Diario di un ragazzo clonato
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Una storia profetica
Scritto nel 1997, "ancor prima che per l'aere risuonasse il primo belato di Dolly" (E. Fontana), questo "Diario di un ragazzo clonato" diventa, man mano che il tempo passa, di una attualità sempre più impressionante. La dedica "Ai Dioscuri", gemelli mitologici figli di Zeus e di Leda, apre fin dall'inizio l'orizzonte del mito rivissuto, che per Enzo Fontana, come recita uno dei protagonisti, "non è allegoria dei fenomeni fisici, o fantasticheria attorno agli eventi storici o preistorici, ma… modo di pensare, di amare ma anche di odiare, insomma un modo di vivere e di spiegarsi l'esistenza, almeno fin dove è possibile".
Solo apparentemente si tratta di una storia semplice, che si svolge in un futuro non molto lontano: Davide ed Elisa Lercher, una coppia di borghesi raffinati e miscredenti, hanno generato due gemelli, uno dei quali morto a poche ore dal parto. Dedicano così la loro vita ed il loro affetto al secondo gemello, Castore, finché questi, durante una gita scolastica in Grecia, precipita sulla scogliera ed entra in coma irreversibile. Il dolore e l'angoscia spingono la madre, ormai impossibilitata ad avere altri figli, a cercare un contatto con una clinica specializzata in clonazioni umane; il padre reagisce debolmente a questa possibilità, che sul principio lo riempie d'orrore. Si compie così l'intervento manipolativo, e nasce Beniamino, esatta copia di Castore, nel frattempo defunto. Con una trovata geniale, Fontana immagina che Beniamino scopra in un baule gelosamente tenuto segreto dai "genitori" un Diario personale del defunto "gemello", scritto solamente sul recto delle pagine. Inizia così una corrispondenza a distanza con Castore, in un gioco di rimandi e di complicità, vergando a sua volta le pagine bianche del Diario sul verso dei fogli, in una precisa e rigorosa corrispondenza temporale.
Nel frattempo gli eventi precipitano: Beniamino si accorge di una serie di circostanze conturbanti: il silenzio e la reticenza dei "genitori", la straordinaria somiglianza col "gemello", la cui esistenza nel frattempo Davide ed Elisa hanno dovuto rivelargli. Frasi e battute dei compagni di scuola gli insinuano un tarlo nella mente: "E se fossi un clone di Castore?". Con uno stratagemma Beniamino viene a sapere la verità, e in una drammatica sequenza mette Davide ed Elisa di fronte alle loro responsabilità. Cerca infine di conoscere dove è sepolto Castore, sale al piccolo cimitero sui monti e misteriosamente incontra il proprio "doppio"; muore poi sulla cima della montagna, aggrappato alla croce che la sovrasta.
Nobile fantascienza
Il "Diario di un ragazzo clonato" è fantascienza nel senso più nobile del termine: non tanto e non soltanto perché la vicenda si svolge nel futuro (ad un certo punto Castore accenna nel Diario allo sbarco degli uomini su Marte), quanto perché affronta in modo radicalmente umano le vicende di alcune persone, coinvolte drammaticamente negli esiti di una nuova scoperta scientifica.
Non si tratta di un puro "pamphlet" contro la clonazione umana, anche se la posizione di Fontana (che cita spesso l'Huxley de "Il mondo nuovo" e il dottor Frankenstein) su questo problema è chiarissima. Con una ricostruzione "storica" che acquista oggi il sapore della profezia, lo scrittore descrive i successivi passi degli "apprendisti stregoni della genetica", il cui capo, il dottor Mendele, rimanda col proprio nome alle sperimentazioni dei lager nazisti.
Che in gioco vi sia la sfida al Creatore è indiscutibile: il primo uomo clonato viene chiamato Adamo. "Dopo Adamo fu clonata la nuova Eva, e poi Abele (di un nuovo Caino nessuno volle assumersi la responsabilità), e così via riscrivendo il Libro della Genesi".
Ad un certo punto Beniamino chiama il dottor Brutus, che ha provveduto all'intervento su di lui, "scimmia del Creatore" (è la definizione che i Padri della Chiesa davano del diavolo). Fontana immagina anche che Beniamino (ancor prima di conoscere la verità su di sé) partecipi ad un Concorso letterario nel proprio Liceo con un tema sulla morte del "nuovo Adamo". Il ragazzo ripercorre così (in un testo dal titolo inequivocabile: "Dal Libro della Genesi alle farse della genetica"), le vicissitudini del primo clonato, anticipando inconsapevolmente il proprio dramma umano.
La solitudine del clone
L'interesse di Fontana per il tema scava però a una maggiore profondità rispetto alla polemica antiscientista. Sono almeno due le linee che si intrecciano nel romanzo: da un lato la ricerca della propria identità (non a caso il doppio diario è scritto da due sedicenni, e Beniamino si paragona a distanza col proprio "gemello" inseguendo le sue domande sulla vita e sulla morte, sull'amore e sui rapporti, sulla famiglia e sul senso di tutto). In questo senso Beniamino deve affrontare ostacoli quasi disumani: scoprire di non essere stato voluto per sé, ma solo come "fotocopia" di Castore; cercare di identificare quindi il proprio posto nel mondo, per di più senza un'educazione alla fede: si tratta di difficoltà quasi insormontabili che non a caso sfociano in desideri suicidi.
Ma l'altro tema, decisivo, è quello della vita e della morte: posto così "ai confini tra l'essere e il nulla" Fontana indaga con un desiderio tutto personale il grande mistero; e nel romanzo si susseguono gli episodi rivelatori, dal suicidio di una compagna di scuola alla seduta spiritica in cui Beniamino viene coinvolto per cercare di capire che cosa c'è dopo, al di là della morte; fino all'ultimo misterioso incontro sulla cima del monte, in cui Castore appare al fratello nelle vesti di un eroe greco dell'oltretomba, enigmatico e sarcastico, per nulla soccorrevole rispetto all'angoscia di Beniamino. Tuttavia il finale aperto fa intravedere un "punto di fuga" verso l'alto, una croce che punta diritta verso le profondità dell'infinito.