Dove vado io
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Non avrei mai immaginato di scatenare una bufera, pubblicando un articolo di un amico che guarda con simpatia il nostro movimento di CL e pone, con schiettezza, alcune domande.
E non è facile entrare nel merito delle risposte, perché, mi pare, alcune reazioni sembrano, più che contestare o correggere o domandare in riferimento all’articolo, mettere in dubbio la stessa possibilità di affrontare l’argomento.
Esprimo qui alcune semplici osservazioni, non esaustive della questione, ma segno di un interesse a che il dibattito, se ritenuto utile, prosegua.
Lasciando da parte i richiami al demonio o alla mia «non libertà» (motivata dal fatto che «giudico», ma non è anche questo un giudizio nei miei confronti), penso innanzitutto al richiamo alla responsabilità personale. Sacrosanto diritto, e ancor più dovere: io, accettando l’articolo di Andrea Mondinelli, ho esercitato proprio questo diritto/dovere (tenuto poi anche conto che la stessa rivista di CL, Tracce, ha ospitato tempo fa una lettera in qualche modo critica dello stesso Mondinelli, con una risposta del Direttore, Perillo, e che poi il dialogo si è fermato lì. Su CulturaCattolica.it abbiamo anche riportato la replica non pubblicata da Tracce).
Amo il movimento, lo seguo dal 1962, e ritengo che sia il dono più grande che il Signore mi abbia fatto, oltre che una autentica grazia per la Chiesa intera. Ricordo tanti interventi luminosi di don Giussani, e mi ha sempre commosso la sua magnanimità, la chiarezza di giudizio, la capacità di valorizzare chiunque, anche correggendolo. In particolare ricordo quando ha affermato che bisogna «vivere il movimento nel movimento», indicando una responsabilità come quella a cui insistentemente ci richiama Carrón. E, nel mio piccolo, ho cercato di esprimere alla autorità le mie considerazioni e le mie domande.
Nell’articolo pubblicato a firma di Mondinelli il richiamo al Magistero della Chiesa è fondamentale: abbiamo tutti amato quanto i Papi, in particolare san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, ci hanno insegnato, e non possiamo dimenticare il modo con cui il Giuss ci ha aiutato a imparare costantemente. Per quanto poi ci ha detto Papa Francesco, credo che il richiamo all’autoreferenzialità sia un punto da tenere in considerazione. Da dieci anni sono a San Marino e, imparando dal mio Vescovo Mons. Luigi Negri, ho sempre cercato di favorire l’unità dei cristiani e di agire in dialogo e confronto con tutta la realtà. In questi giorni proprio il nuovo Vescovo mi ha ringraziato per l’amore all’unità e il servizio ad essa che sto portando avanti.
Un punto delle osservazioni di Mondinelli mi pare importante e da non dimenticare. Così egli afferma: «A dire di Carrón, questo scontro provoca un atteggiamento di rottura nella società e nella politica di cui entrambi gli schieramenti sono responsabili. Ma l’errore più profondo … è che questi nuovi diritti nascano in ultima istanza da esigenze profondamente umane, addirittura i nuovi diritti hanno le radici nel tessuto di cui ogni esistenza umana è costituita! Invece, sono uno “sbaglio della mente umana”, che ha abbandonato il Creatore. Infatti, scrive che “Si tratta di un uomo che si concepisce come libertà assoluta, senza limiti, e che non tollera alcun tipo di condizionamento”. Ma questa è un’esigenza profondamente anti-umana, alla base della società anti-cristica. Con tale visione del mondo non si può scendere a patti. Carrón, invece, mette sullo stesso piano sia i propugnatori dei nuovi diritti dell’ideologia Gender, sia chi vi si oppone». Non so se Carrón si riconosca in questa interpretazione (forse alcuni amici certamente sì, almeno da alcuni dialoghi con persone del movimento con cui ho avuto modo di confrontarmi). Certo questo è un argomento da non sottovalutare. E a cui rispondere con chiarezza, quella chiarezza con cui sempre don Giussani ha affrontato le questioni che gli si ponevano. In questo senso il Senso Religioso è un esempio preclaro.
Il cuore dell’uomo è sempre il nostro grande alleato, e la realtà ci provoca sempre più con insistenza. È pur vero però che il nostro è un cuore ferito e che nella realtà c’è tutto quanto accade, anche se spesso da noi non previsto né voluto. Come è drammaticamente vera questa considerazione che si trova nel Signore degli anelli: « Avrei tanto desiderato che tutto ciò non fosse accaduto ai miei giorni! - esclamò Frodo. Anch'io - annuì Gandalf - come d’altronde tutti coloro che vivono questi avvenimenti. Ma non tocca a noi scegliere. Tutto ciò che possiamo decidere è come disporre del tempo che ci è dato.»
E allora se con molti amici abbiamo lavorato perché nella nostra società certe posizioni non diventassero dominanti, lo abbiamo fatto per testimoniare quanto la fede indica come possibilità buona dell’uomo. Da un lato, in questo crollo delle certezze e delle evidenze, abbiamo vissuto, ho cercato di vivere, la testimonianza di Cristo presente nella sua Chiesa, che mi educa continuamente nel movimento, e dall’altro ho cercato di dare, con gli amici che il Signore ha messo sulla mia strada, voce alla Dottrina sociale cristiana, nella consapevolezza che, anche se la salvezza non viene dalle leggi più o meno giuste, anche le leggi in uno stato contribuiscono a rendere più o meno umana la società. E se ho visto che sull’ultimo numero di Tracce viene finalmente affrontata la questione del gender (di cui mi occupo da molto tempo, con mia totale e personale responsabilità) penso anche che il grido del Giuss «Fateci andare in giro nudi, ma non impediteci la libertà di educare» abbia qui un campo di applicazione.
Concludo pensando che il tanto clamore che ha avuto quell’articolo pubblicato (a cui, per dovere di cronaca, anche per un serio confronto con amici veri ho voluto cambiare il titolo «#Gender: domande a CL») è segno che questo tema interessa molti, dentro e fuori il Movimento di CL, e che porre domande non è atto di disobbedienza, assenza di sequela, rifiuto della autorità o scelta di campo a favore o contro chi guida il movimento stesso, ma un servizio alla missione della Chiesa stessa. Una Chiesa che deve ritornare ad essere presenza visibile ed incontrabile in tutti gli ambienti, quelle che Papa Francesco chiama le periferie esistenziali. Obbedire non è rinunciare a porre le domande, come ci ha insegnato sempre don Giussani.