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L’odio del talebani e il nostro silenzio

Autore:
Battista, Pierluigi
Fonte:
©“Corriere della Sera” del 9 agosto 2010
Riportiamo questo articolo di Pierluigi Battista, da Corriere della Sera del 9 agosto 2010, nella speranza che aiuti a fare chiarezza e risvegli le coscienze intorpidite di noi occidentali, di fronte alla grave ondata di persecuzione anticristiana in atto in molti paesi dove domina l'islam

Portare una Bibbia dove spadroneggiano i talebani è un delitto gravissimo. Il «proselitismo» cristiano è passibile di pena di morte. Inoltre se si è un medico missionario che non nasconde la sua croce, si rischia, come è accaduto l’altro ieri in Afghanistan, di essere trucidati. E’ una strage continua. Che presenta due caratteristiche. La prima è il silenzio imbarazzato del mondo. La seconda è la sottovalutazione della più grande e sistematica persecuzione religiosa che insanguina il mondo del Duemila.
Assuefatti a ogni forma di intolleranza, non riusciamo a soppesare la portata di gesti che dovrebbero muovere all’indignazione mondiale e che invece vengono oscurati da una «neolingua» impastata di eufemismi, minimizzazioni, distrazioni. Consideriamo «normale» che portare una Bibbia con sé espone l’incauto alle più efferate rappresaglie. Consideriamo del tutto ovvio che non solo nelle grotte di guerriglieri talebani ma nella «moderata» Arabia Saudita conservare una croce e un rosario nel cassetto è bollato come «apostasia» e l’apostasia porta alla condanna a morte. Costretti ad appoggiare Karzai a Kabul dimentichiamo che un islamico che aveva osato convertirsi al cristianesimo è stato condannato alla pena capitale e che solo la pressione internazionale ha permesso che non si consumasse l’assassinio di un uomo colpevole solo di credere al suo Dio.
Dimentichiamo che solo un anno fa, in Pakistan, un villaggio di cristiani è stato dato alle fiamme, con risibili pretesti, e che nell’incendio hanno perso la vita anche bambini la cui unica colpa è la fede dei genitori in Cristo.
Sappiamo dettagliatamente cosa accade nello Yemen, dove i cristiani sono braccati e costretti a una pratica clandestina della loro confessione. Conosciamo la condizione miserevole dei cristiani in Indonesia, vittime di periodici pogrom, di assalti armati, di aggressioni continue. Giungono purtroppo con sempre maggiore frequenza notizie sulla persecuzione della comunità cristiana in Iraq, bersaglio di quel «potere dell’odio», come lo ha definito ieri Andrea Riccardi sul Corriere, coltivato con tenacia e fanatismo nei settori del fondamentalismo islamista.
Non è possibile che siano fuochi sparsi quelli che divampano nella persecuzione anticristiana in Afghanistan e in Iraq, in Pakistan e in Indonesia, nello Yemen e in Arabia Saudita (e dobbiamo aggiungere nell’Algeria martoriata dalla «guerra santa» e nell’Egitto che opprime i cristiani copti). Il «potere dell’odio» ha un bersaglio, un obiettivo, una vittima designata. Ma la comunità internazionale non vuole vedere l’evidenza. Ha paura di fomentare i risentimenti islamici. Questa è la ragione del silenzio. E questo è quello che non vogliono vedere i detrattori dell’intervento in Afghanistan. Nella strage dei medici missionari cristiani, non c’entra l’avversione all’America, l’«insorgenza» contro l’occupazione straniera, la guerriglia clandestina contro il governo di Kabul.
C’entra invece l’ostilità assoluta contro i cristiani che nei comunicati di Al Qaeda sono bollati come i «crociati» da eliminare dalla faccia della terra insieme agli ebrei.
Questa è la portata del massacro che ha colpito persone la cui unica arma era la Bibbia, insieme agli strumenti medici con cui curavano i feriti dell’Afghanistan, i civili prima di tutti gli altri. La loro «invasione» non è quella militare, ma quella religiosa e culturale, che nel mondo dell’integralismo è la sfida suprema, quella che determina la salvaguardia di un’identità incontaminata ed esclusiva. La rabbia feroce contro il «proselitismo» consiste proprio in questo: nell’idea che qualcuno viene ad attentare alla purezza religiosa, all’esclusivismo di un’unica fede che non tollera la coesistenza con fedi diverse o addirittura alternative. Ma quei missionari portavano avanti la loro missione e onoravano la loro fede esponendosi al pericolo più grande. E nell’indifferenza del mondo che considera molesta la variante «religiosa» di un conflitto che si vorrebbe solo militare e politico.
Perciò i cristiani muoiono semplicemente se vogliono restare cristiani. Una persecuzione insidiosa perché nessun contrappeso internazionale è in grado di arginarla. E dove si muore trucidati, solo perché in mano si ha la Bibbia.

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