Problemi etici sollevati dalla carta europea dei diritti fondamentali
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Il voto del Parlamento francese, riunitosi solennemente a Versailles il 4 febbraio, seguito dal raduno delle due Camere in separata sede il 7 febbraio, autorizza la ratifica del trattato di modifica europeo, cosiddetto, di Lisbona. Esso è destinato a sostituire il progetto della Costituzione, che francesi e olandesi hanno rifiutato per via referendaria nel 2005.
L’inclusione nel nuovo testo sottoposto agli eletti della nazione della Carta europea dei diritti fondamentali concederà di fatto a questo “ mini-trattato “ un valore giuridico vincolante per i Paesi firmatari.
Questa Carta rappresenta, sotto molti aspetti, una rottura intellettuale e morale con le altre grandi formulazioni giuridiche internazionali, in quanto presenta una visione relativista ed evolutiva dei diritti umani, che chiama in causa i principi del diritto naturale.
Innanzitutto, la Carta afferma, ragionevolmente, che “ il diritto di sposarsi e di costruire una famiglia è garantito “. Ma omette di specificare il sesso dei coniugi. Essa separa esplicitamente il concetto di matrimonio da quello di famiglia. Questo costituisce una frattura con la Dichiarazione universale dei diritti umani, approvata all’ONU nel 1948, la quale definiva la famiglia come l’unione tra un uomo e una donna, facendone la base antropologica della società.
Analogamente, il testo proposto, che consacra il principio di non-discriminazione a scopo sessuale, apre così le porte alla giurisprudenza europea per riconoscere l’uguaglianza tra tutti i tipi di matrimonio, tanto per quello che concerne l’adozione di bambini, quanto per la fecondazione medicalmente assistita (es. la recente condanna della Francia da parte dell’alta Camera europea dei diritti umani, perché aveva rifiutato l’adozione di un bambino da parte di una donna nubile omosessuale). Progressivamente, il diritto al bambino prevale sul diritto del bambino, in particolare, quello di nascere o di avere un padre e una madre.
D’altronde, la Carta restringe, in modo considerevole la sfera della tutela della vita umana.. Considerato che solo la persona umana ha diritto alla vita, la tutela del nascituro è messa in discussione, poiché, secondo quanto reso noto da una delle ultime dichiarazioni del Tribunale europeo, “ il nascituro non è considerato una persona “. L’embrione umano, in modo particolare in vitro, non beneficia più di una protezione penale. È così che la Carta vieta solamente la clonazione a scopo riproduttivo senza mai menzionare la clonazione dell’embrione a scopi terapeutici. Si tratta, ancora una volta, di una netta regressione, rispetto ai precedenti strumenti giuridici europei, soprattutto, rispetto alla Convenzione di biomedicina del Consiglio d’Europa approvata nel 1997, che precisava “ che è vietato qualsiasi intervento per creare un essere umano geneticamente identico a un altro essere umano, morto o in vita…. “. La ricerca sugli embrioni soprannumerari, la diagnosi precoce, la produzione di embrioni ibridi…., rischia di essere esclusa dal piano giuridico.
Da ultimo, la scomparsa del “ divieto d’infliggere intenzionalmente la morte a chiunque “, così come riconosciuto dalla Convenzione europea dei diritti umani del 1950, aprirà la strada a una riduzione dell’eutanasia e del suicidio medicalmente assistito?
Nella sua prima enciclica Dio è amore, Benedetto XVI sottolinea che “ la Chiesa vuole favorire la nascita di mentalità in campo politico e contribuire alla crescita delle percezioni delle vere esigenze della giustizia “. Nel momento in cui i nostri parlamentari si pronunciano sul processo di unificazione europea, non possono trascurare i fondamenti etici che garantiscono il rispetto della persona umana, dal concepimento alla morte naturale e che costituiscono un’umanità rispettosa dei diritti dei più deboli
1° febbraio 2008
+ Dominique Rey, Vescovo de Fréjius-Toulon
(traduzione non rivista dall’Autore)