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Globalizzazione e sviluppo umano nel mondo arabo

Autore:
Creaspo, Gabriele
Fonte:
CulturaCattolica.it ©



Premessa


Gli organismi internazionali non sono concordi nel definire la regione araba. Il concetto classico si riferisce ai 22 Stati membri della Lega Araba che, con i suoi 280 milioni di abitanti, ha una base economica sufficientemente solida per migliorare lo sviluppo umano. Ciò malgrado il PIL di tutti i paesi arabi raggiunge i 531,2 miliardi di dollari (1999) ed è dunque inferiore a quello della Spagna (595,5 miliardi di dollari). Già oggi il deficit rispetto alle capacità umane ha raggiunto proporzioni allarmanti: 65 milioni di adulti, dei quali due terzi donne, non sanno né leggere né scrivere e 10 milioni di bambini non sono scolarizzati. Solo lo 0,6% ha un collegamento Internet e le spese per la ricerca e lo sviluppo rappresentano un settimo della media mondiale. Il tasso di disoccupazione, che raggiunge il 15%, è il più elevato di tutti i paesi in via di sviluppo. Il 38% della popolazione ha meno di 14 anni. Un arabo di cinque continua a vivere con meno di 2 dollari al giorno. Fra 20 anni la regione ospiterà 450 milioni di abitanti.
Gli ostacoli, che ritardano le riforme e paralizzano lo sviluppo sono, in sostanza, la mancanza di libertà, l'insufficiente promozione della donna e la mancanza di conoscenze. Occorre che il mondo arabo promuova forme di governo trasparenti fondate non solo sulle tradizioni religiose e culturali ma anche su imperativi etici e sul rispetto totale dei diritti dell'uomo, basi senza le quali non è possibile dare slancio alla creatività, promuovere l'emancipazione e assicurare la partecipazione attiva di tutti gli abitanti. Solo a queste condizioni si faranno progressi nel campo dell'informatica, dell'educazione, della scienza e della tecnologia e si potranno colmare le lacune che sono di impedimento a un sano e corretto sviluppo.


1. Mondo arabo e globalizzazione


L'Accademia di Lingua Araba del Cairo per indicare la globalizzazione ha creato il termine awlama, che significa fare del mondo un tutto coerente, dare a qualcosa una dimensione globale. Il concetto è quello del controllo che una potenza egemonica esercita sul mondo che vi si uniforma. Il pensiero illuminista del XVIII sognava un universalismo che era simbolo della aspirazione dell'individuo a liberarsi dei pregiudizi della tradizione e del particolarismo per raggiungere valori universali. Per far questo è necessario il buon governo. Il mondo arabo ha adottato il termine al-hukm che significa conoscenza, giustizia, saggezza. E' la governance, che possiamo definire come un insieme di misure politiche e amministrative create per accompagnare le politiche di aggiustamento strutturale e le riduzioni drastiche delle spese dello Stato insieme con la creazione di un ambiente favorevole allo sviluppo del settore privato. Le misure di una buona governance sono: una buona amministrazione decentralizzata e responsabile dei propri atti, una funzione pubblica leggera, efficace e trasparente, un sistema giudiziario affidabile, lotta contro la corruzione, sviluppo delle libertà pubbliche e della libertà di stampa e di associazione, rispetto dei diritti dell'uomo. Si tratta infatti di instaurare un mondo retto dal primato della legge. Occorre ricreare la società civile poiché lo Stato non è più considerato il solo attore dello sviluppo e nemmeno come l'attore principale. Si ricompone così il fenomeno politico come prodotto della globalizzazione destinata a portare con sé trasformazioni economiche e finanziarie con sicuri riflessi sulla politica. Lo Stato-Nazione cede lentamente le sue prerogative classiche di sovranità per consentire una comunione universale nel riconoscimento degli stessi valori intorno agli effetti regolatori del mercato, della democrazia e di ciò che dello Stato rimane.
I paesi arabi hanno avuto esperienze storiche molto diverse dal modello occidentale, tanto da sfuggire alle tradizionali griglie di analisi. Negli anni passati il decollo economico era condizionato dallo sviluppo politico che significava costruzione di Stati-Nazione interventisti e centralizzati. Oggi si chiede loro di adottare un modello contrario. E' anche però falso credere che questa riforma politica sia una imposizione ad opera degli organismi finanziari internazionali. Dagli anni '70 in poi molti paesi avevano iniziato un lento processo di liberalizzazione politica facendo piccole concessioni alla libertà di espressione e di associazione. Ciò sulla spinta di forze interne che si sono espresse spesso in maniera violenta. Malgrado questi tentativi di apertura che hanno toccato la Tunisia, l'Egitto, il Marocco, la Giordania, il Kuwait e l'Algeria i sistemi politici e amministrativi arabi continuano a soffrire di gravi mancanze: debole partecipazione politica, insignificante ricambio delle élites dirigenti, cambiamenti in maniera non elettiva e partecipativa, partiti unici ed egemonici, sistema elettorale non affidabile, concentrazione del potere nelle mani di gruppi difficilmente identificabili, assemblee senza alcun peso reale, giustizia asservita al potere, una stampa generalmente controllata, burocrazie centralizzate, inefficaci e clientelari. Nei Paesi che hanno scelto l'economia di mercato il settore degli affari e del privato continua ad essere in stretta relazione con la struttura amministrativa e politica. A volte le riforme, in maniera paradossale come in Egitto, hanno accentuato la pressione dello Stato sul mondo associativo e rinforzato la centralizzazione e l'autoritarismo del sistema amministrativo e politico.
La regione araba ha oggi il più basso indice di libertà del mondo e "si trova al di sotto di ogni altro paese per ciò che riguarda la libertà di espressione e la responsabilità pubblica" (Rapporto PNUD 2002). Gli attori della società civile incontrano difficoltà esterne che impediscono loro di avere un ruolo attivo. Il controllo stretto da parte del potere pubblico rappresenta un serio problema.
La condizione della donna resta inferiore alle norme riconosciute, anche se si nota un progresso verso l'integrazione. E' da notare l'alta percentuale di analfabetismo fra esse. In molti paesi le donne sono oggetto anche di discriminazioni giuridiche, in altri dotati di assemblee nazionali elettive non hanno diritto di voto né quello di occupare posti direttivi.
Le risorse umane sono utilizzate in modo insufficiente e inefficace a causa di sistemi educativi inadeguati e al tasso importante di analfabetismo. Molto basso è anche il livello di accesso alle tecnologie della comunicazione. Un altro indice è la scarsità dei fondi destinati allo sviluppo. Abbiamo lo 0,4 per il mondo arabo nel 1996 contro il 2.9 del Giappone. Basso è anche il livello di accesso alle tecnologie della comunicazione e dell'informazione: solo lo 0,6% della popolazione utilizza Internet e solo l'1,2% della popolazione possiede un computer personale. Del resto, la maggio parte delle informazioni disponibili sul Web è in inglese, lingua parlata da una minoranza.
I giovani esprimono un forte desiderio di emigrare perché insoddisfatti delle condizioni attuali e delle prospettive nel paese di origine. In questo modo il fossato tra le aspirazioni e la loro realizzazione si amplia generando distacco e apatia.

2. Le componenti essenziali


La regione araba ha conosciuto un aumento della speranza di vita di 15 anni, una diminuzione di due terzi della mortalità infantile al di sotto dei cinque anni e un raddoppio del tasso di alfabetizzazione degli adulti. Progressi importanti sono stati realizzati nei servizi di base: sanità, casa, istruzione. Inoltre, c'è stato un regresso della povertà estrema. Ma ci sono segnali di attenzione. Negli ultimi venti anni il tasso di crescita del reddito pro capite degli abitanti è stato uno dei più bassi del mondo. Se l'attuale tendenza di crescita dello 0,5% all'anno permane nei prossimi anni saranno necessari al cittadino arabo 140 anni per raddoppiare, contro poco meno di dieci anni delle altre regioni del mondo.
La regione araba soffre sul piano della libertà d'iniziativa e della creatività e di una debolezza della produttività e delle conoscenze scientifiche. Il problema fondamentale è quello di un migliore utilizzo delle potenzialità finanziarie e umane esistenti. Per i paesi che posseggono ricchezza grazie alle risorse petrolifere gli investimenti non migliorano in modo produttivo e ancor meno la regione ne trae beneficio
Gli arabi sono più giovani della media mondiale: il 33% appartiene alla fascia di età compresa tra 0-14 anni. I movimenti migratori interni portano al fenomeno dell'urbanizzazione. Il tasso di crescita demografico annuale resta elevato, con un profilo di sfide e di opportunità. Dipenderà da come i singoli paesi sapranno utilizzare il loro potenziale umano.
La speranza di vita della popolazione femminile alla nascita è nettamente inferiore alla media mondiale in parte a causa di una mortalità materna elevata. Esistono disparità tra paesi arabi e disparità tra zone urbane e zone rurali. Il sistema sanitario tende a dare priorità alle cure fisiche trascurando la salute mentale e sociale. Le strutture si concentrano sulla medicina curativa piuttosto che sulla medicina preventiva. Ne risulta un aumento dei costi e il ricorso a tecnologie mediche di avanguardia che escludono una gran parte della popolazione.
Ben 15 dei 22 paesi della Lega sono al di sotto della linea della povertà in materia di accesso all'acqua potabile, con meno di 1000 metri cubi per abitante e per anno. Il degrado delle zone costiere dovuto all'inquinamento costa ai paesi arabi da 1 a 2 miliardi di dollari all'anno in perdite turistiche. I conflitti armati e le guerre hanno aggravato le minacce che pesano sugli ecosistemi locali.
Sono stati fatti progressi concreti in materia di educazione: il tasso di analfabetismo degli adulti è diminuito dal 60% del 1980 al 43% degli anni '90. L'alfabetizzazione delle donne è aumentata di tre volte. Nel 1995 il tasso di scolarizzazione nelle scuole primarie era superiore al 90% per i ragazzi e al 75% per le ragazze. Il tasso di scolarizzazione nelle scuole secondarie era rispettivamente del 60% e del 50%. Il tasso di iscrizione alla scuola secondaria è del 13% contro il 60% dei paesi industrializzati. La riduzione della spesa pubblica, l'inflazione, l'estensione della povertà e l'introduzione delle tasse scolastiche quale misura per contenere i costi hanno avuto effetti negativi sul capitale umano e soprattutto sui poveri e sulle donne.
I tassi di crescita economica non sono in rialzo e soprattutto restano legati alle variazioni del prezzo del petrolio. Il numero dei disoccupati nella regione nel 1995 era superiore ai 12 milioni, con un tasso pari al 15% della mano d'opera. Se le cose non cambieranno nel 2010 avremo 25 milioni di disoccupati. La creazione di posti di lavoro è frenata da barriere istituzionali spesso insormontabili. I mercati del lavoro sono frammentati e non funzionali. La mobilità non ha effetti significativi. Le riforme, indispensabili alla crescita, non hanno prodotto risultati. I conflitti territoriali e i conflitti interni sono di ostacolo alla sicurezza e al progresso.
Gli investimenti nel settore della ricerca e dello sviluppo restano molto deboli e rappresentano soltanto 1/7 della media mondiale. Il mondo arabo, che ha il numero più elevato di giovani nel mondo con il 38% al di sotto dei 14 anni, deve offrire opportunità migliori.
L'orizzonte è oscuro a causa della cattiva nutrizione, della disoccupazione, dell'assenza di contatti con il mondo per il deficit tecnologico e per la mancanza di libertà. Questo provoca flussi migratori di giovani qualificati verso i paesi industrializzati.
Nel campo dell'istruzione e della formazione il rapporto nota una diminuzione degli investimenti dovuta alle politiche di aggiustamento strutturale mal utilizzate che non hanno dato importanza allo sviluppo umano. D'altra parte, il dualismo dell'istruzione (scuole private di qualità per una minoranza fortunata e scuole pubbliche di qualità inferiore per la maggioranza) fa perdere all'istruzione il suo ruolo di promotore sociale e mantiene la povertà e la stratificazione sociale. Per la formazione gli investimenti sono esigui.
Per colmare il fossato bisogna trasformare gli atteggiamenti sociali e rinnovare i contatti con gli arabi espatriati per incoraggiarli a ritornare nel paese di origine. Possiamo fare un esempio. Il panorama della produzione libraria è scoraggiante: solo 300 testi sono tradotti nella regione ogni anno, ossia 1/5 della produzione di un paese come la Grecia. Un giornalista di al-Hayat sottolinea che gli arabi sono completamente isolati sul piano scientifico, tecnologico, industriale, agricolo, filosofico e letterario. E' un mondo che resta lontano dalla mondializzazione finanziaria da cui ha tratto pochi benefici.
Gli ostacoli maggiori sono nell'assenza di democrazia e di una governance efficace. La regione araba soffre di un deficit di libertà: il diritto vive nelle Costituzioni ma è ignorato nella pratica. La partecipazione del cittadino è debole, così come lo è la rappresentatività politica e la relativa partecipazione delle donne al governo. C'è una evoluzione in corso in alcuni paesi per ciò che riguarda l'espressione della vita associativa.
Non sono le risorse che mancano ma la volontà politica di investire nelle capacità di ogni singolo cittadino e nella conoscenza. E' urgente liberare le potenzialità favorendo la creatività e la libera partecipazione dei cittadini per non restare alla periferia della storia umana.


3. Le prospettive


Le risorse per lo sviluppo esistono ma devono essere meglio utilizzate. In materia di investimento tre sono i settori prioritari: il rafforzamento delle potenzialità esistenti, l'utilizzo delle potenzialità umane come leva della crescita e della produttività, la promozione della governance. Una delle chiavi del cambiamento è nella trasformazione del comportamento e delle motivazioni per stimolare la creatività e il rinnovamento. L'investimento nel campo della conoscenza richiede investimenti in tecnologia e in ricerca. La parte del PIL dedicata agli investimenti per lo sviluppo deve passare dall'attuale 0,5% al 2% alla fine di questo decennio. La regione deve mettere a profitto esperienze recenti in materia di tecnologia delle comunicazioni e dell'informazione, seguendo l'esempio della Città Internet di Dubai e del Villaggio Intelligente in Egitto.
Il rilancio dell'economia dei paesi arabi richiede un approccio multisettoriale fondato sul rafforzamento dello sviluppo umano. L'obiettivo è abbandonare la logica esclusiva della produzione per incoraggiare la competitività globale e non solo quella regionale. I mercati nazionali sono troppo limitati per sostenere una crescita fondata sulla produzione di servizi. La risposta più corretta alla globalizzazione è nell'apertura e nella adesione costruttiva che consentano ai singoli paesi di trarne profitto. Il punto di partenza deve essere l'integrazione inter-araba, che deve comprendere anche la creazione di una unione doganale e di un mercato comune. La cooperazione araba può produrre valore aggiunto se la regione concentra i propri sforzi su un numero ristretto di centri specializzati d'eccellenza nei campi dove esistono potenzialità distinte. In questo sono compresi la desalinizzazione dell'acqua nei Paesi del Golfo, la programmazione informatica in Egitto e in Giordania, l'industria dei fosfati in Marocco e in Tunisia, l'industria petrolchimica in Arabia Saudita Per fare tutto ciò è urgente provvedere alle riforme politiche. In caso contrario, nessun paese potrà sopravvivere agli effetti negativi della globalizzazione. Ogni Stato che non avrà rafforzato la propria base nazionale attraverso il pluralismo e la diversità e che ha creato tensioni interne mentre deve rispondere anche alle pressioni di conflitti esterni avrà vita difficile. Il nazionalismo, invece di diventare un fattore di discriminazione, di intolleranza religiosa e di elitismo culturale deve trasformarsi in un fattore trainante per la cooperazione e l'integrazione. Occorre rifondare le istituzioni statali, in primo luogo la rappresentatività parlamentare, che è espressione del potere legislativo, risultato di elezioni libere e democratiche. Tra le riforme un posto prioritario spetta alla riforma giuridica, poiché lo Stato di diritto, rappresentato dalle istituzioni giuridiche e legali, è il fondamento di ogni istituzione sociale. Le leggi e le procedure amministrative devono essere compatibili con i diritti fondamentali dell'uomo. Questa è la strada indicata dalla Prima Conferenza Araba sulla Giustizia che ha promulgato a Beirut nel 1999 la Dichiarazione della Giustizia.
Il mondo arabo è a un bivio della sua storia. La rinascita deve essere il frutto della buona governance e deve aiutare l'uomo a valorizzare le proprie capacità così da creare un benessere sostenibile da cui dipenderà lo sviluppo umano di ogni cittadino.

4. Globalizzazione


La globalizzazione e l'integrazione economica intesa come creazione di aree di libero scambio, unioni economiche, mercati comuni è diventato un fattore della più grande importanza per il mondo occidentale e un desiderio per i paesi in via di sviluppo. La sfida è della massima rilevanza per il mondo arabo. Il mondo islamico ha conosciuto parecchi tentativi di integrazione economica, che non hanno però dato risultati positivi. I paesi arabi, senza un serio movimento volto alla creazione di una integrazione economica regionale, non potranno entrare nel mercato globale. L'integrazione non può portare con sé un conflitto con i paesi occidentali e dovrà assumere gli stessi contorni adottati in Europa, in Asia o in America Latina. I paesi arabi e musulmani hanno fattori comuni: religione, lingua, usanze, tradizioni ma non sono finora riusciti a integrarsi.
Una integrazione economica islamica è destinata a migliorare le condizioni degli scambi con il resto del mondo e a creare condizioni economiche e politiche più stabili dando ai paesi arabi la possibilità di avere con gli altri un rapporto paritario nel mondo globale di oggi.
Esistono in verità tra i paesi arabi fattori di integrazione ma con enormi differenze interne. Alcuni sono o sono stati socialisti, alcuni sono retti da sistemi monarchici, alcuni sono repubbliche. Alcuni hanno codici di ispirazione napoleonica, altri ottomana, altri fanno riferimento alla Common Law britannica, altri all'Islam.
Le leggi dell'economia, contrariamente a quanto affermano alcuni economisti musulmani, non cambiano in una società islamica. Ciò che cambia sono gli obiettivi e le soluzioni. La legge della domanda e dell'offerta e di un utile equo restano valide. Ciò non ostante, le funzioni socio-economiche essenziali nel welfare di uno Stato islamico sono le seguenti:



Eliminare la povertà e la disoccupazione
Promuovere la stabilità monetaria
Assicurare la giustizia sociale ed economica attraverso una equa distribuzione delle ricchezze
Garantire l'ordine e la sicurezza
Sviluppare in modo armonico la cooperazione e le relazioni internazionali e regionali
Riconoscere la legittimità della libero mercato, della proprietà privata e del profitto


Un certo numero di paesi produttori di petrolio, tra cui l'Arabia Saudita e i paesi del Golfo, traggono il 90% delle loro entrate dal petrolio stesso e hanno un elevato reddito pro capite ma una limitata base industriale. Altri paesi petroliferi, tra cui Iraq, Libia e Algeria, hanno incoraggiato la diversificazione industriale sotto un rigido controllo statale. Molti con limitate riserve petrolifere, come Egitto, Giordania, Siria, Marocco, Sudan e Tunisia, dipendono dall'industria e dall'agricoltura. Tutti questi paesi importano quantità significative di materiali e di servizi tecnici.


5. L'integrazione politica ed economica


In molti paesi arabi le condizioni politiche sono instabili e soggette a improvvisi mutamenti. Il rischio si accompagna spesso a fattori religiosi poiché l'opposizione ha una base religiosa fondamentalista. Un altro fattore di instabilità è l'assenza di governi democratici.
La società araba può trarre vantaggio da un commercio su scala mondiale per soddisfare le proprie esigenze economiche senza per questo rinunciare ai principi della shari'a. L'Islam non è contro la modernizzazione. Il problema reale è conciliare il miglioramento delle condizioni di vita con i principi islamici. Un obiettivo comune a tutta la regione è l'indipendenza tecnologica rispetto ai paesi sviluppati. Per fare questo è necessario sviluppare l'industria, il sistena scolastico e la formazione del personale. La regione ospita popoli legati non solo da legami geografici e storici, morali e religiosi ma anche da una tradizione commerciale. I paesi arabi hanno sistemi molto diversi però dal punto di vista sociale e tecnologico. In questo modo, non c'è un singolo mercato ma un insieme di mercati individuali. Le industrie sono strettamente dipendenti dal trasferimento delle tecnologie dall'estero per rinnovare le proprie attività che consistono principalmente nell'assorbimento e nell'adattamento di tecnologie importate per una futura assimilazione. Così, una società urbanizzata dipende quasi interamente dalle importazione di tecnologie sempre più avanzate. I beni prodotti in loco sono di minima importanza mentre tutto ciò che riguarda i trasporti, le comunicazioni, la produzione e la distribuzione di energia e dell'acqua deve essere importato.
Il concetto di integrazione economica internazionale porta con sé cambiamenti profondi dell'economia di un singolo paese o di un gruppo di paesi. Per i paesi arabi ogni cambiamento potrà essere positivo se porterà con sé legami più stretti per una migliore e più forte cooperazione tra i singoli paesi musulmani.
La cooperazione è uno dei concetti portanti della filosofia economica islamica. E' menzionata esplicitamente nel Corano e nella Sunna come atteggiamento benefico per l'umanità oggi. Le relazioni economiche dovrebbero essere cooperative per loro natura. Lo scopo può essere raggiunto se i paesi arabi e musulmani porranno fine ai conflitti incessanti che spesso li hanno divisi e raggiungeranno in primo luogo l'indipendenza politica ed economica in una realtà liberalizzata.
Il primo organismo che si è fatto promotore della necessità di una cooperazione economica tra i paesi arabi è stata la Lega Araba circa 40 anni fa. Ma si trattò soprattutto di una cooperazione politica e militare. L'economia fu considerata un effetto e non la causa della cooperazione politica.
Oggi, con l'emergere dei blocchi internazionali, questa visione è ampiamente superata.
Da allora in poi sono maturati altri progetti:


Nuovi centri per lo Sviluppo e l'Investimento
Il Fondo Arabo per lo Sviluppo Economico e Sociale
Il Fondo Kuwaitiano per lo Sviluppo Economico Arabo
Il Fondo di Abu Dhabi per lo Sviluppo Economico Arabo
Il Consiglio Per l'Unità Economica Araba
Il Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC)
La Banca Araba per lo Sviluppo Economico dell'Africa
L'Unione del Maghreb Arabo (UMA) con Marocco, Mauritania, Algeria, Tunisia e Libia
Il Fondo Monetario Arabo (AMF)
Il Programma Finanziario per il Commercio Arabo
Il Mercato Comune Arabo (1964)
L'Area Araba di Libero Scambio


Il leader libico Muammar Gheddafi ha più volte tentato di farsi promotore tra gli altri Stati arabi di una stabilità sociale, politica ed economica. Il presidente egiziano Mubarak ha chiamato spesso gli arabi alla creazione di una reale unità economica. L'emiro del Qatar sostiene che lo sviluppo regionale passa attraverso l'integrazione. Molti aspettano la creazione di una zona araba di libero scambio, difficile da realizzare per la diversità dei diversi sistemi economici. Ciò malgrado, il mondo arabo soffre di uno stato di frammentazione e ogni paese affronta il mondo esterno in modo individuale. Non traggono alcun beneficio da una stretta cooperazione nel campo dello sviluppo umano e della sicurezza. Il XXI secolo sta ponendo ai paesi arabi sfide senza precedenti. La cooperazione internazionale si intensifica e il successo economico è sempre più dipendente dalle conoscenze tecnologiche. Le fasi successive della liberalizzazione economica sotto l'ombrello del General Agreement on Tariffs and Trade (GATT) ha prodotto flussi di investimenti internazionali e rapidi miglioramenti tecnici ma ha anche portato a rapidi cambiamenti nel commercio mondiale e nei flussi di capitali. Non solo, ma ad un ruolo sempre più importante delle corporazioni internazionali corrisponde un declino degli Stati. I paesi arabi per costruire il loro futuro devono essere in grado di affrontare con mentalità nuova mutamenti strutturali, le sfide della globalizzazione, compresi gli effetti negativi, l'apertura economica e rispondere in modo diverso alle sfide che vengono poste ai governi, agli imprenditori, agli investitori, ai partiti e alle istituzioni politiche.
Per affrontare il nuovo ordine mondiale devono giungere a formulare obiettivi comuni e a creare istituzioni capaci di realizzarli. La globalizzazione cambia l'economia mondiale, elimina gli ostacoli creati dalle condizioni geografiche e dalla distanza, ridefinisce i concetti tradizionali dell'economia, integra le attività economiche dell'intero pianeta e rinforza sui mercati il potere delle multinazionali. Il mondo arabo deve raggiungere forme di unità soprattutto in settori come l'agricoltura, il tessile, il petrolchimico e la cultura. Ma vi sono altre ragioni non economiche che devono portare alla cooperazione tra gli Stati. Le relazioni politiche internazionali sono state trasformate dalla nascita di entità sovranazionali che hanno portato alla formazione di grandi coalizioni con proprie istituzioni divenute più importanti delle singole autorità nazionali degli stati membri. Le piccole entità non potranno sopravvivere.
I paesi arabi hanno di fronte non solo sfide esterne ma anche problemi interni. Tra essi la povertà, la disoccupazione, crescenti difficoltà ambientali, compresi il degrado delle risorse naturali come l'acqua e la terra. Bisogna inoltra dare nuova forma al sistema educativo, sostenere la ricerca e le istituzioni regionali basate su una rivalutazione dei contenuti e degli obiettivi, della educazione e della ricerca scientifica, insieme con il miglioramento della situazione economica, così da essere in grado si sostenere la competitività internazionale.
E' necessario migliorare la cooperazione politica, sociale ed economica tra i paesi arabi negli anni futuri così da consentire ad ogni classe sociale di lavorare insieme. Al di là di un allargamento dei mercati attraverso un'Area Araba di Libero Scambio è necessario crearsi delle priorità che includono il miglioramento delle capacità umane, tecniche e produttive della regione e creare ciò che può essere chiamata una "cittadinanza araba" che garantisca la libertà di movimento dei fattori di produzione, compresi il lavoro, i capitali, i beni e i servizi. Questo richiede la messa in opera di una struttura istituzionale in grado di operare per il raggiungimento degli obiettivi assicurando il consenso e la partecipazione popolare poiché l'essere umano deve essere al centro dei processi di sviluppo.
La dignità e la libertà degli arabi devono spingere i singoli Stati a unirsi per assicurare alcuni servizi fondamentali: la salute, la scuola e la formazione, soprattutto per le donne e per coloro che vivono in aree rurali insieme con sforzi incessanti per sconfiggere l'analfabetismo. E' questa la base di ogni forma di cooperazione, il motore del solo futuro possibile per ogni cittadini arabo. Il nuovo ordine globale non potrà essere affrontato senza queste premesse.

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