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Il pensiero di Chesterton – Chesterton e l’evoluzionismo 2 - Ma l’uomo è diverso

Autore:
Platania, Marzia
Fonte:
CulturaCattolica.it
Un essere semi-umano non è un essere umano: ovunque sgorghi, quella caratteristica scava un immediato, irrimediabile baratro, tra ciò che c'è prima, l'animale, e ciò che c'è dopo, l'uomo.

Rendere conto dell'origine storica dell'uomo, non è ancora un rendere conto della sua natura più profonda. Presupponendo pure infiniti anelli mancanti tra l'uomo e i suoi antenati non umani, in qualche punto dovrà comparire quella caratteristica che ci fa riconoscere nell'uno un essere umano, sia pure primitivo, e nell'altro un animale, sia pure molto intelligente. Tutti i gradi intermedi non cancellano il punto decisivo, dove nasce l'umanità, dove prima non c'era che animalità. Un essere semi-umano non è un essere umano: ovunque sgorghi, quella caratteristica scava un immediato, irrimediabile baratro, tra ciò che c'è prima, l'animale, e ciò che c'è dopo, l'uomo. Infiniti gradi di avvicinamento non colmano l'infinita distanza tra i due, e paradossalmente l'ultimo passo, per quanto breve e infinitesimale, ha in sé questa distanza infinita e questa diversità radicale. Tanto è vero che stante la generale accettazione dell'evoluzionismo, potato dei suoi eccessi entusiastici, la scienza sta ancor oggi indagando differenze e rapporti tra l'intelligenza umana e quella animale; il succedersi di studi sempre più centrati su questi aspetti non ha modificato i termini del problema, li ha invece, si direbbe, resi più radicali: si è scoperto che le scimmie più evolute sono in grado di imparare ed elaborare un linguaggio, che si credeva prerogativa umana; più di uno scienziato si dice sicuro che esse siano in grado di comprendere anche concetti astratti, come quello di morte; si sono studiate le loro pulsioni artistiche; è assunto normale degli etologi che certe popolazioni animali elaborino e trasmettano una cultura, che contempla anche non solo l'uso ma la costruzione di strumenti. Ognuna di queste scoperte infrange il confine che si era pensato poter porre tra l'intelligenza umana e quella animale. Eppure è ancor vero quanto diceva Chesterton:
Il fatto che l'uccello arriva a fare il nido e non sa andare più in là prova che egli non ha una mente come l'uomo; lo prova ancora di più che se non costruisse niente. Se non costruisse niente, potrebbe essere forse un filosofo quietista o buddista indifferente a tutto e tutto assorto nella sua mente. Ma quando costruisce come costruisce, ed è soddisfatto, e declama, gorgheggiando, la sua soddisfazione, allora veramente sentiamo che fra noi e lui c'è un invisibile velo come una lastra di vetro, come una finestra chiusa alla quale l'uccello picchierà invano.
Ora supponiamo che il nostro disinteressato osservatore veda un uccello mettersi a costruire come costruiscono gli uomini; che in un batter d'occhio abbia tirato su sette stili di architettura per il suo nido [...]. Supponiamo che l'uccello facesse statuine d'argilla rappresentanti uccelli famosi nelle lettere o nella politica e li collocasse sul frontone del nido. Supponiamo che un uccello fra mille cominciasse a fare una delle mille cose che l'uomo ha fatto dall'alba del mondo, e possiamo esser certi che l'osservatore non considererebbe un uccello di questo genere come una semplice varietà nella evoluzione normale degli uccelli, ma lo considererebbe come un pauroso uccello prodigio
”. (GKC, L’uomo eterno, pag. 36)
E' cioè dato incontrovertibile che una qualche differenza tra l'uomo e gli animali c'è. Che l'uomo sia nato tale e quale dalle mani di Dio o che sia evoluto, al pari di tutto il resto dell'universo biologico, da esseri più primitivi, è questione che vale la pena di essere dibattuta in sé, ma che nulla ha a che vedere con l'altra questione, che interessa il filosofo, di che cosa l'uomo sia. Accettare l'evoluzione semmai accentua il mistero perchè occorre allora anche spiegarsi come e quando sia entrata in gioco quella differenza essenziale che oggi constatiamo esserci tra uomo e animali e che si sostanzia nella semplice constatazione che siamo noi a studiare loro, e non ancora viceversa.
Se quest'uomo fosse un prodotto ordinario dell'evoluzione biologica, come tutti gli altri animali, sarebbe ancora più straordinario il fatto che egli non fosse uguale agli altri animali. Mi sembra che come creatura naturale sarebbe anche più soprannaturale che come creatura soprannaturale”. (Ibidem, pag. 33)

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