Unità didattica sulla bioetica 6 - Eugenetica oggi. La legge sull’eutanasia varata in Olanda / Confronto col Nazismo
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La legge sull’eutanasia varata in Olanda nel 2002 prevede l’aiuto a morire (“suicidio assistito”) non soltanto per gli infermi adulti che ne fanno richiesta “esplicita, ragionata e ripetuta” e per i giovani dai 16 ai 18 anni che ne formulano domanda scritta, ma anche per gli adolescenti capaci di consenso, dai 12 ai 16 anni, con la condizione che i genitori stessi, o chi ne abbia la tutela giuridica, aggiungano il loro consenso.
Con un successivo accordo medico- giudiziario si consente l’eutanasia anche per i bambini sotto i 12 anni, compresi quelli in età neonatale, per i quali non si può parlare certo di valido consenso.
Per questa età, rimane proibita in tutto il mondo la stessa sperimentazione clinica a motivo del fatto che essa può sempre comportare un certo rischio, sia pur minimo, per il soggetto arruolato, né è possibile derogare a tale norma con il consenso dei genitori o dei tutori, tranne il caso in cui tale sperimentazione non sia ad utilità della vita o della salute dello stesso soggetto su cui si compie.
Le norme etiche relative alla sperimentazione clinica, ispirate ai principi proclamati dopo il processo di Norimberga, sono state abbondantemente superate dalla legge olandese.
L’accordo medico – giudiziario, infatti, permette, con il consenso dei genitori, la valutazione del medico curante e d’un eventuale medico “indipendente” , l’accesso all’eutanasia. Non si può parlare qui di “aiuto a morire” o di “suicidio assistito”, bensì di una morte inflitta per “liberare dal dolore”, cioè di eutanasia vera e propria.
Confronto con l’eutanasia praticata da Hitler
- “Si garantisca una morte pietosa ai pazienti considerati incurabili secondo il miglior giudizio umano”. E’ il passo più significativo di una lettera scritta nel 1939 dal Fuhrer al suo medico personale Karl Brandt, nella quale Hitler incaricava Brandt di reclutare medici di provata fede nazista disposti a realizzare il famigerato Piano T4. Un progetto che avrebbe portato alla eliminazione di 70.000 tedeschi di “pura razza ariana”, colpevoli solo di essere malati, inutili, dementi, mutilati dalla Grande Guerra, Per loro, e non per i poveri ebrei, furono inaugurate le mostruose camere a gas.
- Sono stati ritrovati dei filmati inediti di propaganda per la eliminazione fisica dei disabili e dei malati di mente che RAI 3 ha trasmesso in un programma dal titolo “In nome della razza.” Nell’ottobre del 1939, quando il piano di eliminazione degli handicappati era ormai avviato, i responsabili del progetto T4 commissionarono due film destinati a tranquillizzare le coscienze, tra cui “Dasein ohne leben” di Kampfner cioè Esistenze senza vita.
Ancora una volta per dare credibilità al filmato il protagonista è uno scienziato. Quello che stiamo vedendo sono delle ricostruzioni fedeli basate sulle sceneggiature originali scoperte di recente negli archivi della Germania federale.
“La malattia mentale è male ereditario, uno dei maggiori pericoli per la salute della nazione! Una esistenza senza vita. I manicomi pubblici e privati sono stati costruiti nel cuore della meravigliosa campagna tedesca: manicomi nuovi grandi che soddisfano tutte le esigenze della medicina moderna. Così è cresciuto a dismisura il numero in Germania di manicomi pubblici e privati che oggi ospitano quasi 400mila malati di mente idioti e ritardati. Di loro si debbono prendere cura oltre 2000 medici e quasi 40.000 tra infermieri, sorveglianti e inservienti. Nonostante tutti gli sforzi della nostra psichiatria, una grande percentuale di nostri malati mentali rimane incurabile. E’un errore pensare che malati come questi possano provare felicità e attaccamento alla vita. Non sanno neanche di vivere. Restano attaccati alla loro esistenza solo per abitudine. Ogni possibilità di curarli o anche solo di vederli migliorare è da escludere."
Poi il tono cambia, lentamente, lo scienziato tocca la corda della pietà: i malati di mente vanno eliminati perché le loro esistenze sono cariche di dolore, prive di speranza, vite indegne di vita. Ad alcune di loro era accordata una temporanea sospensione dell'esecuzione, perché potessero essere filmati. La responsabilità della scelta non era dei medici ma degli amministratori dei manicomi. Nel realizzare il film nessun particolare viene trascurato: una maniacale attenzione per
esempio, era riservata all'uso delle tecniche di illuminazione: il regista e gli operatori scelgono
una luce radente dal basso per fare apparire i malati figure grottesche. Tutto è costruito per condurre ad una sola inevitabile conclusione.
"Invochiamo un destino clemente che liberi queste creature infelici dalla loro esistenza senza vita. Quanto è inutile mantenere in vita fino alla vecchiaia, come cadaveri viventi persone spiritualmente morte: giorno dopo giorno, nelle tenebre della follia, sempre le stesse idee folli, sempre lo stesso comportamento idiota; anni, decenni, una vita intera eternamente ad un livello che possiamo riscontrare solo nei gradini più bassi del regno animale".
Poi il colpo di scena finale: dalla cattedra lo scienziato con toni persuasivi e carichi di emotività rivela il suo progetto: la soluzione finale ovvero l'omicidio finale.
"Se fossi colpito da una malattia mentale incurabile preferirei morire e sono convinto che ogni persona sana la pensa così. E sono convinto che ogni malato di mente, se fosse in grado di capire la propria condizione, vorrebbe porre fine ad una simile esistenza. Nessun essere umano sensibile potrebbe negargli quel diritto. Non è forse questa una richiesta dettata dalla carità? Liberare chi non può guarire.' Il direttore di un grande manicomio ha posto la domanda a tutti i genitori dei suoi malati incurabili.- Il 70% ha risposto sì. Una madre ha scritto: "Non chiedetemelo, fatelo!”
...scorrono immagini di malati di mente.
I malati mentali vegetano in una esistenza che non ha più nulla in comune con i veri valori della vita umana. Il nostro stato nazionalsocialista attento allo scopo e al valore della vita umana, ha adottato misure tali che quanti sono afflitti da una malattia mentale incurabile, possano essere sollevati dalle loro sofferenze disumane e dalla loro esistenza infernale con una morte dolce e inattesa.
Sordità cecità epilessia schizofrenia alcolismo cronico moralmente e socialmente deboli
Il monossido di carbonio è inodore e priva prima della capacità di giudizio e poi della coscienza:
"(mentre muore) senza alcuna sofferenza, in completa incoscienza il paziente (sie) viene liberato grazie alla morte" . Il viso tormentato distorto e disumano dei malati mentali incurabili cede il passo alla calma che solo la morte può dare. Così la morte diventa salvezza. Il vescovo cattolico Von Galen accusò Hitler di omicidio.
Salto di qualità: dai filmati amatoriali o pseudoscientifici non resta che passare a qualcosa di sofisticato: un vero e proprio film con attori noti, un regista famoso. Già il titolo "Io accuso" è una risposta implicita alle inevitabili critiche e al disagio che serpeggia nella stessa Germania nazista. "Ich klage an" (Io accuso) è stato visto da 15 milioni circa di tedeschi, regista Wolfgang Liebeneiner, sceneggiatura tratta da un romanzo omonimo. L'autore era uno dei responsabili del progetto di purificazione razziale. L'obiettivo era di giustificare l'omicidio di massa dietro il velo dell'eutanasia. Il film vinse un premio alla biennale di Venezia nel 1941, alla quale parteciparono l'Italia di Mussolini e il III Reich. Il leone d'oro fu vinto da "La corona di ferro" di Alessandro Blasetti.
Anna, una giovane donna, sviluppa progressivamente una sclerosi multipla. Il marito di Anna è un eminente scienziato. In questa scena la coppia viene raggiunta da un ex corteggiatore della donna, loro medico di famiglia. Quando scopre che la moglie è gravemente malata, il marito cerca disperatamente di trovare una cura. Con una sceneggiatura sapientemente costruita, gli esperti dei programma T4 propongono come unica inevitabile soluzione, l’eutanasia, la morte pietosa. Anna che sa di essere condannata ad una vita inutile, chiede all' amico di ucciderla. «Lascia qui la medicina. Io non ho paura della morte, non voglio vivere così. Per anni non più persona ma solo ... sto rovinando la vita di Thomas e quando penserà a me dopo che me ne sarò andata, si sentirà sollevato ». Infine il marito acconsente a somministrarle una dose mortale di farmaci. Nell'ultima scena il processo per omicidio.
« Vuole dire qualcosa alla Corte, professore?»
“Ora sono io che accuso, accuso una legge che ostacola medici e giudici nel loro lavoro a servizio della gente. Lo confesso. Ho liberato mia moglie dalle sue sofferenze , seguendo la sua volontà. La mia vita dipende dal vostro verdetto e anche le vite di tutti coloro che dovranno sopportare la stessa sorte di mia moglie”.
Assoluzione! Alibi morale per quel che succedeva nei manicomi!
Qualcosa però non funzionò. Un’indagine tra il pubblico appurò che non tutti erano d'accordo. Hitler sospese il programma e continuò con altri mezzi.
Il 4 maggio 1945 gli americani entrarono ad Hadamer, il “manicomio” del progetto T4.