Il pensiero di Chesterton - La Croce 1 - L'essenza della missione di Cristo
- Autore:
- Curatore:
- Fonte:

La Croce
Una caratteristica ancora differenzia Cristo dai moralisti antichi o dagli altri fondatori di religione.
Questi avevano una missione, che era ricercare o annunciare la verità. La missione fondamentale di Cristo non era quella di proclamare una nuova morale o annunciare una nuova verità. Egli fece entrambe le cose, ma non erano queste l'essenza della sua missione.
L'essenza della missione di Cristo era quella di essere venuto al mondo, o nel mondo, per morire. La morte era per le altre figure che potrebbero essere a lui paragonabili, per i filosofi come Socrate o i fondatori di religione come Budda, al massimo un incidente, privo di importanza, che veniva ad interrompere la loro missione.
Ma tutta l'importanza e il merito particolare della posizione di Socrate sta proprio in questo: che la morte fu soltanto un interruzione e un incidente. [...] Il suo compito nella vita è di peregrinare per le strade del mondo e parlare senza posa intorno alla verità. [...] Ora, comparata a quella di cotesti pellegrini, la vita di Gesù trascorse rapida e diritta come un fulmine. Fu soprattutto drammatica, consistette soprattutto nel fare qualche cosa che doveva essere fatto; e che non sarebbe stato fatto, se Gesù avesse camminato pel mondo senza far nulla, eccetto che predicare la verità. [...]. Qui fu l'adempimento dei miti piuttosto che delle filosofie: un viaggio con uno scopo ed uno oggetto, come Giasone alla ricerca del Vello d'Oro, o Ercole dei pomi d'oro delle Esperidi. L'oro che egli cercava era la morte. La principale cosa che egli andava a fare, era morire. (GKC, L'uomo eterno, pagg. 227 e 228)
A sottolineare l'importanza per la storia del mondo di questa morte, troviamo ai piedi della croce di Cristo tutti i protagonisti che avevamo riconosciuto intorno alla grotta della sua nascita: il popolo, gli intellettuali, il potere. Non è priva di significato questa loro presenza speculare a quella che li aveva raccolti intorno al Natale:
In questa storia del Venerdì Santo le migliori cose del mondo sono colte nel loro punto peggiore. Il mondo ci è mostrato nel punto peggiore.
La loro presenza alla grotta di Betlemme era giustificata dalla interna insufficienza del mondo. La loro presenza intorno alla Croce ribadisce questa constatazione
Tutti i gruppi che erano ai piedi della Croce rappresentano in un modo o nell'altro la grande verità storica del tempo: che il mondo non poteva salvarsi. L'uomo non poteva fare di più. Roma o Gerusalemme e Atene e tutto il resto andavano giù come un mare che si rovescia in una lenta cataratta. Esternamente il mondo antico era al colmo della forza; é sempre quello il momento in cui la interna debolezza comincia a manifestarsi. Ma per capire quella debolezza dobbiamo ripetere quel che s'é detto più di una volta: che non era la debolezza di una causa originariamente debole. Era la forza del mondo che era divenuta debolezza ed era la saggezza del mondo che era divenuta follia. (Id. Ibid. pag. 231)
L'impero romano era la massima manifestazione di civiltà del mondo antico, un vasto impero cosmopolita, ricco, potente, tollerante.
Noi vediamo la grande Roma, la repubblica imperiale abbattersi sotto il suo fato lucreziano. [...] Roma fu quasi il sinonimo di responsabilità. Il suo rappresentante è rimasto come una specie di simulacro dell'irresponsabile.
L'uomo non poteva fare di più. Anche il pratico era divenuto impratico. Seduto fra i pilastri del suo seggio, il giudice romano si era lavato le mani del mondo.(Id Ibid. pagg 231/232)
C'erano gli scribi e i farisei che avevano gelosamente custodito la più alta verità che il mondo antico aveva appena sfiorato, l'unicità di Dio. Come il dio dei filosofi, neppure questo Dio alto nei cieli non poteva bastare a salvare il mondo.
Poiché è certo che per qualche ragione non poteva bastare. Da quel giorno non bastò più dire che Dio é nel cielo e che tutto va bene nel mondo; onde la voce che Dio aveva lasciato il cielo per rimettere a posto il mondo (Id Ibid. pag. 233)