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Il piccolo ateo e il buon educatore

Cari bambini, cari ragazzi,
Mi presento: sono Lillo, uno come voi. Beh, forse con qualche anno in più, ma niente di grave.
Io sono ateo.
Molti di voi staranno dicendo: che cavolo significa "sono ateo"?
Essere ateo significa pensare che Dio non esiste. Vi sembra sconvolgente? Siete sorpresi? Sì? Bene!
In questo libricino che ho scritto apposta per voi, vi spiegherò perché ritengo che non esiste Dio e come dovete difendervi dai preti, dai famigliari e dalle persone che invece vogliono per forza farvi credere che esiste Dio, oltre a Gesù, la Madonna, i santi e compagnia bella.

Inizia così il libro di 52 pagine – sottotitolo: anticatechismo per ragazzi - scritto da Calogero Martorana, membro della Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti.
Il libro scaricato da internet e diffuso in alcune scuole, più che il manuale del perfetto ateo, è il manuale del perfetto anticristiano. Non oso pensare cosa sarebbe accaduto se qualcuno avesse diffuso il manuale del perfetto antislamico. Ma si sa, del cristianesimo si può dire e maledire tutto.
L’autore, della fede, pare avere lontane reminiscenze infantili. Parla di preti che spaventano i bambini con lo spauracchio dell’inferno, cita persone che indicando la statua della Madonna, dicono ai bambini “se fai il cattivo la Madonnina piange” probabilmente attingendo a ricordi d’infanzia. Del resto l’educazione perfetta non esiste, c’è chi dice, “fai il bravo altrimenti lo dico all’uomo nero” e anche questo di questi tempi non è politicamente corretto.
La fede raccontata nel manuale del piccolo ateo, è una fede fatta di paura, divieti, punizioni, soprusi.
Una fede raccontata da chi descrivendosi dice: ”Non sono buono, né particolarmente affascinato dalle regole: ma ritengo di essere intellettualmente onesto e responsabile; pratico un razionalismo a tutto campo senza dare volontariamente fastidio, ma tollerando il copioso fastidio che invece il clericalismo e l'irrazionalità mi procura. (…) ”
Povero Martorana, il suo manuale, contraddice proprio le sue enunciazioni di principio.
Primo, perché è difficile confrontarsi con chi ci da un “copioso fastidio” quindi capiamo le sue difficoltà a confrontarsi con chi ha fede.
Secondo, perché mentre dice che la gente si forma opinioni sbagliate perché non ne conosce altre. Lui vorrebbe una gioventù atea, che non prenda nemmeno in considerazione la tradizione dei padri, la storia, quindi una gioventù senza alternative, forse pensa che il “pensiero unico” va bene, se è ateo.
Con il suo anticatechismo, il professore cerca di dimostrare la NON esistenza di DIO, scritto naturalmente con la “d” minuscola, in fondo dio vuol solo dire “luminoso e splendente”, perché secondo il professore, l’esistenza di Dio serve solo a toglierci la paura della morte.
Martorana si rivolge ai suoi giovani lettori dopo averli diffidati da credere a quanto dicono genitori, preti, catechisti ecc..dicendo: Per essere liberi, è necessario non stare mai “sotto”, non essere mai un servo, non sentirsi mai “inferiore” a niente!

Ed è qui che il concetto di libertà comincia ad essere modificato a suo uso e consumo, perché al passo successivo leggiamo: "La religione, invece, fa proprio il contrario: obbliga gli esseri umani a essere sempre sotto, servi, inferiori al proprio dio e ai suoi preti. La religione cattolica è particolarmente cattiva, ed è bravissima a trasformare i propri credenti in “marionette” pronte a eseguire tutti gli ordini, anche i più ridicoli. Non sembra così, vero?"

Caro il nostro professore, la fede di cui lei parla, la libertà di cui lei parla, non è quella che mi è stata testimoniata, mi piacerebbe lei mettesse da parte il fastidio che le persone di fede le arrecano, per potersi accostare a un libro scritto da un grande uomo di fede, e da un grande EDUCATORE, uno che aveva davvero a cuore il bene dei giovani, che non si permetteva di indicare loro chi NON ascoltare, ma che li educava alla critica: "La vera educazione deve essere un'educazione alla critica. Fino a dieci anni (adesso forse anche prima), il bambino può ripetere ancora: «L'ha detto la signora maestra, l'ha detto la mamma». Perché? Perché, per natura, chi ama il bambino mette nel suo sacco, sulle spalle, quello che di meglio ha vissuto nella vita, quello che di meglio ha scelto nella vita. Ma, ad un certo punto, la natura dà al bambino, a chi era bambino, l'istinto di prendere il sacco e di metterselo davanti agli occhi (in greco si dice pro-bállo, da cui deriva l'italiano «problema»). Deve dunque diventare problema quello che ci hanno detto! Se non diventa problema, non diventerà mai maturo e lo si abbandonerà irrazionalmente o lo si terrà irrazionalmente.
Portato il sacco davanti agli occhi, ci si rovista dentro. La critica, perciò, consiste nel rendersi ragione delle cose, non ha un senso necessariamente negativo.
Fin dalla prima ora di scuola ho sempre detto: «Non sono qui perché voi riteniate come vostre le idee che vi do io, ma per insegnarvi un metodo vero per giudicare le cose che io vi dirò. E le cose che io vi dirò sono un'esperienza che è l'esito di un lungo passato: duemila anni
".
Ecco chi è un educatore, chi ama i giovani e la loro intelligenza, non chi scrive capitoli intitolati: I cattivi sono i cristiani (pagina 47) Ma chi ai giovani fornisce i mezzi per giudicare la realtà.
Il rischio educativo, di L. Giussani, potrebbe essere per lei e per tutti coloro che amano i giovani un testo davvero interessante, io direi indispensabile.

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