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L'amore coniugale

Autore:
Oliosi, Don Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it
Il grande “sì” che implica l’amore coniugale

Messaggio «in occasione del 40° anniversario di pubblicazione dell’enciclica Humanae vitae, importante documento nel quale è affrontato uno degli aspetti essenziali della vocazione matrimoniale e dello specifico cammino di santità che ne consegue. Gli sposi, infatti, avendo ricevuto il dono dell’amore, sono chiamati a farsi a loro volta dono l’uno per l’altra senza riserve. Solo così gli atti propri ed esclusivi dei coniugi sono veramente atti d’amore che, mentre li uniscono in una sola carne, costruiscono una genuina comunione personale. Pertanto, la logica della totalità del dono configura intrinsecamente l’amore coniugale e, grazie all’effusione sacramentale dello Spirito Santo, diventa il mezzo per realizzare nella propria vita un’autentica carità coniugale. La possibilità di procreare una nuova vita umana è inclusa nell’integrale donazione dei coniugi. Se, infatti, ogni forma d’amore tende a diffondere la pienezza di cui vive, l’amore coniugale ha un modo proprio di comunicarsi: generare dei figli. Così esso non solo assomiglia, ma partecipa all’amore di Dio, che vuole comunicarsi chiamando alla vita persone umane. Escludere (da ogni atto unitivo) questa dimensione comunicativa mediante un’azione che miri ad impedire la procreazione significa negare la verità intima dell’amore sponsale, con cui si comunica il dono divino: “se non si vuole esporre all’arbitrio degli uomini la missione di generare la vita, si devono necessariamente riconoscere limiti invalicabili alla possibilità di dominio dell’uomo sul proprio corpo e sulle sue funzioni; limiti che a nessun uomo, sia privato sia rivestito di autorità, è lecito infrangere” (Humanae vitae, 17). E’ questo il nucleo essenziale dell’insegnamento che il mio venerato predecessore Paolo VI rivolse ai coniugi e che il servo di Dio Giovanni Paolo II, a sua volta, ha ribadito in molte occasioni, illuminandone il fondamento antropologico e morale» [Benedetto XVI, Al Congresso Internazionale per il 40° della “Humanae vitae”, 3 ottobre 2008].

Veramente liberi e liberamente veri
A distanza di 40 anni dalla pubblicazione dell’enciclica è possibile oggi capire meglio quanto questa luce profetica sia decisiva per comprendere il grande “sì” che implica l’amore coniugale. In questa luce, i figli non sono più l’obiettivo di un progetto umano, ma sono riconosciuti nella verità di un autentico essere dono del Donatore divino, da accogliere con atteggiamento di responsabile generosità verso Dio, sorgente di ogni vita umana unica e irripetibile. Questo grande “sì” alla bellezza dell’amore comporta certamente gratitudine, sia dei genitori nel ricevere il dono di un figlio, sia del figlio stesso nel sapere che la sua vita ha origine da un amore così grande e accogliente ed è la consapevolezza del proprio e altrui essere dono del Donatore divino che rende liberi e responsabili. A livello di praticabilità, è vero che nel cammino della coppia possono verificarsi circostanze gravi che rendono prudente distanziare le nascite dei figli o addirittura sospenderle. Ed è qui che la conoscenza dei ritmi naturali di fertilità della donna diventa importante per la vita dei coniugi. I metodi di osservazione, che permettono alla coppia di determinare i periodi di fertilità uniti sempre all’impegno di castità coniugale o autocontrollo delle pulsioni per una tenerezza reciproca sempre più gratuita nelle relazioni, consentono di amministrare quanto il Creatore ha sapientemente iscritto nella natura umana, senza turbare l’integro significato della donazione sessuale. Benedetto XVI, con il profondo magistero sull’agape e sul rapporto con l’eros già espresso nell’Enciclica Deus caritas est, lo approfondisce. In questo modo i coniugi, rispettando la piena verità del loro amore, potranno modularne l’espressione in conformità a questi ritmi, senza togliere nulla alla totalità del dono di sé che l’unione nella carne esprime. Ovviamente ciò richiede una maturità nell’amore, che non è immediata, ma comporta un dialogo e un ascolto reciproco e singolare dominio dell’impulso sessuale in un cammino di crescita nella virtù.

Come mai oggi il mondo, ed anche molti fedeli, trovano tanta difficoltà non solo a praticare ma addirittura a comprendere il messaggio della Chiesa, che illustra e difende la bellezza dell’amore coniugale nella sua manifestazione naturale?
La possibilità tecnica di separare la fertilità dall’esercizio della sessualità e quindi l’unità di biologia e relazionalità che definisce la natura, l’ethos della sessualità umana, fu chiaramente intuita da Paolo VI come una “svolta epocale” nel rapporto tra l’uomo e la tecnica: si veicola nella coscienza dell’uomo e della donna l’idea che il vero amore era quello che unisce le persone dei coniugi, facendo qualsiasi uso del proprio corpo a misura decisa dai due. Una “misura di uso” che la tecnica poteva stabilire. Certo, la soluzione tecnica anche nelle grandi questioni umane appare spesso la più facile e attraverso i mezzi della comunicazione la più condivisa, dominante, ma essa in realtà nasconde la questione di fondo che riguarda il senso della sessualità umana e la necessità di una padronanza responsabile, perché il suo esercizio possa diventare espressione di amore personale, senza umiliare e degradare la ragione a una mera ratio tecnica, facendo del piacere il criterio ultimo. E’ una delle grandi sfide che il pontificato di Benedetto XVI sta lanciando al mondo: o si allargano gli spazi della ragione o l’uomo è in pericolo mortale. Nonostante, allora, che il mondo, e con esso molti cattolici, trovino tanta difficoltà non solo a praticare ma addirittura a comprendere il messaggio della Chiesa occorre il coraggio di dire che la tecnica non può sostituire la maturazione della libertà quando è in gioco l’amore. Anzi, come ben sappiamo, neppure la ragione basta: bisogna che sia il cuore a vedere poiché l’amore sponsale cristiano si conosce solo con il cuore. Solo gli occhi del cuore riescono a cogliere le esigenze proprie di un grande amore, capace di abbracciare la totalità dell’essere umano. Per questo il servizio che la Chiesa offre nella sua pastorale matrimoniale e familiare, spesso squalificato nell’attuale emergenza educativa non solo come non praticabile ma addirittura falso, punta a saper orientare le coppie a capire con il cuore il meraviglioso disegno che Dio ha scritto nel corpo umano, aiutandole ad accogliere come tensione quanto comporta un autentico cammino di maturazione, sapendo che la riuscita, la coerenza va invocata nella preghiera.

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