Condividi:

Il pensiero di Cristo, attraverso la sua Chiesa

Autore:
Oliosi, Don Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it
Il “pensiero di Cristo” lo accogliamo attraverso la Chiesa e nella Chiesa, lasciandoci portare dal fiume della sua viva tradizione

Il Papa, nell’incontro con gli studenti dei pontifici atenei romani, si è inserito nel giubileo bimillenario della nascita dell’apostolo Paolo, e ha voluto soffermarsi su un aspetto del suo messaggio cioè a quanto san Paolo scrive sulla sapienza cristiana, in particolare nella sua prima Lettera ai Corinzi, comunità nella quale erano scoppiate rivalità tra i discepoli. L’Apostolo affronta il problema di tali divisioni nella comunità additando in esse un segno della falsa sapienza, cioè di una mentalità ancora immatura perché carnale e non spirituale (1 Cor 3,1-3). Riferendosi poi alla propria esperienza, Paolo ricorda ai Corinzi che Cristo lo ha mandato ad annunciare il vangelo “non con sapienza di parola, perché non venga resa vana la croce di Cristo” (1,17). Di qui prende avvio una riflessione sulla “sapienza della Croce”, vale a dire sulla sapienza di Dio, che si contrappone alla sapienza di questo mondo. L’Apostolo insiste sul contrasto esistente tra le due sapienze, delle quali una sola è vera, quella divina, mentre l’altra in realtà è “stoltezza”. Ora, la novità stupefacente, che esige di essere sempre riscoperta ed accolta, è il fatto che la sapienza divina, in Cristo, ci è stata donata, ci è stata partecipata: “Ora, noi abbiamo il pensiero di Cristo” (2,16).
Questa contrapposizione tra le due sapienze non è da identificare con la differenza tra la teologia, da una parte, e la filosofia e le scienze, dall’altra. Si tratta, in realtà, di due atteggiamenti fondamentali. La “sapienza di questo mondo” è un modo di vivere e quindi di vedere le cose prescindendo da Dio, dalla realtà del loro essere dono del Donatore divino e seguendo le opinioni dominanti che categorizzano secondo i criteri esterni del successo e del potere, senza cogliere la realtà del loro essere dono del Donatore divino cioè la verità che libera dalla schiavitù dell’ignoranza sull’origine e la destinazione. Il pericolo del mondo occidentale secolarizzato, immanentista – per parlare solo di questo – è oggi che l’uomo, proprio in considerazione della grandezza del suo sapere e potere strumentale, tecno-scientifico, senza più la sensibilità per la verità, si arrenda davanti alla questione della verità. E ciò significa allo stesso tempo che la ragione, alla fine, si piega davanti alla pressione degli interessi e all’attrattiva dell’utilità costretta a riconoscerla come criterio ultimo e questo sia per la teologia, per la filosofia e le scienze. La “sapienza divina”, invece, consiste nel seguire la mente del divino nell’umano coniugando tra loro la teologia, la filosofia e le scienze, nel pieno rispetto dei loro metodi propri e della loro reciproca autonomia ma anche nella consapevolezza dell’intrinseca unità del Logos creatore che le tiene insieme, di Cristo, l’“Io sono” del Roveto ardente dell’Esodo che Gesù applica a se stesso nel Vangelo di Giovanni cioè l’Unico Dio dell’Antico e del Nuovo testamento, l’Essere che esiste da se stesso e in eterno, tutto in atto a fondamento dell’atto d’essere dono di ogni ente che viene all’esistenza, ricercato dai filosofi, nettamente distinto dalla natura, dal mondo che Egli ha liberamente creato: così “fisica” e “metafisica” giungono a una chiara distinzione l’una dall’altra. L’incontro con la Persona di Gesù Cristo ci apre gli occhi del cuore, destando la sensibilità per la verità e invitando sempre di nuovo la ragione a mettersi alla ricerca del vero, del bene, di Dio e, su questo cammino, a scorgere le utili luci sorte lungo la strada della fede cristiana, della tradizione della Chiesa, e a percepire così Gesù Cristo che ha dato alla vita un nuovo orizzonte come luce che illumina la storia ed aiuta a trovare la via verso il futuro. E’ questo un compito che oggi sta davanti a studenti cattolici, un’avventura affascinante nella quale merita spendersi, per dare nuovo slancio alla cultura del nostro tempo e per restituire in essa alla fede cristiana piena cittadinanza.
“Cari studenti – ha detto Benedetto XVI rivelando la sua passione per la verità e l’amore alla Chiesa –, voi siete venuti a Roma per approfondire le vostre conoscenze in campo teologico, e anche se studiate altre materie diverse dalla teologia, per esempio il diritto, la storia, le scienze umane, l’arte, ecc., comunque la formazione spirituale secondo il pensiero di Cristo resta per voi fondamentale, ed è questa la prospettiva dei vostri studi. Perciò sono importanti per voi queste parole dell’apostolo Paolo e quelle che leggiamo subito dopo, sempre nella prima Lettera ai Corinzi: “Chi conosce infatti i segreti dell’uomo se non lo spirito dell’uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai conosciuti se non lo Spirito di Dio. Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere ciò che Dio ci ha donato” (2,11-12), (la realtà dell’essere dono del Donatore divino di tutto ciò che esiste). Eccoci ancora all’interno della contrapposizione tra sapienza umana e quella divina. Per conoscere e comprendere le cose spirituali bisogna essere uomini e donne spirituali, poiché se si è carnali, si ricade inevitabilmente nella stoltezza, anche se magari si studia molto e si diventa “dotti” e “sottili ragionatori di questo mondo” (1,20)”.
Benedetto XVI ha accostato questo testo paolino con i versetti del Vangelo che riportano la benedizione di Gesù rivolta al Padre, perché – dice il Signore – “hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli” (Mt 11,25). I “sapienti” di cui parla Gesù sono coloro che l’Apostolo qualifica “stolti”, “deboli”, “ignobili e disprezzati” per il mondo (1,27-28), ma che in realtà, se accolgono la “parola della Croce” (1,18), diventano i veri sapienti. Al punto che Paolo esorta chi si ritiene sapiente secondo i criteri del mondo a “farsi stolto”, per diventare veramente sapiente davanti a Dio (3,18). Questo non è un atteggiamento anti-intellettuale, non è opposizione alla “recta ratio”. Paolo – seguendo Gesù – si oppone ad un tipo di superbia intellettuale, in cui l’uomo, pur sapendo molto, perde la sensibilità per la verità del proprio e altrui essere dono del Donatore divino come di tutto il mondo che lo circonda e la disponibilità ad aprirsi alla novità continua dell’agire divino. E proprio qui Gesù effettua l’emancipazione dei semplici, rivendicando anche per loro la facoltà di essere, nel vero senso della parola, “filosofi” cioè capaci di verità; vale a dire, di comprendere ciò che è proprio e peculiare di ogni uomo altrettanto bene quanto lo comprendono i dotti, anzi meglio dei dotti. Le parole di Gesù sulla stoltezza dei sapienti e sulla sapienza dei piccoli (Mt 11,25) hanno proprio questo scopo: fondare il cristianesimo come religione popolare, di tutti, come una religione in cui non vive più un sistema a due classi.
“Cari – ha concluso il Santo padre –, questa riflessione paolina quindi non vuole affatto condurre a sottovalutare l’impegno umano necessario per la conoscenza (per la fatica del concetto), ma si pone su un altro piano: a Paolo interessa sottolineare – e lo fa senza mezzi termini – che cosa vale realmente per la salvezza e che cosa invece può recare divisione e rovina. L’Apostolo cioè denuncia il veleno della falsa sapienza, che è l’orgoglio umano (in teologia, in filosofia, nelle scienze). Non è infatti la conoscenza in sé che può far male, ma la presunzione, il “vantarsi” di ciò che si è arrivati – o si presume di essere arrivati – a conoscere. Proprio da qui derivano poi le fazioni e le discordie nella Chiesa e, analogamente, nella società. Si tratta dunque di coltivare la sapienza non secondo la carne, bensì secondo lo Spirito. Sappiamo bene che san Paolo con le parole “carne, carnale” non si riferisce al corpo, ma ad un modo di vivere solo per se stessi e secondo i criteri del mondo (nella presunta autosufficienza del proprio essere dono dal Donatore divino). Perciò, secondo Paolo, è sempre necessario purificare il proprio cuore dal veleno dell’orgoglio, presente in ognuno di noi. Anche noi dobbiamo dunque elevare con san Paolo il grido: “Chi ci libererà?” (Rm 7,24). E pure noi possiamo ricevere con lui la risposta: la grazia di Gesù Cristo, che il Padre ci ha donato mediante lo Spirito Santo (Rm 7,25). Il “pensiero di Cristo”, che per grazia abbiamo ricevuto, ci purifica dalla falsa sapienza. E questo “pensiero di Cristo” lo accogliamo attraverso la Chiesa e nella Chiesa, lasciandoci portare dal fiume della sua viva tradizione ”.
Non a tutti gli uomini è permesso dedicarsi alla scienza teologica, all’esegesi biblica; a tutti, però, è aperta la via alle grandi intuizioni di fondo. In questo senso il magistero ha un carattere democratico. Esso difende la fede comune, in cui non vi è differenza di classe tra dotti e semplici. L’affermazione che la Chiesa con il suo ministero pastorale è abilitata all’annuncio e alla catechesi e non all’insegnamento della teologia scientifica è certamente corretta. Ma il ministero dell’annuncio e il catechismo della Chiesa cattolica con il suo Compendio si impone anche per la teologia scientifica.

Vai a "L'insegnamento del Papa oggi"