Condividi:

In che senso l'islam sfida la Chiesa

Autore:
Savorana, Alberto
Fonte:
Tracce Litterae Communionis Gennaio 2002

In un libro del 1889 una pagina attualissima. Il grande pensatore russo Vladimir Solov’ev mette in guardia dal pericolo rappresentato da due eresie dei primi secoli, che negavano la carnalità del Mistero e la libertà dell’uomo. Dalla cui sintesi è nata la religione musulmana


Le pagine che proponiamo sono tratte dal libro di Vladimir Solov’ev La Russia e la Chiesa universale, scritto nel 1889 e pubblicato in Italia cent’anni dopo da “La Casa di Matriona”, l’editrice del Centro Russia Cristiana diretto da padre Romano Scalfi.
Si tratta di un contributo offerto a chiunque desideri rendersi conto della gravità della sfida che attende i cristiani dopo l’11 settembre e che gli attentati di New York e Washington hanno solo reso più drammaticamente urgente: ritrovare le ragioni della fede nell’uomo Gesù di Nazareth, da duemila anni compagnia di Dio all’uomo. I neretti sono nostri.
1. Solov’ev parte dalla consapevolezza che il dogma centrale del cristianesimo è l’unione del divino e dell’umano, sostenendo la conseguente necessità di una rigenerazione della vita sociale e politica.
Il vero dogma centrale del cristianesimo è l’unione intima e completa del divino e dell’umano senza confusione e senza divisione. La conseguenza necessaria di questa verità (per limitarci alla sfera pratica dell’esistenza umana) è la rigenerazione della vita sociale e politica attraverso lo spirito del Vangelo, è cioè lo Stato e la società cristiana.
2. Quindi individua in due grandi eresie dei primi secoli cristiani i principali fattori della crisi che colpì la Chiesa d’Oriente: a) il monoteismo, che affermando che Gesù non avrebbe avuto una volontà umana, ma solo quella divina, negava la libertà umana; b) l’iconoclastia, che, negando il culto delle immagini, sopprimeva l’immagine vivente dell’incarnazione divina e la sua manifestazione storica. Dio e l’uomo sono così separati irriducibilmente.
Invece di quest’unione sintetica e organica del divino e dell’umano, si ebbero successivamente la confusione dei due elementi, poi la divisione e da ultimo l’assorbimento e la soppressione dell’uno o dell’altro. Dapprima si confusero il divino e l’umano nella maestà sacralizzata dell’imperatore. Come nell’idea confusa degli ariani il Cristo era un essere ibrido, più di un uomo e meno di un Dio, così il cesaropapismo - questo arianesimo politico - confondeva senza unirle la potenza temporale e la potenza spirituale e faceva dell’autocrate qualcosa di più di un capo di Stato, senza poterne fare il vero capo della Chiesa.
Si separò poi la società religiosa dalla società profana, confinando la prima nei monasteri e abbandonando il forum alle leggi e alle passioni pagane. Il dualismo nestoriano, condannato in Teologia, divenne la base stessa della vita bizantina. Per un altro verso, si ridusse l’ideale religioso alla contemplazione pura, cioè all’assorbimento dello spirito umano nella divinità, ideale evidentemente monofisita. Quanto alla vita morale, le si tolse la sua forza attiva imponendole come ideale supremo la sottomissione cieca al potere, l’obbedienza passiva, il quietismo, cioè la negazione della volontà e dell’energia umane: eresia monotelita. Infine, nel quadro di un ascetismo esasperato, si tentò di sopprimere la natura corporea, di spezzare l’immagine vivente dell’incarnazione divina: applicazione inconscia ma logica dell’eresia iconoclasta.
3. L’essenza religiosa dell’islam si fonda sulle due eresie citate (monotelismo e iconoclastia), vedendo nell’uomo una forma finita senza alcuna libertà e in Dio una realtà infinita senza alcuna forma.
Questa contraddizione profonda tra l’ortodossia professata e l’eresia praticata era per l’impero bizantino un principio di morte. Ed è questa la vera causa del suo crollo. Era giusto che finisse, ed era giusto anche che finisse a opera dell’islam. L’islam è il bizantinismo coerente e sincero, liberato da ogni contraddizione interiore. È una reazione piena e completa dello spirito orientale contro il cristianesimo, è un sistema nel quale il dogma è intimamente legato alle leggi della vita, nel quale la credenza individuale è in perfetto accordo con lo stato sociale e politico.
Già sappiamo che il movimento anticristiano, che si era manifestato nelle eresie imperiali, era culminato nel VII e nell’VIII secolo in due dottrine, l’una delle quali (quella dei monoteliti) negava indirettamente la libertà umana, mentre l’altra (quella degli iconoclasti) rifiutava implicitamente la fenomenalità divina. L’affermazione diretta ed esplicita di questi due errori costituì l’essenza religiosa dell’islam, che vede nell’uomo una forma finita senza alcuna libertà e in Dio una libertà infinita senza alcuna forma. Una volta che Dio e l’uomo siano stati così fissati ai due poli opposti dell’esistenza, non vi è più alcun nesso fra loro, e ogni realizzazione discendente del divino al pari di ogni spiritualizzazione ascendente dell’umano resta del tutto esclusa.
4. La religione viene ridotta in questo modo a un rapporto puramente esteriore, rituale, tra il creatore onnipotente e la creatura priva di libertà, che perciò non deve al creatore se non un atto di devozione cieca (senza ragioni): questo, infatti, è il significato della parola “islam”, cioè “sottomissione”.
E la religione si riduce a un rapporto puramente esteriore tra il creatore onnipotente e la creatura che è privata di qualsiasi libertà e non deve altro al suo signore se non un semplice atto di devozione cieca (è questo il senso del termine arabo islam). Questo atto di devozione, espresso in una breve formula di preghiera che si deve ripetere immutabilmente ogni giorno a ore fisse, è tutta l’essenza religiosa dello spirito orientale che ha detto la sua ultima parola per bocca di Maometto.
5. In questo contesto non vi è alcuna necessità di cambiare l’uomo e la società, poiché tutto è abbassato al livello puramente naturale della vita; l’ideale è così ridotto a una misura che permetta in qualche modo una realizzazione immediata.
A questa semplicità dell’idea religiosa corrisponde una concezione non meno semplice del problema sociale e politico: l’uomo e l’umanità non sono chiamati a realizzare alcun progresso essenziale; non si dà rigenerazione morale per l’individuo e a maggior ragione per la società; tutto è abbassato al livello dell’esistenza puramente naturale; l’ideale è ridotto a una misura che gli garantisce una realizzazione immediata. La società musulmana non poteva avere altro scopo se non l’espansione della sua forza materiale e il godimento dei beni della terra. Tutto il compito dello Stato musulmano, compito che gli sarebbe ben difficile non adempiere con successo, consiste nel diffondere l’islam con le armi e nel governare i fedeli con un potere assoluto e secondo le regole di una giustizia elementare fissate nel Corano.(...)
6. La Chiesa d’Oriente non seppe opporsi all’anticristianesimo “aperto e onesto” dell’islam. Solov’ev identifica questa debolezza col termine bizantinismo (un anticristianesimo nascosto sotto una maschera ortodossa), per cui in Egitto e in Asia bastarono cinque anni per ridurre ad archeologia la Chiesa orientale.
Ma il bizantinismo, che è stato ostile per principio al progresso cristiano, che ha voluto ridurre tutta la religione a un fatto compiuto, a una formula dogmatica e a una cerimonia liturgica - questo anticristianesimo nascosto sotto una maschera ortodossa - ha dovuto soccombere nella sua impotenza morale di fronte all’anticristianesimo aperto e onesto dell’islam. È curioso constatare come la nuova religione, con il suo dogma fatalista, sia apparsa proprio nel momento in cui l’imperatore Eraclio inventava l’eresia monotelita, quella cioè dietro la quale si celava la negazione della libertà e dell’energia umana. Con questo artificio si voleva consolidare la religione ufficiale, e ricondurre all’unità l’Egitto e l’Asia. Ma l’Egitto e l’Asia preferirono l’affermazione araba all’espediente bizantino. Se non si tenesse in conto il lungo lavorio anticristiano del Basso Impero, non vi sarebbe nulla di più sorprendente della facilità e della rapidità che caratterizzarono la conquista musulmana. Cinque anni furono sufficienti per ridurre a una esistenza archeologica tre grandi patriarcati della Chiesa orientale. Il fatto è che non vi erano conversioni da compiere, ma solo un vecchio velo da strappare.
La storia ha giudicato e condannato il Basso Impero. Esso non solo non ha saputo compiere la propria missione - fondare lo Stato cristiano -, ma si è attivamente adoperato per far fallire l’opera storica di Gesù Cristo. Non essendo riuscito a falsare il dogma ortodosso, lo ha ridotto a una lettera morta; ha voluto minare alla base l’edificio della pace cristiana attaccando il governo centrale della Chiesa universale; e nella vita pubblica ha sostituito la legge del Vangelo con le tradizioni dello Stato pagano.
7. L’errore della Chiesa d’Oriente fu di pensare che bastasse conservare astrattamente i dogmi e i riti, relegando il cristianesimo nel tempio, senza preoccuparsi della vita sociale e politica per continuare a esistere.
I bizantini hanno creduto che, per essere veramente cristiani, fosse sufficiente conservare i dogmi e i riti sacri dell’ortodossia senza preoccuparsi di cristianizzare la vita sociale e politica; hanno creduto che fosse cosa lecita e degna di lode confinare il cristianesimo nel tempio e abbandonare l’agone pubblico ai princìpi pagani. Non poterono certo lagnarsi del loro destino. Hanno avuto quello che volevano: hanno conservato il dogma e il rito e solo la potenza sociale e politica è caduta in mano ai musulmani, eredi legittimi del paganesimo.
Siamo così d’accordo con Solov’ev che non vogliamo essere bizantinisti, coscienti come siamo che il rischio corso dalla Chiesa d’Oriente dei secoli antichi sia attuale anche per noi, cristiani d’Occidente, chiamati dalla “pretesa cristiana” a vivere una sfida analoga a quella degli inizi.

Vai a "Islam"