Dal silenzio del monastero al frastuono della folla
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Dal silenzio del monastero al frastuono della folla. Anche una monaca di clausura, Maria Gloria Riva, ha trovato spazio, con tanto di riflettori e applausi, all’interno del Meeting di Rimini. “E’ una circostanza eccezionale, non rientra certo nella routine” ammette la suora che all’interno dei padiglioni gremiti si muove con la stessa serena padronanza con la quale abita il chiostro. “Non avverto alcun disagio in questo contesto, è vero - conferma -. Quel che mi sostiene è la passione per la vita, per la comunicazione di un’esperienza, della fede” spiega con un sorriso che sembra far parte della sua stessa fisionomia, impossibile da spegnere.
La ressa e il pubblico oceanico che attende la sua testimonianza non la impressionano: “Di fronte ad ogni persona mi trovo sempre di fronte a un “tu” che mi rimanda al Mistero. Ogni persona è amata da quel Dio che io adoro tutti i giorni nell’Eucaristia” precisa diffondendo la sensazione che fra questioni terrene e celesti non esista alcuna barriera. E si tratta per lei di una certezza che intende divulgare, ovunque e a tutti. Questa è la ragione per la quale suor Maria Gloria, che nel 1984, venticinquenne, entrò fra le Adoratrici perpetue del SS. Sacramento di Monza, scrive libri e si dedica agli studi di storia dell’arte, grande interesse da sempre, convogliato senza problemi nella vocazione alla vita contemplativa. La stessa ragione che, del resto, l’ha condotta in questi giorni davanti alla platea del Meeting per la presentazione del suo ultimo volume “Volti e stupore. Uomini feriti dalla bellezza”, scritto a quattro mani con il giornalista Fabio Cavallari, con la prefazione curata da Magdi Allam.
“Credo che la fede debba uscire dalle sacrestie e l’arte debba uscire dagli ambienti d’elite - dichiara -. Oggi viviamo nella società dell’immagine, così si dice, ma nessuno è più capace di guardare la realtà, le cose, il mistero che anima tutto. L’arte esprime il dramma dell’esistenza, il grido disperato come la gioia più pura, sprigiona lo stupore di una Presenza con la p maiuscola”.
Sembra paradossale però che una monaca si dedichi all’arte e alla comunicazione con tale slancio. E per giunta non si limiti a scrivere nella solitudine, ma in un dialogo aperto tutti.
“Molto aperto sì, bellissimo. Come nel caso dell’ultimo libro, nato da un incontro imprevedibile fra un non credente e non laicista come Cavallari, un musulmano laico (Magdi Allam ndr) e una monaca non clericale. E’ stato un vero incontro nella vita e nella bellezza… E dove trovarle vita e bellezza se non nell’Eucaristia dove è presente tutto il mistero dell’uomo e tutto il mistero di Dio?”
Come e dove è scattato questo feeling?
“Il primo contatto è stato via Internet, sul sito www.culturacattolica.it curato da un sacerdote, don Gabriele Mangiarotti. In questo modo è diventato abituale uno scambio di giudizi e contributi con persone anche molto diverse per mentalità e cultura”.
E le sembra del tutto normale che una suora di clausura si interessi di arte e di dialoghi on-line con giornalisti, scrittori e gente d’ogni orientamento culturale?
“E’ in perfetta linea con la spiritualità di Madre Maria Maddalena dell’Incarnazione, fondatrice dell’Ordine cui appartengo, che già nel 1802 concepì il carisma improntato alla comunicazione e al contatto con il popolo. Il suo desiderio era che tutti, ebrei, musulmani, cattolici, protestanti, non credenti e persino maghi, potessero incontrare Cristo nell’Eucaristia. Il monastero, sempre nel cuore della città, rappresentava la possibilità di accostare e conoscere i misteri della fede: al richiamo delle campane, la gente si radunava in chiesa e poteva ascoltare la lettura di piccoli trattati sul significato dell’eucaristia e della preghiera. Oggi le nostre chiese sono vuote, le campane non suonano più, sono altri i mezzi per comunicare: la nuova piazza per noi è in Internet e le nuove tecnologie sono uno strumento per gridare la verità dai tetti, come raccomanda il vangelo”.
Lei infatti ha avuto la grinta e la preparazione per contestare con immediatezza le tesi di Dan Brown e il suo Codice Da Vinci.
“C’è stata una concomitanza fra l’uscita di un mio libro, con un intero capitolo dedicato allo studio del Cenacolo, e l’esplosione del caso Dan Brown. Fui sollecitata così a riprendere in mano la questione più nel dettaglio, con la realizzazione di un Dvd. Tutto è nato comunque da un dialogo, nell’amore alla verità, da un incontro che non è mai virtuale o pensato a tavolino”.
Una facile obiezione mossa a chi decide dedicarsi a Dio chiudendosi in un monastero è l’estraneità al mondo e a ai suoi travagli. Nel suo caso invece la vita monacale appare come un trampolino di lancio verso tutta la società e le sue attese da colmare.
“Le monache non sono mai fuori dal mondo. Certo non affrontano il viaggio di un missionario, ma raggiungono il microcosmo del cuore umano. Nel nostro particolare carisma che pone al centro di ogni azione la presenza dell’Eucaristia, hai il mondo intero dentro la tua vita. Raggiungi tutti e ciascuno singolarmente, mai una massa dove l’unicità delle persone si perde. Anche al Meeting non ho mai incontrato una folla, ma ciascuno col suo volto”.