Una polemica desueta e inutile: risposta alla CGIL
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Sul sito della CGIL troviamo questa nota:
Immissioni in ruolo docenti Irc
Dimostrando un'efficienza degna di miglior causa, il MIUR ha emesso la nota prot. N. 65 con la quale comunica ai Direttori Regionali la tabella inerente la rilevazione regionale delle ore di insegnamento e dunque dei posti di religione cattolica, che entreranno a far parte dell'organico di diritto delle scuole, sui quali verranno effettuate le immissioni in ruolo.
Non c'è ancora il decreto relativo alla determinazione dell'organico, ma con questa nota i Direttori Regionali potranno portare avanti i lavori che riguardano la distribuzione dell'organico stesso.
I posti destinati all'immissione in ruolo corrispondono al 70 % dei posti complessivamente istituiti e potranno essere formati da spezzoni orario provenienti da scuole di grado diverso purchè nell'ambito della scuola primaria o della scuola secondaria.
Colpisce amaramente constatare l'entità globale dei posti previsti per l'immissione in ruolo: 15.000 unità e la distribuzione territoriale composta da numeri di una certa rilevanza che stride pesantemente con la miseria della distribuzione provinciale dei posti relativi a tutta la scuola pubblica che, nella sua globalità, corrispondono ad un numero inferiore: 12.500, in quanto una miseria ancora maggiore: 2500 posti è stata riservata al personale ATA.
I tagli alla scuola pubblica, la bozza di decreto sul reclutamento che privatizza l'assunzione, il privilegio concesso alle gerarchie vaticane con la cessione di sovranità sulle assunzioni pubbliche, mortificano pesantemente lo stato di diritto.
Roma, 26 luglio 2004
Rispondiamo:
Una polemica desueta e inutile
Puntuale nelle osservazioni, ecco la CGIL che, appena il MIUR emette una qualsiasi nota relativa all'Insegnamento della Religione Cattolica (IRC), sgrana gli occhi e fedele al suo spirito settario parla di "efficienza degna di miglior causa" laddove è solo adempimento di oneri derivanti da un concorso espletato e da una attuazione della Legge 186/03 e successiva Ordinanza Dirigenziale che prevede l'immissione in ruolo per quest'anno scolastico ormai alle porte.
Sempre pacatamente, senza spirito di animosità, giova richiamare che l'esistenza nelle scuole di ogni ordine e grado – a parte l'università – della disciplina Religione Cattolica, è dovere non della Chiesa ma dello stesso Stato che deve nelle scuole pubbliche avere il coraggio di trasmettere la genuina cultura del popolo italiano che respira cristianesimo e cattolicesimo in specie da tutti i suoi pori.
A ognuno il suo compito: alla Chiesa quello di far crescere nella fede una comunità nazionale che oggi stenta a riconoscere nel cattolicesimo la sua identità e che, perdendo il senso di quella precisa qualifica, necessita di una nuova evangelizzazione, allo Stato invece l'impegno di non far perdere traccia di quelle radici che ogni tanto emergono dal terreno roccioso e che sono ben profonde e affondano ancora per metri nel terreno sottostante.
Ed ora veniamo allo stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica.
Non si tratta di un privilegio "concesso alle gerarchie vaticane con la cessione di sovranità sulle assunzioni pubbliche" né di una benevola concessione, ma di un diritto che compete ad ogni lavoratore che abbia le carte in regola per essere assunto ed entrare nell'organico di una qualsiasi azienda.
Ogni assunzione da parte dello Stato soggiace a delle precise condizioni e requisiti stabiliti dalla Costituzione.
È importante come docenti avere il titolo di studio corrispondente alla disciplina di insegnamento. E il docente di religione l'ha acquisita con regolari studi universitari e con il conseguimento del titolo accademico.
In Italia non esistono facoltà teologiche statali e quindi lo Stato riconosce i titoli conseguiti presso le facoltà teologiche ecclesiastiche e relative affiliazioni, quali sono gli Istituti Superiori di Scienze Religiose.
È necessario superare un concorso reclamato dalla stessa Costituzione italiana per essere immessi in ruolo.
Nel concorso che è sempre per insegnanti di una disciplina per la quale lo Stato non ha specifiche cattedre universitarie, si richiede, come condizione, il decreto di idoneità dell'autorità ecclesiastica. È evidente che la professionalità venga accertata e garantita da un pronunciamento dell'autorità che svolge il compito di assicurare tale preparazione. È qui che l'atipicità di tale insegnamento ha la sua radice ed espressione.
A molti è sembrata un'ingerenza nelle cose della "respubblica". Ma chi è che può garantire che una determinata persona è veramente competente se non la Chiesa che si qualifica come cattolica e detiene tale prerogativa?
Certo può suscitare qualche perplessità il fatto che la Chiesa dichiari competente solo chi si comporta secondo i principi di quella fede – il che è appunto uno dei criteri per dichiarare l'idoneità del docente – ma gli è che nel cattolicesimo conoscenza e vita sono inscindibili. Si tratta di un fatto non riscontrabile in altre discipline, ma anche questo è atipicità dell'insegnamento della religione cattolica.
Chiarito allora che l'IRC deve far parte del curriculum di studi degli alunni della scuola italiana, tenendo presente che l'IRC è un insegnamento atipico sia quanto a disciplina che quanto alle caratteristiche dello stesso docente, che resta sempre e principalmente un docente della scuola italiana, soggetto a tutti i diritti e doveri dei dipendenti dello Stato italiano, c'è da chiedersi: ma perché tanto clamore e tanto stracciar di vesti per un problema – quale l'immissione in ruolo – che compete a questi docenti come a tutti i dipendenti dello Stato?
E poi: è proprio vero che quel 70% di docenti da immettere in ruolo sia un onere gravoso per lo Stato quando invece sono già insegnanti stabilizzati, ossia hanno già orario pieno, sono automaticamente riconfermati ed hanno già retribuzione come i docenti di ruolo, avendo già progressione di carriera?
Perché, tanto per concludere, si ricordi e lo tenga ben presente la CGIL Scuola che tanto clamore fa, che questa immissione in ruolo riguarda un concorso riservato che si è appena espletato e al quale hanno partecipato docenti già in servizio da almeno quattro anni.
Nell'Annuario della CEI (Conferenza Episcopale Italiana) si precisa che il 71% dei docenti di Religione Cattolica hanno orario pieno.
Saluti.
Don Gabriele Mangiarotti, Responsabile del sito www.culturacattolica.it
Prof. Nicola Incampo, Responsabile della sezione IRC del sito www.culturacattolica.it
Don Pinuccio Mazzucchelli, Direttore di Documenta (documenta@iol.it)