Fatti non parole
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In questi giorni si svolge a Milano il convegno: «Religioni e culture: il coraggio di un nuovo umanesimo», promosso dalla comunità di Sant'Egidio, con l'intento di promuovere il dialogo interreligioso.
Ben venga il dialogo, ma non nascondiamoci dietro alle parole, il dialogo è riuscito se ad esso seguono i fatti.
C'è una concretezza del vivere che dice se il dialogo ha dato frutti o se invece è rimasto sterile.
Sappiamo quanto sia difficile dialogare anche in contesti piccoli, tra genitori e figli, tra parenti, all'interno della stessa parrocchia spesso i vari gruppi si guardano con diffidenza, non si guarda alle differenze come a qualcosa da valorizzare, ma come a qualcosa che divide, persino all'interno della Chiesa molti guardano ai vari movimenti che sono sorti negli anni, non come una ricchezza ma come un fastidio.
Pertanto in un momento così tragico, tutti gli sforzi che da più parti si fanno per far conoscere le differenze delle varie religioni, per permettere che queste differenze non siano motivo di divisione ma di ricchezza, tutti questi sforzi, sono benvenuti.
Ma il dialogo deve dare frutti concreti, in assenza di questo non si è trattato d'altro che di un chiacchiericcio sterile.
Dialogare con i mussulmani moderati è buona cosa, ma dovremmo prima capire quali atti concreti definiscono il "moderato".
Non è sufficiente dissociarsi da chi commette attentati, dichiararsi solidali con le famiglie delle vittime, bisogna che all'interno delle comunità mussulmane vi sia una svolta, bisogna che i mussulmani che si definiscono moderati, siano vigili e denuncino chi tra loro prepara o commette questi atti di inumana violenza.
Quando nelle moschee si inneggia ai "porci occidentali", bisogna che questi fatti siano resi noti, gli "islamici integralisti" non devono godere della solidarietà, né dell'omertà dei loro connazionali, solo così potrà essere combattuta la battaglia per la valorizzazione delle differenze.
Il dialogo non è un segno di debolezza, di cedimento di fronte alle proprie convinzioni, questo deve essere chiaro, non deve essere una bandiera dietro la quale nascondersi, nella convinzione di aver fatto qualcosa per pacificare il mondo, il dialogo o è frutto della consapevolezza che l'altro ha un valore ed una dignità inviolabili oppure si tratta solo di una divagazione che può addirittura essere dannosa.
Fatti non parole.