero che nasce e dal senso religioso e dalla fede completa della Chiesa cattolica! Il pensare cristiano, cattolico rende luminosa la vita di ogni uomo anche oggi e offre un contributo meraviglioso alla soluzione del più grande problema attuale, il problema antropologico e l’“emergenza educativa”! Questo in particolare se il vivere e il pensare cristiano viene presentato da insegnati di religione, testimoni entusiasti ed entusiasmanti!