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Giustizia evangelica

Autore:
Amato, Gianfranco
Fonte:
CulturaCattolica.it

L’ultima polemica ferragostana in Gran Bretagna la dice lunga sulla crisi identitaria di quel Paese.
Lord Mackay of Clashfern, ex Lord Chancellor e Lord Advocate of Scotland durante i governi Thatcher e Major, è uno dei giuristi più stimati e prestigiosi di Scozia.
Ottantatreenne ma ancora più che mai combattivo, Lord Mackay ha patrocinato la campagna lanciata dalla Scottish Bible Society (SBS), che ha avuto come oggetto l’invio di centinaia di Bibbie ai tribunali ed ai magistrati scozzesi, per invitarli a riflettere sui valori cristiani della giustizia e della misericordia.
Di fronte al dilagare dei Muslim Arbitration Tribunal, in cui si applica la sharia, ed al fatto che proprio in Scozia, lo scorso marzo, abbia debuttato il primo studio legale britannico specializzato in diritto islamico, Lord Mackay ha tenuto a ribadire che la prospettiva cristiana della giustizia e le Sacre Scritture continuano a rappresentare «una fonte ed un testo fondamentale per il sistema giuridico scozzese».
La SBS, di cui lo stesso Lord Mackay è presidente onorario, ha accompagnato le copie delle Bibbie con un opuscolo intitolato “La Bibbia nel sistema giuridico scozzese: una guida per gli operatori del diritto”, nel quale si ricorda, tra l’altro, che la stessa Regina, durante la cerimonia di incoronazione, ha accettato il testo sacro cristiano come «Royal Law», legge reale.
L’iniziativa non ha registrato alcuna reazione da parte dei musulmani, i quali non hanno avuto nulla da ridire. Qualche islamico ha addirittura visto di buon occhio il fatto che ci siano nel Regno Unito persone che ancora credono in Dio e non si vergognano della propria religione.
Una proluvie di durissime proteste è, invece, piovuta dal mondo laicista ed ateo della cosiddetta “intellighenzia” liberal. Terry Sanderson, capo della National Secular Society, si è ferocemente opposto all’iniziativa, arrivando a sostenere che «il contenuto della Bibbia sarebbe addirittura più imbarazzante della sharia». Proprio così, per Sanderson la legge coranica sarebbe un male minore rispetto alla legge cristiana fondata sulle Sacre Scritture. L’assunto del presidente della National Secular Society si fonda sul fatto che «uccidere streghe e omosessuali, e lapidare gli adulteri sono chiaramente tutti precetti legali sanciti nel libro sacro ai cristiani». E ha pensato pure di essere spiritoso quando si è chiesto: «Come potrebbe mantenersi l’itticoltura scozzese se venisse introdotto il divieto biblico di mangiare vongole? O come potrebbe svilupparsi la manifattura tessile delle Shetland, se si dovesse applicare il divieto di confezionare abiti con differenti materiali, come prescrive la Bibbia?».

La cosa più triste – e davvero sintomatica della crisi identitaria del popolo britannico – è che quelli come Sanderson parlano e giudicano cose che non conoscono. Se leggessero davvero la Bibbia scoprirebbero che essa è composta di due parti, l’Antico ed il Nuovo Testamento. Ed è proprio la seconda parte – quella in cui risiede l’originalità del cristianesimo realizzatasi attraverso l’incarnazione divina – che completa e dà un senso a tutto il testo sacro.
Sanderson non sa, semplicemente, che cosa sia il cristianesimo. E’ ancora fermo ai precetti del giuridismo farisaico e ignora che nella storia dell’umanità ha fatto irruzione un avvenimento capace di rivoluzionare lo stesso concetto di giustizia. E’ nel Vangelo – parte integrante, sostanziale e illuminante della Bibbia – che lo stesso Cristo impone il superamento del rigido formalismo farisaico: «Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli» (Mt. 5, 20).
Non può esservi giustizia senza carità. Questo è l’annuncio cristiano diffuso attraverso il Vangelo. Una giustizia priva di carità porta inevitabilmente alla divisione, e cessando di essere mediazione di amore, origina il paradosso dell’antica saggezza: Summum ius summa iniuria.
Non c'è ingiustizia più grande verso un uomo, insegna il Vangelo, che quella di arrestarsi alla giustizia formale come suprema relazione con lui, rifiutando così di entrare in comunione personale d’amore.
La vera giustizia biblica – che Sanderson degrada ad un gradino inferiore rispetto alla sharia – è quella che introducendo una prospettiva di carità porta a considerare l’altro come persona, anzi come fratello in Cristo.
Per questo non si può affermare, come ha fatto Sanderson, che il senso di giustizia che si trova nella Bibbia sarebbe ancora peggiore di quello rinvenibile nel corano.
In realtà il grande limite dell’islam è quello di non riconoscere che l’infinita misericordia di Dio si sia incarnata in Gesù Cristo.
Per comprendere meglio questo concetto, e quindi la vera differenza tra islam e cristianesimo, basta considerare un episodio accaduto proprio a ferragosto, quando Sanderson ha lanciato la polemica. Mentre celebravamo la Festa dell’Assunta, infatti, in Afghanistan due adulteri, una donna di ventitré anni e un uomo di ventotto, venivano condannati a morte e lapidati, com’è stato ufficialmente riferito da Mohammad Ayob, governatore del distretto di Imam Sahib, nella provincia di Kunduz. Erano circa un centinaio le persone radunatesi per ascoltare la sentenza di condanna e per assistere alla lapidazione della coppia. I due, rei confessi, sono stati condotti davanti alla folla, e in piedi, con le mani legate, uno accanto all’altro, hanno subito il supplizio della lapidazione.
Questa scena me ne ha fatta venire in mente un’altra accaduta duemila anni fa in Palestina. Quella volta, però, la folla pronta con le pietre in mano a lapidare un’adultera, fu fermata da un Uomo che si limitò ad un solo commento: «Chi è senza peccato scagli la prima pietra». Questo, infatti, è uno di quegli insegnamenti biblici che i laicisti alla Sanderson, purtroppo, non conoscono.
Non è quindi così peregrina la proposta di Lord Mackay di far dare ai magistrati una ripassatina di Vangelo.
E confesso che sei io fossi un imputato non mi dispiacerebbe davvero che il mio giudice, prima di emettere la sentenza, ricordasse alla propria coscienza qualche passo della Bibbia in tema di giustizia. Magari proprio quel passo in cui si dice: «Con lo stesso metro con cui giudicherete, sarete giudicati.

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