Ospedale psichiatrico per chi dissente
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Ho letto su Facebook le osservazioni di Giovanni Giardi a proposito dei miei articoli e delle mie prese di posizione. Libero ciascuno di pensare quello che vuole, di fare dire a Papa e CEI quello che gli garba (salvo poi essere smentito come Scalfari dalla Sala Stampa vaticana), di esprimere il proprio livore per il Vescovo Mons. Negri e soprattutto di pensare che «i dogmi della Chiesa (che c’entrano poco con il Vangelo)» vogliono imporre una concezione della fede a chi non crede. Sono le sue convinzioni, ma per favore non le appioppi ad altri. Credo di avere dato ragione di quello che penso non basandomi su argomentazioni di fede ma di buon senso, nella tradizione della cultura e della storia sammarinese.
Però una cosa chiedo al buon Giardi: credo che sia finita da tempo l’epoca dei Gulag staliniani e dei lager nazisti. Dove si «curavano» nelle cliniche psichiatriche coloro che pensavano diversamente dal potere costituito. Penso diversamente da Giardi ma non ho bisogno di «qualche esperto [che] dovrebbe analizzare questo atteggiamento». Gli ricordo quello che capitava in Russia qualche anno fa, e per quanto lui possa essere nostalgico di tale periodo non vorrei che tornasse più: «La prima volta che fu dato un giudizio pubblico sulla condizione mentale degli oppositori del comunismo fu per opera del capo dello stato, Nikita Krushev proponendo sul giornale “Pravda” il 24 maggio 1959 la seguente idea: Il delitto è una deviazione dalla norme di comportamento accettate nella società, spesso causato da una disfunzione psichica dell’Uomo. Possono esserci delle malattie, dei disturbi mentali in una società comunista, tra persone isolate? Chiaramente sì. Se così è, allora ci possono essere dei difetti che sono caratteristici delle persone con una psiche anormale… A loro, che su simili “basi” potrebbero iniziare ad esortare alla lotta contro il comunismo, si può dire che ci sono anche adesso persone che lottano contro il comunismo […] ma queste persone, a quanto pare, chiaramente non si trovano in uno stato mentale normale».
In uno stato democratico le idee si confrontano, le posizioni si verificano, ma non è buona cosa reprimere con minacce coloro che dissentono. Anche se non è autentica di Voltaire, credo che sia bene fare nostra questa affermazione: «Non condivido affatto quello che tu pensi, ma darei la vita perché tu abbia la libertà di esprimerti».
Forse «non se ne può più del livore del vostro editorialista Don Mangiarotti contro i Gay». O forse non se ne può più di coloro che al dibattito libero preferiscono il consenso del politically correct, facendo tacere le voci discordi. Chissà perché con tutte le loro citazioni del Papa Francesco, anzi, del «Vescovo di Roma», hanno proprio scordato quella sul «pensiero unico»? Qualche giorno fa, in Santa Marta, così ha detto il Papa: «E’ un pensiero chiuso che non è aperto al dialogo, alla possibilità che ci sia un’altra cosa, alla possibilità che Dio ci parli, ci dica com’è il suo cammino, come ha fatto con i profeti. Questa gente non aveva ascoltato i profeti e non ascoltava Gesù. E’ qualcosa di più che una semplice testardaggine. No, è di più: è l’idolatria del proprio pensiero. ‘Io la penso così, questo deve essere così e niente di più’. Questa gente aveva un pensiero unico e volevano imporre questo pensiero al popolo di Dio, per questo Gesù li rimprovera: ‘Voi caricate sulle spalle del popolo tanti comandamenti e voi non li toccate con un dito’ […] Il secolo scorso abbiamo visto tutti noi le dittature del pensiero unico, che hanno finito per uccidere tanta gente, ma nel momento in cui loro si sentivano padroni non si poteva pensare altrimenti. Si pensa così […] Oggi si deve pensare così e se tu non pensi così, non sei moderno, non sei aperto o peggio. Tante volte dicono alcuni governanti: ‘Ma, io chiedo un aiuto, un aiuto finanziario per questo’, ‘Ma se tu vuoi questo aiuto, devi pensare così e devi fare questa legge, quell’altra, quell’altra...’ Anche oggi c’è la dittatura del pensiero unico e questa dittatura è la stessa di questa gente: prende le pietre per lapidare la libertà dei popoli, la libertà della gente, la libertà delle coscienze, il rapporto della gente con Dio. Ed oggi Gesù è crocifisso un’altra volta».
Credo allora che sia meglio dare ragioni che esprimere rabbiosa insofferenza.
P.S.: Oggi ho letto la terribile notizia che a Mosul i cristiani sono stati cacciati dal paese e le loro case confiscate coll’infamante scritta (per gli integralisti islamici) di una N sulle loro porte, una N che ricorda il nome di «Nazareni» dato ai cristiani. Proviamo a chiedere rispetto per tutti, libertà di fede, e offriamo anche un aiuto concreto a chi soffre così duramente. Per conto mio metterò una tale «N» sulla mia casa!