Il Papa ai suoi preti - 3 - La sofferenza
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Pur con modalità diverse per tutti, come per il pontificato di Papa Giovanni Paolo II, ci sono due momenti di ogni vissuto umano ugualmente importanti. Nel primo momento di Giovanni Paolo II lo abbiamo visto come gigante della fede: egli con un coraggio incredibile, una forza straordinaria, una vera gioia della fede, una grande lucidità, ha portato fino ai confini della terra il messaggio del Vangelo. Ha parlato con tutti, ha aperto nuove strade con i Movimenti, con il dialogo interreligioso, con gli incontri ecumenici, con l’approfondimento dell’ascolto della Parola divina, con tutto… con il suo amore per la Sacra Liturgia. Lui realmente ha fatto cadere non le mura di Gerico, ma le mura tra due mondi, proprio con al forza della sua fede e questa testimonianza rimane indimenticabile, rimane una luce per questo nuovo millennio.
Ma di non minore importanza sono stati anche gli ultimi anni del suo Pontificato, a motivo di questa testimonianza umile della sua passione. Ha portato la Croce del Signore davanti a noi e ha realizzato la parola del Signore: Seguitemi, portando con me, e seguendo me, la Croce”!
Questa umiltà, questa pazienza con la quale ha accettato quasi la distruzione del suo corpo, la crescente incapacità di usare la parole, lui che era stato il maestro della parola. E così ci ha mostrato visibilmente questa verità profonda che il Signore ci ha redento con la sua Croce, con la Passione come estremo atto del suo amore. Ci ha mostrato che la sofferenza non è solo un non, un qualcosa di negativo, la mancanza di qualche cosa, ma è una realtà positiva. Che la sofferenza accettata nell’amore di Cristo, nell’amore di Dio e degli altri è una forza redentrice, una forza dell’amore e non meno potente che i grandi atti che aveva fatto nella prima parte del Pontificato. Ci ha insegnato un nuovo amore per i sofferenti e fatto capire che cosa vuol dire “nella Croce e per la Croce siamo salvati”.
Anche nella vita del Signore abbiamo questi due aspetti. La prima parte dove insegna la gioia del Regno di Dio, porta i suoi doni agli uomini e poi, nella seconda parte, l’immergersi nella Passione, fino all’ultimo grido dalla Croce. E proprio così ci ha insegnato chi è Dio, che Dio è amore e che nell’identificarsi con la nostra sofferenza di esseri umani ci prende nelle sue mani e ci immerge nel suo amore e solo l’amore è il bagno di redenzione, di purificazione e di rinascita.
E’ un esempio, una riflessione che tocca noi tutti - e sempre di nuovo in un mondo che vive di attivismo, di giovinezza, dell’essere giovane, forte, bello, del riuscire a fare grandi cose - dobbiamo imparare la verità dell’amore che si fa passione e proprio così redime l’uomo e lo unisce con Dio amore. Si tratta di ringraziare tutti coloro che accettano la sofferenza, che soffrono con il Signore e tutti dobbiamo avere un cuore aperto per i sofferenti, per gli anziani e capire che proprio la loro passione è una sorgente di rinnovamento per l’umanità e crea in noi l’amore e ci unisce al Signore. E’ vero, nella passione vera diventa sempre difficile unirsi realmente al Signore e rimanere in questa disposizione di unione con il Signore sofferente. Deve essere quotidiana la preghiera per tutti i sofferenti e occorre fare quanto sta in noi per aiutarli, mostrando la nostra gratitudine per il loro soffrire “offerto” e assistendoli per quanto possiamo, con grande rispetto per il valore della vita umana, proprio della vita sofferente fino alla fine. E’ questo il messaggio fondamentale del cristianesimo, che viene dalla teologia della Croce: la sofferenza, la passione è presenza dell’amore di Cristo e il regno di Dio,la grande speranza è presente là dove Egli è amato e dove il suo amore ci raggiunge: è sfida per noi ad unirci con questa passione. Anche la sofferenza fa parte dell’esistenza umana. Essa deriva, da una parte dalla nostra finitezza, dall’altra, dalla massa di colpa che, nel corso della storia, si è accumulata e anche nel presente cresce in modo inarrestabile. Certamente bisogna fare tutto il possibile per diminuire la sofferenza: impedire, per quanto possibile, la sofferenza degli innocenti; calmare i dolori; aiutare a superare le sofferenze psichiche. Sono tutti doveri sia della giustizia che dell’amore che rientrano nelle esigenze fondamentali dell’esistenza cristiana e di ogni vita veramente umana. Sì, dobbiamo fare di tutto per superare la sofferenza, ma eliminarla completamente dal mondo non sta nelle nostre possibilità - semplicemente perché non possiamo scuoterci di dosso la nostra finitezza e perché nessuno di noi è in grado di eliminare il potere del male, della colpa che è continuamente - lo vediamo - fonte di sofferenza. Questo potrebbe realizzarlo solo Dio: solo un Dio che personalmente entra nella storia facendosi uomo e soffre in essa. Noi sappiamo che questo Dio c’è e che perciò questo potere che “toglie il peccato del mondo” (Gv 1,29) è presente nel mondo. Con la fede nell’esistenza di questo potere, è emersa nella storia l’unica speranza della guarigione del mondo. Ma si tratta, appunto di speranza che ci dà il coraggio di metterci dalla parte del bene anche là dove la cosa sembra senza speranza, nella consapevolezza che, stando allo svolgimento della storia così come appare all’esterno, il potere della colpa rimane anche nel futuro una presenza terribile. Possiamo cercare di limitare la sofferenza, di lottare contro di essa, ma non possiamo eliminarla. Proprio là dove gli uomini, nel tentativo di evitare ogni sofferenza, cercano di sottrarsi a tutto ciò che potrebbe significare patimento, là dove vogliono risparmiarsi la fatica e il dolore della verità, dell’amore, del bene, scivolano in una vita vuota, nella quale forse non esiste quasi più il dolore, ma si ha tanto maggiormente l’oscura sensazione della mancanza di senso e della solitudine. Non è lo scansare la sofferenza, la fuga davanti al dolore, che guarisce l’uomo, ma la capacità di accettare la tribolazione e in essa di maturare, di trovare senso mediante l’unione con Cristo, che ha sofferto con infinito amore. E’ quello che ho scritto - ha concluso Benedetto XVI - nella Spe salvi: amare i sofferenti non solo con le parole, ma con tutta la nostra azione e il nostro impegno. Solo così siamo cristiani realmente; la capacità di accettare la sofferenza e i sofferenti è misura dell’umanità che si possiede. Dove manca questa capacità, l’uomo è ridotto e ridimensionato. Quindi preghiamo il Signore perché ci aiuti nella nostra sofferenza e ci induca ad essere vicini a tutti i sofferenti del mondo.