Condividi:

L'Islam: la vita di Maometto

Autore:
Borghi, Carlo
Fonte:
Saggi sul problema religioso - Città Armoniosa

1. - Nel settimo secolo dopo Cristo, nell'Arabia arida ed abitata da nomadi beduini, tranne che in poche città rette a repubbliche oligarchiche, come la Mecca e Medina, sopravviveva ancora, benché decrepito e in dissoluzione, il vecchio paganesimo semita. Questo era ridotto ad una specie di polidemonismo, con divinità adorate localmente o da singoli gruppi umani e che sono piuttosto gnomi o folletti, più che dei veri e propri. L'importanza di questi dei dipendeva dal prestigio e dalla ricchezza dei luoghi dove si veneravano e anche dalla sontuosità del culto che vi si esercitava. L'immenso paese è tagliato fuori dalle grandi linee di comunicazione delle altre grandi culture che dominano nel mondo circostante, ma vi abitano numerose colonie giudaiche, talvolta di notevole rilievo economico, e vi arrivano anche esili infiltrazioni di cristiani, specialmente nestoriani e monofisiti, sia dall'Abissinia sia dal nord, a livello di schiavi o qualche mercante o soldati abissini, molti di essi apportatori di un Cristianesimo, approssimativo e per di più gnosticheggiante, poiché le sette gnostiche, con le loro teorie di emanazioni successive di entità da parte di Dio, incontravano favore tra le immaginose popolazioni orientali. Qualche notizia e qualche influenza arrivava pure da parte del monachesimo orientale e di monaci eremiti, anche nelle forme più fanatiche come gli stiliti, che impressionavano i pagani arabi. La struttura sociale dei pagani arabi, sia nomadi sia urbanizzati, era quella di sempre, coi loro sceicchi per i nomadi e le loro oligarchie per le piccole repubbliche sedentarie, ma sempre ignorando la figura di un re assoluto e meno ancora di una regalità di origine divina. Tuttavia si era ben lungi dall'aversi una qualsiasi forma di unità nazionale, benché ne esistessero alcuni presupposti, come l'unità linguistica e razziale e la comune tradizione letteraria, non di poemi epici ma di una notevole produzione poetico-lirica. Mancava anche l'unità religiosa, benché in alcune città, come alla Mecca, anche per ragione di fiere e mercati, si svolgessero cerimonie di ampio richiamo, attorno al dio locale Hubal e ad una pietra nera, basaltica, forse un aerolito, e anche forse idolo dello stesso Hubal, attorno alla quale esisteva un culto piuttosto sentito anche se di significato piuttosto occulto. In tale condizione storica, verso l'anno 570 d.C. nasce alla Mecca il riformatore della nazione araba, Maometto (cioè Muhammad, che significa il bene amato, quasi sinonimo di Ahmed). La gioventù di Maometto, appartenente alla potente tribù Quraish, custodi delle Ka'aba dove si custodiva la pietra nera, è pressoché totalmente sconosciuta. La tradizione lo dice dotato di grande saggezza e di un acuto senso politico nell'approfittare delle circostanze, equilibrato, nemico degli eccessi e delle definizioni troppo definitive, nonché dotato di alta religiosità e di grande spirito nazionalistico.

2. - Verso i quarant'anni d'età, Maometto subisce una profonda crisi, di natura sia religiosa che nazionalista. Dopo un periodo caratterizzato da un bisogno di solitudine e di meditazione (per cui si raccoglieva spesso in una grotta presso la Mecca), Maometto passa per crisi di carattere estatico, che alcuni hanno interpretato come epilettoidi, per il tremore e il senso angoscioso di freddo che le accompagnava. Durante le medesime crisi, e certamente in buona fede almeno agli inizi, Maometto crede di vedere l'angelo Gabriele apparirgli all'orizzonte ed avvicinarglisi per esortarlo "a recitare" oppure leggere l'invocazione a Dio (Allah) unico e creatore, e ciò come rivelazione di Dio stesso e dell'eterno libro, il Corano, in cui tale rivelazione è fatta da Dio personalmente. Secondo l'affermazione contenuta appunto nel Corano:

"Non erra Maometto, né viene ingannato
né parla per sua volontà.
Il Corano non è se non una rivelazione che a lui viene fatta.
Glielo ha insegnato Gabriele, il potente,
dotato d'intelligenza, che gli appare librandosi in aria
mentre si trovava nell'orizzonte più alto.
Poi discese e rimase sospeso nell'aria,
indi fu a un intervallo di due archi, o più vicino ancora,
e rivelò al suo servo ciò che rivelò.
Non fu menzognero Maometto nel riferire ciò che egli ha realmente visto" [sura 53, 2-11].

Da questa visione ha inizio la rivelazione, o meglio la dettatura del Corano, inteso come parola di Dio in prima persona, che Maometto deve "recitare". Questo libro, "col suo stile concitato e strano, si riassume nel precetto di credere in un Dio unico, che si è già rivelato ad altri profeti (Abramo, Mosè e Gesù), e chiama Maometto per avvertire gli arabi che Dio, unico e onnipotente sebbene misericordioso, sarà terribile nel giudizio finale, che è atteso con angoscia e che spinge a penitenza; Dio, cui non va offerto omaggio di vittime, ma di dedizione, riverenza, timore e vita buona".

Questo messaggio è trasmesso da Maometto ad un piccolo gruppo, dapprima tra le derisioni generali dei suoi concittadini che lo ritenevano un visionario o un mago, ma poi questo gruppo si estende formando un primo nucleo di credenti che si raccolgono e mandano a memoria i successivi messaggi. In questi successivi messaggi, Maometto ingloba, per la sua nota abilità nel compromesso politico, anche alcuni elementi dell'antico paganesimo, per limitare l'impatto di una mutazione troppo brusca di religione, ed anche elementi che riteneva interessanti, presi dalle fonti, di livello piuttosto basso, delle culture giudaica e cristiana con cui veniva a contatto. Così, per esempio, tutta la tematica giudaica dei patriarchi, anche se con particolari strani, vengono riversati nel Corano. Ma è singolare l'ignoranza e la disinformazione di Maometto su alcune credenze fondamentali del Cristianesimo, forse arrivate a lui attraverso le prediche dei missionari, in prevalenza nestoriani, o anche attraverso una moglie cristiana. Così egli deforma la dottrina cristiana della Trinità, che egli osteggia in nome del suo rigido monoteismo, ma crede formata dal Padre, dalla Vergine madre di Gesù e da Gesù stesso; per di più crede che Maria, madre di Gesù, sia la stessa persona che Miriam, la sorella di Mosè [sura 19, 22]; così ancora l'istituzione della Cena da parte di Gesù viene stravolta come la discesa di una tavola imbandita dal cielo. Ma soprattutto di origine cristiano-gnostica è la dottrina, così profondamente radicata nel Corano, di una rivelazione originaria, esistente presso Dio e discesa successivamente ad una serie di profeti, ad alcuni con un "libro", ad altri solo oralmente, come avvenne con Mosè cui fu data la Bibbia, e con Gesù cui fu dato il Vangelo, ed infine e definitivamente con Maometto, cui fu data la rivelazione definitiva e il Corano che la contiene. Dottrina, questa, che sembra da ricollegare alle successive emanazioni dalla inaccessibile divinità, nelle dottrine gnostiche.

Oltre che religiosa, la crisi di Maometto fu nazionalistica. Alla Mecca, come si è detto, erano frequenti e attraenti le feste religiose pagane, accompagnate da fiere e mercati, e la fantasia e lo spirito di Maometto furono colpiti e impressionati dal grande spettacolo della forza di richiamo del fenomeno religioso, come anche della sua forza unificatrice sulle tribù arabe, per altri motivi divise e spesso ostili tra loro. Ma al suo spirito osservatore ed astuto non sfuggì che da quella forza ormai in disgregazione che era il paganesimo tradizionale, egli non poteva sperare di trarre incentivi e motivazioni sufficientemente valide per imprimere un nuovo destino a quella che egli percepiva come una unità, cioè la nazione araba. Oltre i confini arabi, come egli capiva dalle pur deboli e frammentarie notizie che gli giungevano, altre voci di grandi culture e grandi religioni, il giudaismo e il Cristianesimo, operavano in quel senso unificatore e stimolante che egli sognava per la nazione araba. Per questo la tradizione giudaica e quella cristiana, o almeno quello che egli credeva tali, furono elaborate in modo geniale e singolare, benché non fossero pienamente comprese e anzi fossero stranamente deformate nella mente di Maometto. Specialmente lo colpì il principio e la funzione della profezia, in quel processo di formazione di una forza unificatrice religiosa, e ciò alimentò la sua persuasione di un'identità tra la sua missione come profeta, dopo le visioni di cui si è detto, e quella di Mosè e di Cristo. Egli si sentì il profeta inviato a predicare la religione unificatrice del suo popolo, la nazione araba. Maometto sentì che il santuario della Mecca, la Ka'aba, poteva essere il centro della nazione araba unificata in una religione, ma il Dio della sua prima predicazione, Allah, benché forse fosse il nome del dio tribale della Mecca, doveva assomigliare all'imponente figura del Dio dei giudei e dei cristiani, per uniformarsi all'idea del Dio solo e terribile delle sue rivelazioni. Attorno a questo Dio, Allah, non più dio tribale ma unico e terribile, cui si deve rispetto e dedizione assoluta, che deve giudicare il mondo con giustizia, Maometto costruì in una volta sia la religione che porta il suo nome ed è detta Islam, cioè totale sottomissione, sia l'unità della nazione araba.

3. - La primitiva e piccola comunità di credenti della Mecca, dunque, oltre a raccogliere le rivelazioni di Maometto, si radunava per pregare, cominciando dalla formula di fede:

"La lode spetta a Dio, il Signore dei mondi,
il misericordioso, il compassionevole,
il padrone del giorno del giudizio.
Te noi serviamo e te invochiamo in aiuto,
guidaci per il retto sentiero,
il sentiero di quelli che tu hai favorito,
contro i quali tu non sei adirato,
e che non vanno erranti" [sura 1].

Per confortare i credenti per le persecuzioni mosse dagli stessi compagni di tribù di Maometto, i Quraishiti, padroni della Ka'aba, Maometto annuncia le punizioni mandate ai popoli empi e ripete le minacciose profezie del giudizio finale contro gli infedeli. Fino a questo punto, secondo alcuni, pare che Maometto coltivasse l'illusione che la sua dottrina fosse la forma araba del giudaismo e del Cristianesimo, tanto più che egli interpretava una profezia cristiana, di cui aveva avuto sentore, come una conferma della sua dottrina della rivelazione a profeti successivi. La profezia in parola è quella in cui Gesù annuncia la venuta di qualcuno che i Vangeli cristiani chiamano il Paraclito, ossia l'Aiuto, ma che nella traduzione araba arrivata a Maometto suonava come Ahmed, cioè l'Amato, nome facilmente sostituibile col proprio nome di Maometto (Muhammad), forma verbale un poco diversa dello stesso verbo da cui è tratto Ahmed. Così Maometto pensò di essere stato profetato da Gesù. Quando si accorse che i cristiani non accettavano questa versione del Vangelo, insieme alle altre strane deformazioni del Cristianesimo cui abbiamo già accennato, Maometto accusò i giudei e i cristiani di aver deformato la Bibbia e i Vangeli per ostacolarne il contenuto profetico nei suoi confronti, nonostante il fatto ovvio che la Bibbia fosse stata scritta tanti secoli prima di Maometto e si fosse conservata con tanta fedeltà. In ogni modo, le difficoltà incontrate da Maometto alla Mecca fecero balenare nella sua mente l'idea di un Islam che si fa strada da sé con le armi, un Islam guerriero, cosa che si è conservata fino al giorno d'oggi. Dopo inutili tentativi di accordarsi alla Mecca, Maometto prese accordi con i capi di Medina (patto di Al-'Aqabah), in conseguenza dei quali fu riconosciuto non solo come profeta della nuova religione, ma anche come capo della città, e nell'anno 622 d.C. (anno dell'Egira), coi suoi, si trasferì o fuggì a Medina, dove si trovò capo di una teocrazia militante e guerriera. Questa fu la definitiva separazione di Maometto dal paganesimo della sua città d'origine, e si chiamò Egira, e segna l'inizio dell'era mussulmana. Mussulmano viene dal plurale muslim, i credenti nell'Islam.
La religione che Maometto insegna a Medina è, secondo lui, "un ritorno alla religione vera, primitiva, di Abramo, ed era da lui in origine concepita come un giudaismo spogliato del cerimoniale mosaico, o un Cristianesimo liberato dal concetto dell'espiazione e della Trinità, capace quindi di assorbire il paganesimo, il giudaismo e il Cristianesimo". In tal senso l'Islam medinense è già sulla via di diventare una religione universale, anche se mantiene sempre il privilegio della nazione araba, che non sarà mai tolto.

4. - A Medina, come profeta e insieme come capo politico-militare, Maometto organizza la comunità di cui è sovrano, prima di tutto regolando la convivenza tra credenti e giudei, numerosi nella città, sulla base nuova per cui l'unità tribale è sostituita dall'unità religiosa. Ma quando si accorge dell'irriducibilità dei giudei alla nuova fede, li ostilizza chiamandoli "ipocriti". Per Maometto, l'Islam è l'unica fonte di diritti e di doveri dei cittadini del regno di Dio in terra. Per calcolo politico, però, Maometto permette alcuni residui del vecchio ordine pagano; così è lasciato il diritto per certe vendette tribali, per la poligamia, benché limitata, per la schiavitù, pur con qualche attenuazione e così via.

Nello stesso tempo, anche per vendicarsi di tutti quelli che l'hanno osteggiato e costretto ad allontanarsi dalla Mecca, e senza trascurare l'attrattiva delle ricche carovane che scendono dalla Siria fino alla Mecca, Maometto autorizza l'apertura delle ostilità militari contro i meccani e le loro carovane, in nome dell'Islam, cioè apre una guerra santa, stabilendo nello stesso tempo norme precise per la spartizione del bottino, norme entrate a far parte del diritto mussulmano. Il primo scontro di una certa importanza fu la cosiddetta battaglia di Badr, una scaramuccia tra un paio di migliaia d'uomini, avvenuta a circa 105 km da Medina dove fu attaccata la retroguardia di una carovana; vi fu un centinaio di morti. Lo scontro, raccontato dalle fonti arabe e dallo stesso Corano con toni epici, e con l'asserito intervento di angeli in favore dei credenti, segna l'inizio della fulminea e straordinaria espansione militare dell'Islam, diventata sì una religione universale ma a costo di trasformare una religione in una feroce e fanatica aggressività militare, anche se seguita di solito, dopo la conquista, da una sostanziale avvedutezza e remissività politica. L'arma missionaria più importante dell'Islam, così povero di motivi teorici, fu la guerra santa, in nome dell'Islam. Questo carattere aggressivo e teocratico dell'Islam continua, almeno in teoria, fino al giorno d'oggi.

5. - L'anno 623 d.C., seguente a quello della battaglia di Badr, i Quraishiti della Mecca attaccarono Medina e nella battaglia di Uhud sconfissero i mussulmani, che ebbero un centinaio di morti, tra i quali Hamzah, uno zio di Maometto. I medinesi si raccolsero nella loro città, e tutto finì lì. Ma, come al solito, Maometto approfittò di questa circostanza per dichiarare di aver ricevuto la rivelazione che promette il paradiso a tutti quelli che cadono in battaglia per l'Islam. In quell'occasione, anche Maometto attribuì la colpa della sconfitta agli ebrei rimasti a Medina, perciò ne cacciò via una gran parte, depredandoli dei loro averi, che distribuì ai suoi fedeli. Nella stessa occasione promulgò diverse norme di diritto pubblico e fondiario. Nel 627 d.C., i Quraishiti fecero un ultimo tentativo contro i mussulmani di Medina, radunando una coalizione di 10.000 beduini. Nelle fonti arabe rimase celebre, in questa occasione, il persiano Salman, che costruì un famoso fosso attorno a Medina. Là si raccolsero i mussulmani, che finirono per scacciare gli assalitori. E ancora una volta Maometto incolpò gli ultimi ebrei rimasti a Medina, per i fatti avvenuti. Li aggredì e li massacrò tutti, promulgando insieme le norme islamiche, valide in teoria fino al giorno d'oggi, per il trattamento dei prigionieri di guerra, che sono lasciati alla discrezione del comandante, per essere lasciati in vita, o dati a morte, o ridotti in schiavitù.

6. - Nel 629 d.C. Maometto riuscì a concludere una tregua coi pagani Quraishiti della Mecca (patto di al-Hudaibiyyah), che con la sua solita abilità trasformò in strumento di infiltrazione nel campo nemico. Da ciò derivò la norma islamica per cui con gli infedeli si fanno solo tregue, mai una vera pace. Si trattava di un trattato decennale di non-aggressione, che però lasciava libero per chiunque di allearsi con Maometto o coi suoi avversari. In più il patto dava a Maometto il diritto di recarsi alla Mecca per il rituale del pellegrinaggio alla Ka'aba, per tre giorni. Di fatto, Maometto si recò alla Mecca circa un anno dopo, compiendo il cosiddetto pellegrinaggio minore, ma in compagnia di 2000 mussulmani. L'ostentazione di potenza, accompagnata dalla notizia della conquista di un'oasi fertile e di altri successi dei compagni di Maometto, diede i suoi frutti, tanto più che i Quraishiti soppesarono i vantaggi economici dei possibili pellegrinaggi che tutta questa gente avrebbe portato ai padroni della Ka'aba. Così che quando Maometto, nel mese di Ramadan del 630 d.C. attaccò la Mecca, dopo aver trovato un pretesto per violare il patto di non aggressione, la città gli aprì le porte, ed il profeta si impadronì finalmente della Mecca. Diede allora prova della sua abilità politica, usando con molta discrezione e moderazione del suo successo: niente stragi, niente vendette, molte cerimonie religiose, purificazione della Ka'aba e riconsacrazione della medesima dopo la distruzione di centinaia di idoli. Così il paganesimo arabo fu definitivamente sconfitto e la nazione araba trovò la sua unità in una nuova unità religiosa. Dopo d'allora l'Islam ebbe un successo a valanga, all'ombra delle scimitarre, e in breve tempo l'Islam e il suo profeta avevano fatto dell'Arabia un impero in espansione continua, per la già detta natura aggressiva di questa nuova religione. Poco dopo però Maometto, colto da febbri, morì, l'8 giugno 632, assistito amorevolmente dalla moglie prediletta Hafshah, figlia di Abu Bakr, che fu il primo Califfo (Kalifah, cioè il Vicario). La storia dei Califfi, cioè dei successori di Maometto, dello scisma di Alì, suo genero, da Abu Bakr che fu il primo Califfo eletto, la storia dell'espansione dell'Islam dall'Arabia all'Africa del nord e alla Persia fino al Punjab in India, le Crociate, l'assalto all'Impero Bizantino, la conquista di Costantinopoli e della Balcania, l'assalto e l'impero dei mori in Spagna, e tutta l'epopea connessa, appartengono più alla storia che alla storia delle religioni, e quindi non ce ne occuperemo.

Vai a "Islam"