Condividi:

Futuro in trance 1: un mondo senza educazione

Autore:
Predieri, Mario
Fonte:
Il Quadrangolo n. 4 - marzo 1999
Futuro in trance di Walter Tevis - Classici Urania Mondadori 1997

Ho avuto occasione di leggere il romanzo “Futuro in trance” di Walter Tevis seguendo la segnalazione dell’ amico Alberto Brasioli. L’autore, già noto per “L’uomo che cadde sulla Terra”, opera portata sullo schermo da Nicholas Roeg con l’interpretazione di David Bowie, è considerato soprattutto autore di fantascienza ed anche il volume di cui parlia­mo è pubblicato nei Classici Urania della Mondadori. Il libro, tuttavia, non solo, come si premura di ricordare l’introduzione editoriale, è felicemente estraneo alle mode fantascientifiche, ma assume il carattere di un’utopia negativa (o distopia) che tende ad esalta­re alcune delle inquietanti linee di tendenza verso cui si sta dirigendo la nostra società.
Tra gli aspetti messi in evidenza dal testo colpisce in particolare il ruolo ed il destino della scuola ed il suo valore formativo: pur essendo solo uno spunto iniziale della vicenda, esso costituisce un fattore esemplare della profonda trasformazione della società e della sua tensione autodistruttiva.

1. Un futuro privo di libri e di interesse per la vita
In un futuro collocato tra cinque secoli l’umanità sembra avere ormai perso il gusto per la vita. Tutta la società è organizzata e regolata da una rete di automazione che sostituisce l’uomo in tutti i processi decisionali ed esecutivi. All’uomo che ormai non lavora più, ma occupa posti di lavoro inutilmente improduttivi, lo Stato garantisce con una rigida pro­grammazione beni di consumo dalla culla alla tomba. In questo contesto un professore uni­versitario, Bentley, scopre una tecnica antica ormai dimenticata, la lettura, e ne propone l’insegnamento nella Facoltà di New York diretta dall’androide Spofforth, un robot avan­zatissimo della Serie Nove, il meglio di quanto prodotto da cibernetica e robotica, prima che gli uomini smettessero di progettare e costruire. Spofforth lascia che Bentley prosegua le ricerche ma lo tiene sotto controllo: anche se l’umanità ne ha ormai perso il ricordo, una vecchia legge proibisce la lettura e commina pene di diversi anni di lavori forzati per chi si renda colpevole di tale reato. Il grande robot interverrà soltanto dopo che Bentley avrà conosciuto Mary Lou: una ragazza che, al di fuori delle abitudini e del conformismo, pur di tenere gli occhi aperti, rifiuta di soffocare, come fanno tutti gli altri uomini del lontano futuro in trance, la propria inquietudine e le più autentiche domande nella droga e nei tran­quillanti. Bentley si innamora di Mary Lou e condivide con lei la scoperta della lettura e dei libri, ma la relazione è interrotta da Spofforth che separa gli amanti. Mary Lou, in atte­sa di un figlio da Bentley, cade nelle mani del robot che sembra vagheggiare un amore impossibile. Bentley finisce in carcere e da lì riuscirà a fuggire compiendo un lungo e dif­ficile viaggio per tornare a New York, in terre ormai quasi prive di presenza umana, tra fab­briche completamente automatizzate e abbandonate, sostando presso piccole aggregazioni umane ormai votate al proprio annientamento. Accompagnano il viaggio ed altri momenti decisivi della narrazione alcuni versi della poesia Gli uomini vuoti di T. S. Eliot che sotto­lineano il carattere decisivo e tipicamente contemporaneo dell’ esperienza rappresentata: E’ questo il modo in cui il mondo finisce/ non con uno schianto, ma con un piagnisteo. Ma il viaggio di Bentley non sarà inutile e la conclusione riaccende la speranza che l’umanità possa riscuotersi dal torpore in cui è caduta.

2. La scuola del nulla
Non solo i farmaci mirano a cancellare la domanda esistenziale e personale di ogni uomo;
tutta la società è organizzata a far sì che questo avvenga. L’ambiente sociale in cui viene maggiormente esaltato lo stato di trance è certamente la scuola alla cui descrizione l’ auto­re dedica molte delle pagine iniziali. Nel 2467 non esiste alcun genere di famiglia. I bambini sono destinati a collegi-dormitorio in cui ai giovani vengono insegnate discipline esemplarmente rivelatrici delle tendenze del nostro tempo: Yoga, Interiorità, Privacy, Autoappagamento, Piacere. E’ lo stesso Rettore Spofforth ad affermare “che l’Università non deve insegnare un bel niente a studenti che vengono per non imparare niente...” Se la nostra scuola di fine millennio rischia di ridursi, come afferma Russo in Segmenti e baston­cini, nell’essere scuola di consumatori e di socializzazione con lo svuotamento dei conte­nuti disciplinari, il sistema formativo prefigurato da Tevis muove decisamente nella dire­zione del Politicamente Corretto: un minimo comune denominatore di valori così demo­craticamente riconosciuti dal consenso di tutti da ridursi al nulla gestito dal Potere. La fine della scuola coincide con lo svuotamento progressivo dell’umanità e con l’esaltazione di un potere sempre più pervasivo e sempre più finalizzato a se stesso: non esiste Grande Vecchio in questo libro: Spofforth, controllore del processo di autodistruzione dell’Umanità è allo stesso tempo carnefice e vittima. Per aderire alle intenzioni del Potere la scuola del 2467 introduce all’uso pianificato di sostanze stupefacenti e ad una pratica sessuale fondata sulla massima “Sesso svelto è meglio”, sulla visione di film porno e sul rifiuto non solo della famiglia ma di ogni tipo di Coabitazione, considerata un reato lesivo della Privacy e della Personalità. Così Bentley descrive la scuola primaria: “ricordo una vecchia tranquilla costruzione chiamata la Cappella dei Preadolescenti dove andavamo circa un’ ora al giorno per le esercitazioni di Privacy e di Serenità. Dovevamo star seduti in una stanza affollata di bambini della nostra età e imparare ad ignorare la presenza degli altri osservando intensamente luci e colori in movimento su un enorme schermo televisivo collocato sulla parete anteriore. All’inizio di ciascuna seduta un robot meccanico ci distri­buiva dei sonniferi leggeri. Ricordo di essere arrivato al punto in cui potevo entrare in quel luogo, starmene fermo un’ora dopo aver fatto sciogliere in bocca la pillola zuccherosa senza nemmeno accorgermi degli altri.” E l’Università è frequentata da “gruppi di giova­ni dagli occhi quasi sempre vuoti, silenziosi, lenti nel muoversi, che passavano tranquilla­mente da una classe all’altra oppure se ne stavano seduti soli nelle stanze della Privacy a fumare erba o a osservare disegni astratti sui loro schermi televisivi grandi come una pare­te intera, ad ascoltare una musica ipnotica senz’ anima dagli altoparlanti....
Raccomandavano loro di svilupparsi individualmente, ma sembravano tutti uguali e si comportavano allo stesso modo con quelle voci smorzate e le facce inespressive.” (1 - continua)

Vai a "Messaggi dal futuro"