La pietà che non obnubila il giudizio
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De mortuis nihil nisi bonum. Dei morti bisognerebbe sempre parlare bene, e quando ciò non è possibile, bisognerebbe tacere. Questo saggio principio dovrebbe valere anche per la recente scomparsa di Giorgio Bocca. Chiedo scusa ma, purtroppo, nel caso del giornalista milanese mi è difficile stare in silenzio. Anzi, impossibile dopo aver ascoltato i lamenti delle ipocrite prefiche con cui si è pianta la dipartita di questa figura che lo stesso Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha indicato agli italiani come modello di coerenza.
La pietas christiana impone rispetto per l’uomo ma non per l’intellettuale Giorgio Bocca.
Ricordo di aver aspramente criticato un suo infelice articolo apparso su L’Espresso il 12 marzo 2009, nel quale l’impietosa penna laicista si scagliava contro il «culto della vita a ogni costo che lascia perplessi i visitatori della Piccola casa della divina Provvidenza, la pia istituzione del Cottolengo, dove tengono in vita esseri mostruosi e deformi».
Parole degne delle farneticazioni eugenetiche di Karl Binding, di Alfred Hoche, di Heinrich Wilhelm Kranz (quello per cui gli “esseri mostruosi e deformi” di Bocca erano «veri e propri parassiti, scorie dell'umanità»), o dei coniugi Myrdal (quelli che nella Svezia socialdemocratica propugnavano l’eliminazione delle persone «difettose», cioè degli esseri umani «di tipo B») o dei deliri di Marie Stopes.
E’ stato davvero ignobile l’attacco di Bocca ad una delle più alte espressioni di amore per l’Uomo che la civiltà occidentale sia riuscita a raggiungere grazie all’opera ostinata ed indefessa di un prete diventato santo: Giuseppe Benedetto Cottolengo.
Non mi stupì, allora, da chi, però, provenisse l’attacco.
Se una “attenuante” si poteva concedere al cinico e sprezzante giudizio di Bocca è la coerenza del suo autore (in questo ha ragione il Presidente Napolitano). Il Giorgio Bocca che si è scagliato contro gli esseri mostruosi e deformi del Cottolengo, infatti, è lo stesso Giorgio Bocca che il 14 agosto 1942 scriveva su «La Provincia grande - Sentinella d'Italia - Foglio d’ordini settimanale della Federazione dei Fasci di Combattimento di Cuneo» (Anno II, numero 33, 14 agosto 1942, XX E. F.): «A quale ariano, fascista o non fascista, può sorridere l’idea di dovere in un tempo non lontano essere lo schiavo degli ebrei? (…) Sarà chiara a tutti, anche se ormai i non convinti sono pochi, la necessità ineluttabile di questa guerra, intesa come una ribellione dell'Europa ariana al tentativo ebraico di porla in stato di schiavitù».
Ancora una volta – come spesso è accaduto per questo esimio giornalista – l’ideologia ha prevalso sull’intelligenza. Proprio un briciolo di intelligenza – oltre che di buon gusto – avrebbe evitato a Bocca di farsi rinfacciare il suo vergognoso passato razzista ed eugenetico.
Noi sappiamo che a liberare l’uomo dalla spietata logica spartana del Monte Taigeto (matrice dell’eugenetica moderna), e dalla barbara crudeltà verso tutti i più deboli, gli ultimi, i paria, gli incurabili della Terra è apparso nella Storia dell’umanità il cristianesimo. L’antidoto a quella barbara crudeltà si chiama carità cristiana.
Non siamo così ingenui, però, da non capire che anche quell’infausto intervento di Bocca su “L’Espresso” si inseriva in un’evidente strategia manipolativa dell’opinione pubblica finalizzata a sdoganare l’eutanasia come una normale procedura medica per ridare “dignità” alla vita umana.
Quello che scrissi allora sono disposto a sottoscriverlo anche oggi: noi ci batteremo con tutte le forze per evitare che nella cultura del nostro Paese possano trovare spazio follie giuridiche come la «Legge sulla prevenzione della nascita di persone affette da malattie ereditarie» (14 luglio 1933) o la legge per «La salvaguardia della salute ereditaria del popolo tedesco» (8 ottobre 1935), o tutti gli altri abominevoli provvedimenti normativi (tanto cari alla cultura di Bocca) che nella Germania nazista hanno portato a concedere la “Gnadentod” (morte per grazia) a migliaia di quegli “esseri mostruosi e deformi” che invece venivano – e vengono ancora oggi – amorevolmente accuditi nel Piccola Casa della Divina Provvidenza.
E finché nel nostro Paese la ragione continuerà a prevalere contro i veri mostri, le aberrazioni eugenetiche resteranno, fortunatamente, soltanto un inquietante manifesto ideologico per tutti coloro che la pensano come l’intellettuale Giorgio Bocca.
Detto questo, non ci resta che pregare per il fratello Giorgio Bocca, e affidare la sua anima all’infinita misericordia di Dio. Requiescat in pace.