Havel. Una vita 4 - La Primavera di Praga e la repressione sovietica
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La Primavera di Praga
Quando il 5 gennaio 1968, come segretario generale del ramo slovacco venne nominato Alexander Dubcek, la Primavera di Praga stava per iniziare.
Al suo ritorno da un viaggio negli Stati Uniti durato 6 settimane, il paese viveva infatti un periodo di liberalizzazione politica, culturale e religiosa. Partecipe di questo nuovo clima fautore di speranze e cambiamenti nel marzo del 1968 Havel firmava una lettera al Comitato centrale del Partito Comunista per avviare un processo di democratizzazione.
Il ‘68 e l’invasione
Ma i Sovietici portarono la Primavera di Praga al suo epilogo, seguito da 20 anni di occupazione, invadendo con il loro esercito il paese il 20 agosto del 1968 in base al Patto di Varsavia del 1955. (Il 14 maggio 1955 l’Unione Sovietica, l’Albania, la Bulgaria, l’Ungheria, la Germania Est, la Polonia, la Romania e la Cecoslovacchia firmarono a Varsavia il trattato omonimo) (2)
La Federazione
Le truppe sovietiche si insediarono nel paese e Dubcek ottenne soltanto nel 1969 la federalizzazione della Cecoslovacchia con la costituzione della Repubblica Socialista Ceca e della Repubblica Socialista Slovacca.
La tragedia dell’invasione aveva spinto Vaclav a buttarsi in un vortice di febbrili attività e l’opposizione creata dal popolo all'invasione inventò mille forme di resistenza. Leggiamo: ”tenevo dibattiti nelle facoltà e nelle fabbriche, facevo riunioni, avevo la impressione che dovessi essere presente a tutto” ….ognuno capiva benissimo la disperata necessità d fare qualcosa di disperatamente estremo” (Il potere dei senza potere-Interrogatorio a distanza, pagg.23,18)
Nelle trasmissioni alla radio cecoslovacca Havel invocò l'aiuto del mondo esterno, non della NATO e delle truppe americane, ma dei suoi colleghi amici: di Gunter Grass, Osborne, Dürrenmatt, Sartre, Becket, Ionesco, Evtushenko, per protestare contro le truppe corazzate degli invasori. Fu così che divenne il portavoce del Partito Comunista ceco.
Palach
Il 19 gennaio 1969 Jan Palach, uno studente di filosofia si immolò in piazza Venceslao e Havel dichiarò pubblicamente: ”La morte di Palach sia un avvertimento contro il suicidio morale di tutti noi”. (Intervista alla televisione Ceca del 1969). Dalla televisione ceca rivolse numerosi altri appelli ai supremi funzionari del partito perché si opponessero all'occupazione sovietica e in conseguenza delle sue posizioni e accuse, i suoi testi furono messi all'indice. Nell’ aprile del ‘70 divenne presidente del “Club degli Scrittori Indipendenti” partecipando attivamente alle proteste contro l’invasione e non esitando, nel settembre, a mandare una lettera aperta ad Alexander Dubcek contro la “normalizzazione”.
Il sistema si reggeva perché i cittadini vivevano in un clima di alienazione, di capitolazione, di rinuncia alla loro identità.
Ma Havel era sicuro che il possibile riscatto poteva arrivare proprio da quei cittadini, una volta che si sentissero scossi dal torpore, affrancati dalla paura e capaci di ritrovare il desiderio di vivere nella verità. “La capacità degli individui “di vivere nella verità “è la bomba atomica che dà potere a chi non ha potere» (Havel. Una vita, pag. 257) e avrebbe fatto sgretolare il regime in un attimo. E così sarebbe successo.
L'unica cosa che gli dava un po’ di sollievo era scrivere dedicando settimane di lavoro alle sue opere anche se la situazione sociale arenata in cui si era spento ogni slancio culturale oltre che politico e la vita quasi isolata che conduceva gli creavano una profonda incapacità creativa.
Deciso a ripresentarsi al pubblico, ottenne inaspettatamente un grande successo la rappresentazione a teatro della sua ”Opera degli straccioni” del 1972 di satira politica che dopo la sua messa in scena scatenò una repressione durissima da parte della polizia nei confronti del pubblico presente e del gruppo di amici commediografi, molti dei quali, schedati, rimasero da quel momento senza lavoro.
L’8 aprile 1975 Havel, prendendo sempre più coscienza della responsabilità verso se stesso e gli altri firma con un gesto pubblico straordinario e coraggioso la famosa Lettera al segretario generale del Partito comunista Gustáv Husák (protagonista della dura repressione del popolo ceco dopo la primavera di Praga, segretario del Comitato Centrale del Partito comunista e futuro presidente della Repubblica Socialista) .
In essa Havel analizza gli stati d’animo, la depressione, l’inattività del suo popolo, soggetto ad un brutale regime repressivo e violento, individuando nella sua passività una “crisi di identità” dell'uomo moderno. Egli imputa a Husak e al suo governo di aver scelto l’esercizio di un potere condannabile: “Il sentiero del declino interiore per il bene delle apparenze esterne; il sentiero della sopportazione della vita per il bene di una sempre maggiore omologazione; quello del peggioramento della crisi morale e spirituale della nostra società degradando incessantemente la dignità umana per il meschino vantaggio della salvaguardia del vostro potere personale”. (Lettere nella storia, Carlo Di Cicco)
Con grande audacia, dunque, aveva affermato pubblicamente ciò che tutti avevano paura di dire e cioè che il regime instaurato non aveva il sostegno e l’approvazione della società cecoslovacca e la apparente “normalizzazione” era soltanto una menzogna che nascondeva la paura di arresti e ritorsioni.
NOTE
2. La Prima Repubblica Cecoslovacca (Ceskoslovenská republika, CSR) fu lo stato cecoslovacco che esistette dal 1918 al 1938; lo stato era comunemente chiamato Cecoslovacchia (Ceskoslovensko). Era composta dalla Boemia, dalla Moravia, dalla Slesia, dalla Slovacchia e dalla Rutenia subcarpatica. Dopo il 1933, la Cecoslovacchia rimase l'unica democrazia operante nell'Europa orientale, dato che gli altri stati orientali convivevano con regimi autoritari o autocratici. Sotto le enormi pressioni della Germania nazista e della minoranza tedesca dei Sudeti che vivevano nella nazione, la Cecoslovacchia fu costretta a cedere la regione dei Sudeti, abitata da tedeschi, il 1º ottobre 1938, come stabilito dagli Accordi di Monaco; sempre secondo gli accordi, alcune parti meridionali della Slovacchia e della Rutenia subcarpatica furono cedute all'Ungheria e la regione di Teschen, in Slesia, alla Polonia. Dopo la caduta dell'Impero austro-ungarico, l'Assemblea nazionale provvisoria il 14 novembre 1918 elesse Masaryk primo presidente della Repubblica cecoslovacca. Venne successivamente confermato nel 1920, nel 1927 e nel 1934. Si dimise nel 1935. Il fondatore della Cecoslovacchia dichiarò da Washington l'indipendenza della Cecoslovacchia, diffidando della Russia, ma il suo successore Benes propendeva per l'appoggio russo dando seguito alla Seconda Repubblica.
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