Politica ed educazione
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«Desidero anzitutto felicitarmi con voi per aver posto al centro dei vostri lavori la riflessione sul come favorire l’incontro dei giovani con il Vangelo e quindi, in concreto, sulle fondamentali questioni dell’evangelizzazione e dell’educazione delle nuove generazioni. In Italia, come in molti altri Paesi, è fortemente avvertita quella che possiamo definire una vera e propria “emergenza educativa”. Quando, infatti, in una società e in una cultura segnate da relativismo pervasivo e non di rado aggressivo, sembrano venir meno le certezze basilari, i valori e le speranze che danno senso alla vita, si diffonde facilmente, tra i genitori come tra gli insegnanti, la tentazione di rinunciare al proprio compito, e ancor prima il rischio di non comprendere più quale sia il proprio ruolo e la propria missione. Così i fanciulli, gli adolescenti e i giovani, pur circondati da molte attenzioni e tenuti forse eccessivamente al riparo dalle prove e dalle difficoltà della vita, si sentono alla fine lasciati soli davanti alle attese e alle sfide che sentono incombere sul loro futuro. Per noi Vescovi, per i nostri sacerdoti, per i catechisti e per l’intera comunità cristiana l’emergenza educativa assume un volto ben preciso: quello della trasmissione della fede alle nuove generazioni. Anche qui, in certo senso specialmente qui, dobbiamo fare i conti con gli ostacoli frapposti dal relativismo, da una cultura che mette Dio tra parentesi e che scoraggia ogni scelta davvero impegnativa e in particolare le scelte definitive, per privilegiare invece, nei diversi ambiti della vita, l’affermazione di se stessi e le soddisfazioni immediate» [Benedetto XVI, Discorso all’Assemblea generale della Conferenza Episcopale Italiana, 29maggio 2008].
Per tutti oggi in Italia, come in molti altri Paesi, l’emergenza educativa non è la semplice difficoltà generazionale, ma, da parte degli adulti, l’impossibilità di comunicare a chi è indotto a fare del “relativismo il proprio credo” (relativismo pervasivo e non di rado aggressivo), le certezze basilari, i valori e le speranze che danno senso alla vita. Di conseguenza si diffonde tra genitori e insegnanti la tentazione di rinunciare al proprio compito educativo lasciando fanciulli, adolescenti e giovani soli davanti alle attese e alle sfide che sentono incombere sul loro futuro, pur circondati da molte attenzioni e tenuti forse eccessivamente al riparo dalle prove e dalle difficoltà della vita. Per Vescovi, sacerdoti, catechisti e per l’intera comunità cristiana l’emergenza educativa assume il volto preciso in rapporto alla trasmissione della fede alle nuove generazioni per gli ostacoli del relativismo, di una cultura che mette Dio tra parentesi e quindi scoraggia scelte definitive privilegiando, nei diversi ambiti di vita l’affermazione di se stessi e delle soddisfazioni immediate, circostanze estremamente negative per l’educazione alla fede e al vissuto di fede.
Benedetto XVI non è soltanto un grande teologo, un grande maestro della fede, ma si rivela sempre di più anche un acuto e puntuale pastore. Per far fronte a queste difficoltà lo Spirito Santo, lo Spirito del Risorto presente nella sua Chiesa, ha già suscitato molti carismi ed energie evangelizzatrici, particolarmente presenti e vivaci nel cattolicesimo italiano, per lo slancio missionario, per efficaci itinerari di formazione cristiana con un di più significativo di umanità, di fedeltà e obbedienza alla Chiesa, di amicizia con l’intelligenza e di sensibilità ai bisogni dei poveri, con ricchezza di vocazioni. “E’ compito di noi Vescovi - ha aggiunto il Papa che in altra sede aveva detto “Vi chiedo di andare incontro ai movimenti con “molto amore” anche quando fossero necessari interventi di correzione - accogliere con gioia queste forze nuove, sostenerle, favorire la loro maturazione, guidarle e indirizzarle in modo che si mantengano sempre all’interno del grande alveo della fede e della comunione ecclesiale”.
Ma occorre caratterizzare con un più spiccato profilo di evangelizzazione cioè di incontro attraverso i sacramenti con la Persona di Gesù Cristo nel suo corpo che è la Chiesa molte forme e occasioni di presenza che tutt’ora abbiamo già con il mondo giovanile, nelle parrocchie, negli oratori, nelle scuole - in particolare nelle scuole cattoliche - e in tanti altri luoghi di aggregazione, di vissuti fraterni di amicizia. E siccome l’incontro con La Persona di Gesù Cristo avviene soprattutto da persona a persona importanti sono i rapporti personali e specialmente la confessione sacramentale e la direzione spirituale. Ciascuna di queste occasioni è una possibilità che ci è data di ingresso di Cristo nell’intimo del proprio io, tale da essere trasformati in Lui, vivere in Lui e di Lui facendo percepire ai nostri ragazzi e giovani il volto umano di quel Dio che è il vero amico di ogni uomo tra i suoi amici.
E in questo orizzonte il Papa sottolinea l’importanza educativa di appuntamenti come quello vissuto la scorso settembre a Loreto e che vivremo, ha detto, in luglio a Sydney: sono l’espressione comunitaria, pubblica e festosa di quell’attesa di ritrovarsi gli uni accanto agli altri, accomunati dalla stessa fede, sentirsi uniti al di là delle differenze di sesso e di nazionalità, di professione, di ceto sociale, di idee politiche con quell’amore e quella fiducia verso Cristo e verso il Suo corpo che è la Chiesa che permangono radicati nell’animo giovanile. Questi appuntamenti raccolgono il frutto di un quotidiano e locale lavoro pastorale e al tempo stesso c’è un rimando che aiuta a respirare a pieni polmoni l’universalità della Chiesa e la fraternità che deve unire tutte le Nazioni e verso cui i giovani sono tanto sensibili.
E nel quotidiano locale l’attuale emergenza educativa fa crescere la domanda di educatori che sappiano essere testimoni credibili di quelle realtà e di quei valori su cui è possibile costruire sia l’esistenza personale sia progetti di vita comuni e condivisi. Questa domanda, presente originariamente in ogni io e che oggi sale dal corpo sociale e che coinvolge i ragazzi e i giovani non meno dei genitori e degli altri educatori, già di per sé costituisce la premessa e l’inizio di un percorso di riscoperta e di ripresa che, in forme adatte ai tempi attuali, ponga di nuovo al centro la piena e integrale formazione di ogni persona umana. Certo l’educazione in prima battuta è affidata alla famiglia, poi alla Chiesa in modo sussidiario alla famiglia, e quindi in una realtà sociale variegata come la nostra a quegli specifici luoghi di formazione che sono le scuole per ciò che gli insegnanti sono cioè per la loro tipicità culturale che non si aggiunge all’insegnamento ma lo anima, lo forma organicamente rispondendo agli interrogativi sul mondo, sulla storia, sul proprio e altrui essere dono del Donatore divino di ogni io. Per l’attuale pluralismo culturale e in uno Stato democratico, che si onora di promuovere la libera iniziativa in ogni campo, occorrono anche scuole pubblicamente sostenute che, nel rispetto di programmi ministeriali validi per tutti, offrano la possibilità di insegnanti che siano e quindi animino, diano forma all’insegnamento da cattolici conformi al pensiero cattolico e alle scelte educative delle singole famiglie. Tutto lascia pensare che un simile confronto fra scuole culturalmente diverse non mancherebbe di produrre effetti benefici proprio di fronte all’attuale emergenza educativa.
Nell’importantissimo ambito dell’educazione positivi possono essere i segnali di un clima nuovo, più fiducioso tra le forze politiche e le istituzioni
L’Italia, ha detto Benedetto XVI, non solo nell’importantissimo ambito dell’educazione ma nella propria situazione complessiva, ha bisogno di uscire da un periodo difficile, nel quale è sembrato affievolirsi il dinamismo economico e sociale, è diminuita la fiducia nel futuro ed è cresciuto invece il senso di insicurezza per le condizioni di povertà di tante famiglie, con la conseguente tendenza di ciascuno a rinchiudersi nel proprio particolare, una circostanza che rende difficile educare. “E’ proprio per la consapevolezza di questo contesto - ha notato Benedetto XVI - che avvertiamo con particolare gioia i segnali di un clima nuovo, più fiducioso e più costruttivo. Esso è legato al profilarsi di rapporti più sereni tra le forze politiche e le istituzioni, in virtù di una percezione più viva delle responsabilità comuni per il futuro della Nazione. E ciò che conforta è che tale percezione sembra allargarsi al sentire popolare, al territorio e alle categorie sociali. E’ diffuso infatti il desiderio di riprendere il cammino, di affrontare e risolvere insieme i problemi più urgenti e più gravi, di dare avvio a una nuova stagione di crescita economica ma anche civile e morale”, una circostanza quanto mai favorevole per uscire anche dall’emergenza educativa.
Evidentemente questo clima ha bisogno di consolidarsi e potrebbe presto svanire, se non trovasse riscontro in qualche risultato concreto. Rappresenta però già di per sé una risorsa preziosa, che è compito di ciascuno, secondo il proprio ruolo e le proprie responsabilità, salvaguardare e rafforzare. “Come Vescovi - ha detto il Papa - non possiamo non dare il nostro specifico contributo affinché l’Italia conosca una stagione di progresso e di concordia, mettendo a frutto quelle energie e quegli impulsi che scaturiscono dalla sua grande storia cristiana. A tal fine, però, dobbiamo anzitutto dire e testimoniare con franchezza alle nostre comunità ecclesiali e all’intero popolo italiano che, anche se sono molti i problemi da affrontare, il problema fondamentale dell’uomo di oggi resta il problema di Dio. Nessun altro problema umano e sociale potrà essere davvero risolto se Dio non ritorna al centro della nostra vita. Soltanto così, attraverso l’incontro con il Dio vivente, sorgente della speranza che ci cambia di dentro e che non delude (Rm 5,5), è possibile ritrovare una forte e sicura fiducia nella vita e dare consistenza e vigore ai nostri progetti di bene”.
Nel settore dell’educazione, che vive oggi una vera “emergenza”, urge una laicità sana e ben compresa, nella quale la Chiesa possa dare liberamente il suo apporto
Il Papa ha voluto ripetere ai Vescovi italiani l’invito fatto il 16 aprile ai Confratelli degli Stati Uniti: “Quali annunciatori del Vangelo e guide della comunità cattolica, voi siete chiamati anche a partecipare allo scambio di idee nella pubblica arena, per aiutare a modellare atteggiamenti culturali adeguati”. Nel quadro di una laicità sana e ben compresa, occorre pertanto resistere ad ogni tendenza a considerare la religione, e in particolare il cristianesimo, come un fatto soltanto privato: le prospettive che nascono dalla nostra fede possono offrire invece un contributo fondamentale al chiarimento e alla soluzione dei maggiori problemi sociali e morali dell’Italia e dell’Europa oggi.
L’educazione in prima battuta è affidata alla famiglia
“Giustamente, pertanto, - ha sottolineato il Santo Padre - voi dedicate grande attenzione alla famiglia fondata sul matrimonio, per promuovere una pastorale adeguata alle sfide che essa oggi deve affrontare, per incoraggiare l’affermarsi di una cultura favorevole, e non ostile, alla famiglia e alla vita, come anche per chiedere alle pubbliche istituzioni una politica coerente e organica che riconosca alla famiglia quel ruolo centrale che essa svolge nella società, in particolare per la generazione ed educazione dei figli: di una tale politica l’Italia ha grande e urgente bisogno. Forte e costante deve essere ugualmente il nostro impegno per la dignità e la tutela della vita umana in ogni momento e condizione, dal concepimento e dalla fase embrionale alle situazioni di malattia e di sofferenza e fino alla morte naturale”. E di conseguenza non si può chiudere gli occhi e trattenere la voce di fronte alle povertà, ai disagi e alle ingiustizie sociali che affliggono tanta parte dell’umanità e che richiedono il generoso impegno di tutti e verso cui i giovani sono particolarmente sensibili. Naturalmente, la disponibilità a muoversi in loro aiuto deve manifestarsi nel rispetto delle leggi, che provvedono ad assicurare l’ordinato svolgersi della vita sociale sia all’interno di uno Stato che nei confronti di chi vi giunge dall’esterno.