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L’Aborto ai tempi del Coronavirus

Curatore:
Leonardi, Enrico
Stona davvero, in questa situazione in cui il personale medico si prodiga per salvare ogni vita nonostante le difficoltà, la decisione di includere negli interventi indifferibili l'aborto. Un dramma che evidenzia in questa circostanza più che in altre la contraddizione e la cecità della nostra società.

L’emergenza sanitaria mondiale dovuta al diffondersi del Coronavirus impatta tutto quello che riguarda il sistema sanitario e quindi anche il tema della difesa della vita nascente. Infatti anche in questi tempi, in cui l’esigenza primaria è quella di salvare più vite possibili, i vari sistemi sanitari nel mondo continuano a effettuare aborti, e sull’accesso alle strutture mediche per questi interventi in tempi di restrizioni di movimenti è iniziato un dibattito.
Alcune associazioni pro choice si lamentano del fatto che la difficoltà di accesso agli ospedali e le restrizioni in opera in molti paesi potrebbero ridurre sensibilmente la possibilità di abortire, e così raccomandano l’estensione dell’uso della pillola abortiva o la deroga alle restrizioni poste dalle rispettive leggi nazionali sull’aborto. Questo avviene per esempio in Irlanda del Nord e in Nuova Zelanda; nel paese dell'Oceania addirittura è stata anche emanata una legge che rende possibile abortire per qualsiasi ragione fino al giorno della nascita del bambino, di fronte alle possibili difficoltà ad accedere alle strutture sanitarie. Ma anche in un paese molto più significativo come gli USA la questione dell’aborto durante questa emergenza è aperta. I gruppi pro-life per esempio hanno promesso ulteriore impegno e sostegno a quelle mamme che non potranno accedere all’aborto in questo periodo, sponsorizzando così la scelta per la vita e l’aiuto alle donne. Le associazioni pro choice invece sono preoccupate che i periodi di quarantena possano impedire ad alcune donne di accedere in tempo alle cliniche e denunciano in un’intervista a The Huffington Post il fatto che durante questa pandemia per via delle restrizioni degli spostamenti manchino i medici disponibili ad eseguire l’aborto; per esempio sottolineano che sei Stati hanno solo una clinica rimanente a testa, e in molte aree rurali le cliniche sono gestite da medici che volano in più località per vedere i pazienti. Anche l’accesso alle cliniche potrebbe essere limitato da restrizioni per impedire la diffusione del Coronavirus-COVID-19. Il responsabile Ragsdale, president of the National Abortion Federation afferma: "Temiamo che tutte le risorse sanitarie vengano convogliate verso procedure non elettive e l'aborto tende a essere classificato come procedura elettiva", "Comprendiamo che l'aborto non è un ictus o un infarto e può essere programmato. Ma non può essere programmato a tempo indeterminato."
Per le associazioni pro choice la soluzione sarebbe quella di indicare come via alternativa le pillole abortive dimostrando ancora una volta scarsa sensibilità per la salute della donna E’ infatti noto nella letteratura scientifica che le pillole abortive hanno un rischio significativamente più alto per la salute delle donne, rispetto all’aborto chirurgico, per via dei rischi di setticemia. Inoltre le donne verrebbero spinte ad abortire in solitudine in casa. Secondo i pro choice l'aborto farmacologico può essere somministrato in modo sicuro ed efficace con la telemedicina, ma in Texas per esempio, i pazienti che cercano un aborto farmacologico sono tenuti a fare tre viaggi di persona in una clinica. Il governatore del Texas Greg Abbott (R) ha chiesto alle agenzie statali di intraprendere qualsiasi azione necessaria per facilitare la telemedicina durante la pandemia, ma ha escluso i servizi di aborto, ovviamente per assicurare assistenza adeguata alle donne ed evitare i rischi connessi a questa procedura, ma questa decisione è stata contesta dalle associazione pro choice.
Insomma anche di fronte ad un grave rischio sanitario mondiale e ad una crisi pandemica, nella visione di queste associazioni pro-choice l’unico interesse è quello di espandere le modalità per praticare l’aborto.
In Italia, senza nessun dibattito, purtroppo la decisione è stata quella di garantire l’aborto nonostante la situazione di stress a cui sono sottoposte le strutture sanitarie in questa crisi.
Proprio a causa di questa emergenza è stato decretato che tutti gli interventi non urgenti, tipo interventi oculistici, ortopedici ecc. possono essere rinviati. Saranno eseguiti solo gli interventi indifferibili ovvero per chi arriva in pronto soccorso in situazione critica, per traumi gravi, per infarti e per chi è in pericolo di vita.
Ovviamente per chi attendeva un intervento da un anno perché era in lista d'attesa il sacrificio non è trascurabile, ma si comprendono le ragioni della decisione.
Stona davvero, in questa situazione in cui il personale medico si prodiga per salvare ogni vita nonostante le difficoltà, la decisione di includere negli interventi indifferibili l'aborto. Un dramma che evidenzia in questa circostanza più che in altre la contraddizione e la cecità della nostra società.
Che tristezza francamente.

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