Fantascienza e pedagogia
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Il moderno critico letterario ha, oggi, a sua disposizione un ricco repertorio di strumenti d'indagine, che vanno dalla stilistica allo strutturalismo e dalla semiologia alla psicanalisi (1). Tuttavia, per quanto riguarda la letteratura di massa e di consumo, a cui i critici togati fanno appartenere l'oggetto del presente articolo, cioè la narrativa di fantascienza, nessuno di questi strumenti si è dimostrato pienamente soddisfacente. La situazione d'incertezza della critica ufficiale è stata efficacemente sottolineata da Giuseppe Petronio in Letteratura di massa. Letteratura di consumo, dove scrive: "Oggi, la bibliografia sul romanzo poliziesco, fantascientifico, rosa, e su tutti gli altri generi e sottogeneri di questo "tipo di letteratura" è enorme: in Italia come dappertutto. [...] Li si studia ma, il più delle volte, come un qualcosa che è e non è "letteratura": come un tempo si studiavano i "selvaggi" e i "primitivi". Intanto, a designare queste opere si usano termini (mai definiti con precisione, usati sempre alquanto a casaccio) che sono indicativi: paraletteratura, infraletteratura, controletteratura, e via dicendo, dove le parole tradiscono la convinzione, più o meno ragionata, che si tratta di un qualcosa che non può non essere accostato alla "letteratura", ma che alla letteratura, a quella vera e propria, a quella con tutte le carte in regola, non può essere aggregata completamente" (2).
La funzione di guida della fantascienza
Per cercare di far luce sulla complessa problematica evidenziata dall'illustre storico della letteratura, ci sembra che l'approccio psico-pedagogico alla narrativa di fantascienza possa offrire qualche modesto contributo. E ciò per le seguenti ragioni.
È innegabile che l'opera letteraria - pur non essendo un trattato di sociologia, di storia o di filosofia, un tentativo cioè di spiegare il mondo con le formule della logica - è molto spesso, anche se non intenzionalmente, specchio delle lotte e delle speranze, delle miserie e delle grandezze dell'uomo. Contrariamente a quanto sosteneva il Croce, l'opera letteraria non è mai "pura". In ogni momento del suo divenire, è sempre sostenuta - come notava il pedagogista Gino Corallo - da "tutto l'uomo" (3) e, quindi anche dalla sua intelligenza, dalla sua memoria e dalla sua volontà. L'opera letteraria non è dunque portatrice solo di valori estetici, ma anche di valori morali, sociali e politici, attraverso i quali agisce sul gusto e sulla sensibilità del fruitore, in qualche modo lo educa, anche se principalmente non è questa la sua finalità. Diventa, pertanto, possibile e lecito esaminare un testo letterario anche sotto il profilo pedagogico, ricercarne gli orientamenti e le aspirazioni, valutarne l'influsso che esercita sul lettore (4).
Se tutto questo è vero per la narrativa in generale, lo è in particolar modo per la narrativa di fantascienza: perché essa non solo ci rimanda, come in un giuoco di specchi, l'immagine, a volte angosciante, a volte ironica, di ciò che è la nostra realtà quotidiana; ma molto spesso - a differenza di tanta letteratura contemporanea che va esaurendo le sue energie in un lavoro di critica distruttiva o di sterili analisi strutturalistiche e linguistiche - presenta un atteggiamento di superamento di tutte le impasse culturali, sociali, intellettuali che affliggono l'uomo della civiltà tecnologica. La fantascienza, cioè, non solo soddisfa i bisogni emotivi e intellettuali della gente, ma anche assolve una funzione di guida di fronte al disorientamento causato dall'inarrestabile progresso tecnico-scientifico. Non per nulla essa viene definita l'utopia collettiva che accompagna l'umanità nell'attuale fase di mutazione storica. Il carattere pedagogico della science fiction non è sfuggito a critici e studiosi, i quali concordano nel rilevarne l'impegno socio-culturale, il valore etico e la tensione ideale. Facciamone una rapida carrellata.
Come abbiamo detto, viviamo in una fase di mutazione storica; ma l'uomo d'oggi per "affrontare l'equivalente di millenni di mutamento nel compresso intervallo di tempo di una sola esistenza", non ha - secondo Alvin Toffler - strategie adeguate, non ha istituzioni, forme organizzative che lo proteggano dall'impatto del future shock. Tale lacuna è colmata dalla letteratura di fantascienza, perché essa accompagna "la mente dei giovani in una esplorazione immaginosa della giungla di problemi politici, sociali, psicologici ed etici cui si troveranno di fronte da adulti" (5).
Anche per Sergio Solmi l'umanità di oggi si trova di fronte ad una grande svolta storica, determinata dalla "scoperta dei nuovi mondi che la scienza dell'atomo, l'astronautica, la nuova biologia ci lasciano intravedere". E come la moda del romanzo cavalleresco, fiorita in Spagna intorno al 1450, stimolò e accompagnò la conquista del Nuovo Mondo, così "le nuove rapsodie "atomiche" stimolano e accompagnano a loro volta, col loro gioco d'ipotesi e di "estrapolazioni", le grandi conquiste della fisica e della tecnica moderna" (6).
Gillo Dorfles rileva che non tutti gli scrittori di fantascienza hanno "una chiara visione di quello che la loro materia può costituire, e di quale potrebbe essere il loro compito: etico, oltre che ludico e edonistico". Molte opere di science fiction nascono, infatti, da motivi meramente commerciali, basandosi i loro autori su inchieste che stabiliscono qual è il prodotto culturale del momento da dare in pasto alle masse (7). Tuttavia, "molti di questi libri (e dei film o dei fumetti da essi tratti) sono effettivamente creati a buon fine, mirano cioè a ristabilire i valori d'una morale prevalentemente sana e saggia" (8).
Questo moralismo, secondo Carlo Pagetti, la fantascienza se lo porta con sé ab ovo, dal momento che i suoi temi e stilemi archetipici sono rintracciabili nei primi esempi di narrativa, utopica e allegorica, americana, precisamente nel romanzo di Charles Brockden Brown, Wieland, dove l'autore intende "ammonire i lettori contro il pericolo del fanatismo religioso [...], chiaro antecedente di quell'atteggiamento ammonitorio che tutta quanta la fantascienza tende ad assumere in modo caratteristico" (9).
Prendendo lo spunto dall'impiego, nella fantascienza, di convenzioni narrative e di figure archetipiche, e dalle discussioni degli "addetti ai lavori" sulla credibilità di un presupposto scientifico o sulla coerenza di un'estrapolazione, Umberto Eco ne conclude che è "un atteggiamento che scatta inevitabilmente quando si ha a che fare con una letteratura allegorica a sfondo educativo" (10).
Anche chi, come Antonio Caronia, non accetta, dal punto di vista critico, l'approccio utopico-didattico perché metodologicamente preclusivo della comprensione dei fenomeni letterari "in termini di autonomia (o eteronomia) del linguaggio", finisce per ammettere implicitamente la funzione educativa della science fiction, quando chiede ad essa "un contributo alla comprensione di quello che siamo, all'elaborazione di altre forme di socialità, di altri codici di comunicazione" (11).
Non spettatori ma attori del cambiamento
Ma la voce più autorevole, in questo campo, non può che essere quella degli stessi scrittori di fantascienza, perché in fondo la struttura e la funzione di un genere narrativo dipendono dalla coscienza letteraria che ne hanno i suoi autori, e gli autori in questione sono generalmente inclini a vedere nella fantascienza uno strumento idoneo a suscitare, in chi legge, stimolazioni, tensioni, fermenti educativi.
Per Harrison, un romanzo di fantascienza che si rispetti, stimola nel fruitore tutte le sue facoltà mentali e critiche, invitandolo ad essere non spettatore passivo, ma protagonista della realtà: "La SF non solo è conscia del fatto che il futuro è alle porte ma è desiderosa di discuterne e di formulare delle teorie su questo argomento. La SF non solo riconosce che il nostro mondo cambia costantemente, ma è conscia altrettanto del fatto che voi potete influire sul cambiamento" (12).
Al riguardo, è significativo il filone fantascientifico dei viaggi nel tempo, specialmente quelli che da un futuro più o meno remoto riportano all'epoca attuale ipotetici nostri discendenti, desiderosi di cambiare in meglio il corso della storia. Spesso il tentativo si conclude con un insuccesso, dando l'impressione che la fantascienza voglia convalidare "l'ideologia che niente può essere cambiato [...] e [che] il soggetto umano si riduce ad uno spettatore inerte incapace di influire su ciò che accade" (13). Tutt'altro! Con l'irreversibilità di quanto storicamente è già accaduto, la fantascienza vuole avvertirci delle tremende responsabilità che abbiamo nei confronti della nostra razza e del nostro habitat naturale, e sottolineare l'urgenza di porre rimedio ai nostri errori, finché siamo in tempo.
Sulla funzione educativa svolta, in generale, dalla fantascienza e sull'aiuto da essa offerto, in particolare, ai giovani per realizzare un "atterraggio morbido" nei confronti della caotica e mutevole realtà d'oggi, le più belle, appassionate parole sono quelle pronunciate da Robert A. Heinlein, nel corso di alcune lezioni tenute nel 1957 in una università di Chicago: "In senso generale, tutta la science fiction prepara la gioventù a vivere e sopravvivere in un mondo di perenne mutamento, insegnando che il mondo cambia. Più in particolare, la science fiction sottolinea il bisogno di libertà di pensiero, e l'ansia della conoscenza" (14).
A volte, sono oggetto di estrapolazione fantascientífica le stesse teorie pedagogiche. John Dewey sosteneva che, a causa della diffusione delle macchine calcolatrici, a scuola certe parti di materie (per esempio alcune operazioni aritmetiche) era inutile insegnarle ai ragazzi per il motivo che poi esse non sarebbero state utilizzate nell'uso sociale corrente. Prendendo lo spunto da tale asserzione, Isaac Asimov scrive il gustoso racconto satirico Nove volte sette (Feeling of Power, 1957), dove i grandi matematici del futuro non hanno la più pallida idea di che cosa sia una tavola pitagorica, e per eseguire un'operazione elementare di conteggio (9x7), ricorrono all'aiuto del calcolatore tascabile.
Ma è soprattutto l'esistenza di un particolare sottogenere fantascientifico che testimonia concretamente come l'impegno educativo abbia, nella science fiction, un ruolo predominante: ci riferiamo al romanzi di anticipazione dedicati esclusivamente ai ragazzi - anche nella veste editoriale - e che nel gergo editoriale vengono detti con un termine inglese juveniles. Il filone "juvenile" si può dire che nasce contemporaneamente a quello "adulto", rispetto al quale, a volte, non presenta sostanziali diversificazioni. Anzi, si potrebbe sostenere che molta fantascienza delle origini appartenga al sottogenere juvenile, e la riprova sarebbe rintracciabile - come è stato osservato - nel suo carattere "asessuale", cioè nell'esclusione delle trame amorose e delle scene erotiche.
I "juveniles" di fantascienza
Il periodo storico in cui i juveniles conoscono una notevole fioritura sia letteraria che editoriale, sono gli anni '50, quando USA e URSS si preparano al lancio del primo satellite artificiale e la conquista dello spazio è alle porte. La convinzione che la gara spaziale sarà vinta dal proprio paese, è assai diffusa tra i cittadini americani; gli appassionati di fantascienza preconizzano addirittura la "prima copia di "Astounding" in vendita sulla Luna nel 1955" (15). È in tale temperie spirituale che molti scrittori americani di fantascienza - tra i quali ricordiamo: Robert A. Heinlein, Isaac Asimov, Murray Leinster, Donald A. Wollheim, Lester del Rey, Alan E. Nourse, ecc. - si sentono impegnati in prima persona, e si assumono perciò il compito di preparare, mediante i juveniles, le nuove generazioni americane all'era dello spazio.
Attraverso quali temi i juveniles sviluppano la loro "pedagogia"? Spicca in primo piano il tema del viaggio non solo dentro e fuori del sistema solare ma anche in universi paralleli, dell'incontro con altre razze della Galassia, dei robot largamente impiegati nella vita del futuro come servizievoli domestici o come efficienti pedagoghi, degli orrori della catastrofe nucleare che ripiomba la civiltà umana in un nuovo medioevo barbarico, ecc. Né sono dimenticati, nei juveniles, i sentimenti più nobili e i valori più autentici dell'uomo, anzi essi sembrano trovare il loro alveo naturale nella vicenda fantascientifica: la vastità e il mistero dello spazio sono le condizioni ideali per il sorgere e il perdurare di atteggiamenti generosi, pacifici, collaborativi, antirazziali.
Concludendo, forse la fantascienza non ha tutti i crismi letterari che la possano rendere palatabile al gusto sopraffino del lettore educato secondo i canoni estetici vetero-umanistíci; ma almeno essa, nei confronti di tanta letteratura moderna agnostica e dissacrante, ha il merito di insegnare (o di tentare di insegnare) che "l'uomo è più delle sue coordinate psicologiche, più della società e dello Stato, più della scienza e dell'economia" (16). Un plauso, però, le spetta di diritto: per aver gettato un ponte tra la cultura scientifica e la cultura umanistica, com'è dimostrato dalle trame di tanti romanzi di fantascienza, basate non soltanto sulle scienze naturali (fisica, astronomia, cosmologia, ecc.), ma anche sulle scienze umane (antropologia, etnologia, sociologia, linguistica, ecc.).
Note
1 Cfr. A. MARCHESE, L'analisi letteraria, SEI, Torino 1990, pp.13-14.
2 G. PETRONIO (a cura di), Introduzione a Letteratura di massa. Letteratura di consumo, Bari, Laterza 1979, pp.IX-X.
3 La citazione è in RITA D'AMELIO, La "giovanilità" del libro per ragazzi, Adriatica Editrice, Bari 1976, p.23.
4 Cfr. A. BAZZANI, La scuola degli scrittori, in "Scuola Italiana Moderna" n.17, La Scuola, Brescia 1983, pp. 22-24.
5 A. TOFFLER, Lo choc del futuro, Rizzoli, Milano 1972, p. 421.
6 S. SOLMI, Della favola, del viaggio e di altre cose, Ricciardi, Milano 1971, p. 68.
7 Il mondo fantascientifico, in verità, è consapevole di tale situazione; si pensi alla legge enunciata da un maestro della science fiction, Theodore Sturgeon, che suona così: il novanta per cento della produzione fantascientifica è spazzatura.
8 G. DORFLES, Nuovi riti, nuovi miti, Einaudi, Torino 1977, p. 225.
9 C. PAGETTI, Il senso del futuro. La fantascienza nella letteratura americana, Ed. di Storia e Letteratura, Roma 1970, p. cit., p. 49.
10 U. Eco, Apocalittici e integrati, Bompiani, Milano 19782, cit., p. 373.
11 A. CARONIA, Incarnazioni dell'immaginario, introduzione a Nei labirinti della fantascienza, guida critica a cura del collettivo "Un'ambigua Utopia", Feltrinelli, Milano 1979, p. 30.
12 H. HARRISON, La fantascienza come letteratura, in F. P. CONTE (a cura di), Grande enciclopedia della fantascienza, Del Drago, Milano, vol. VII, 1980, p.5.
13 F. FERRINI, Che cosa è la fantascienza, Ubaldini, Roma 1970, p.18.
14 Cfr. G. CAIMMI e P. NICOLAZZINI, Le storie future, in "Robot" n.33, Armenia, Milano 1978, p. 183.
15 A. e C. PANSHIN, Mondi interiori. Storia della fantascienza, Ed. Nord, Milano 1978, p.85.
16 A. BAZZANI, op. cit., p, 24.