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Effetto 11 settembre, un anno dopo

Fonte:
Culturacattolica.it ©
intervista a Giacomo Samek Lodovici

Non si tratta di erigere steccati, ma di riscoprire Gesù Cristo, la convivenza è possibile e il nostro Papa ne è stato il più grande sostenitore, ma ci ha anche richiamati ad una fede più vera, una fede viva e concreta, capace di un giudizio sulla vita.

11 settembre 2002, un anno dopo è ancora vivo il ricordo di quanto accaduto, le torri abbattute a New York, il Pentagono colpito senza che nessuno riuscisse ad intervenire, l’aereo precipitato in Pennsylvania.

L’America che si credeva invulnerabile è stata colpita nei suoi simboli e nessuno e riuscito a difenderla.
In molti avevamo scritto che nulla sarebbe più stato come prima, in America questo è accaduto.
A distanza di un anno la ferita è ancora aperta, il dolore ha rafforzato l’orgoglio americano, il loro sentirsi “popolo”, “Nazione”, un amico che vive in America, racconta che la paura è ancora palpabile, i controlli della polizia sono attenti e “nervosi”, la tensione si respira ancora negli sguardi e negli atteggiamenti della gente.
L’America multiculturale è più diffidente verso gli arabi o i presunti tali, ma è come se si percepisse che gli americani si sentono più uniti.
Si paga il biglietto per vedere Ground Zero, si vendono a poche lire le cartoline che ritraggono un paesaggio che è ormai fa parte del passato, perché senza le torri il panorama è cambiato, ma tutto questo non impedisce agli Americani di vivere con una diversa consapevolezza.

E in Italia?

In Italia dopo l’incredulità, lo sgomento, la paura, si è ripreso a vivere, a viaggiare con sempre meno timore, in parte per il fatalismo, che come popolo un po’ ci contraddistingue e in parte, perché, per vivere l’oggi è necessario credere nel domani.

Ma un cambiamento c’è stato ed è tutt’ora in atto, si è sollevato un grido da parte di molti, una riflessione sulla nostra identità culturale.
Ci si è interrogati circa quell’atteggiamento di tranquilla indifferenza, che molti hanno avuto nei confronti degli immigrati musulmani, sulla scarsa conoscenza di questa religione, che ha fatto in modo che si pensasse che essendo monoteista in fondo fosse simile al cristianesimo.
L’indignazione che avevano suscitato gli interventi del Cardinale Biffi a proposito dell’immigrazione dai paesi musulmani, ha lasciato posto al dubbio.

Oriana Fallaci con il suo libro “La rabbia e l’orgoglio” ha dato l’avvio alla riflessione, con lei molti intellettuali e giornalisti, hanno cercato di mettere in guardia gli italiani da quei comportamenti di noncuranza, di nichilismo, che hanno finito per minare la società contemporanea proprio alle radici. Quello che colpisce è che spesso a difendere le radici cristiane dell’occidente, non siano i cattolici, bensì i laici, Ida Magli su Il Giornale invita gli italiani a difendere la propria fede “anche prescindendo dalla fede praticata, si tratta di quella culturale”.

In molti casi i cattolici sono stati accusati d’eccessivo buonismo, forse non del tutto a torto.
Infatti, spesso, si è creduto che la fratellanza e la solidarietà, nei confronti degli immigrati musulmani passassero per la rinuncia alle proprie radici cristiane e culturali, che accogliere significasse accettare le richieste degli altri a costo di abdicare a quelle che sono le nostre tradizioni.

Dopo l’11 settembre questo modo di vedere il mondo islamico è in parte cambiato, in alcuni casi si è approfondita la conoscenza di una religione così diversa da quella cristiana, una religione che fa della fede e della vita civile un tutt’uno.
Ma molto rimane ancora da fare, perché il cristianesimo è ormai “impregnato” dalla mentalità comune che lo permea in molti suoi aspetti.

Non si tratta di erigere steccati, ma di riscoprire Gesù Cristo, la convivenza è possibile e il nostro Papa ne è stato il più grande sostenitore, ma ci ha anche richiamati ad una fede più vera, una fede viva e concreta, capace di un giudizio sulla vita.
Ci sono di aiuto i santi, richiamo ad un modo originale e personale di vivere la fede al quale tendere, un modo di vivere possibile a tutti.

Negli ultimi cinquant’anni i cristiani sono stati spesso impegnati a stare al passo con i tempi, ad edulcorare il messaggio cristiano a “modernizzarlo” pensando così di renderlo più comprensibile ed accettabile alle masse.

Risultato? Un cristianesimo secolarizzato, lontano dall’uomo, si è persa l’identità cristiana, spesso non vi sono differenze tra credenti e non credenti, se non alcune attività domenicali e nemmeno sempre, i giovani si allontanano dalla fede perché questo “cristianesimo tiepido” non li affascina, la fede, ridotta a pratica intimistica e personale che nulla ha a che fare con la vita, assomiglia alla scaramanzia.

Si è parlato molto di valori, di dialogo, di tolleranza, di fratellanza, tentando di presentarli come “valori laici”, quasi a voler far dimenticare che la cultura cattolica è un patrimonio comune e non solo dei cattolici.
Ad un anno dalla tragedia dell’11 settembre, la riflessione è più che mai aperta, la speranza è quella che non finisca per essere un’occasione salottiera per soli “intellettuali”, ma, che vi sia da parte di tutti una riscoperta delle radici italiane, perché no? Ad iniziare dalla scuola e dal modo con cui molti libri raccontano la storia.

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