Felice d’essere etero
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Temo che i politici non siano altro che lo specchio dei loro elettori, anche se ci piacerebbe fossero tutti morigerati, con il senso delle istituzioni, che certe esternazioni le tenessero per sé, giusto per non mettere in ridicolo il Paese, ma tant’è l’utopia è una cosa e la realtà un’altra.
Sta di fatto, che pare che in Italia non si possa fare a meno di parlare per mesi della casa svenduta dell’uno, delle frasi inopportune dell’altro, dei gusti sessuali dei politici, come se si trattasse di affari di Stato, con l’aggiunta di una dose di falso perbenismo a dir poco stucchevole.
«Sono fatto così da sempre: - spiega il presidente del Consiglio - qualche volta mi capita di guardare in faccia una bella ragazza, ma è meglio essere appassionato di belle ragazze che gay».
Forse da un uomo con una carica così prestigiosa, padre e nonno ci si attenderebbe ben altro esempio. Che dicesse che belle o brutte a lui le donne piacciono tutte, giusto per non umiliare quelle che belle non sono, o forse basterebbe che tenesse chiusa la bocca ad evitare esternazioni inopportune, ma visto che così non è, la sua può essere un’affermazione condivisa o non condivisa, ma quello che è certo è che non deve essere proibito pensarlo e dichiararlo.
“Felice d’essere etero” non dovrebbe apparire come una perversa malattia.
Invece nel nostro paese siamo giunti al paradosso, che dichiararsi gay è segno di libertà, e dichiararsi etero è segno di chiusura omofobica.
I gusti non si discutono, ma qui siamo giunti alla celebrazione della Semiramis Dantesca, “ché libido fé licito in sua legge - per tòrre il biasmo in che era condotta.” (Inferno, canto V), che cioè trasformò il proprio desiderio incestuoso in legge dello Stato.
Si è arrivati al punto che pare controproducente e poco onorevole dichiarare la propria eterosessualità, come se essere etero ed averne magari anche un certo orgoglio, fosse per forza indice di razzismo verso chi pratica l’omosessualità.
Fulmini e saette poi, s’invocano su chi osa affermare che l’omosessualità, è per così dire un disordine della sessualità.
Del resto per chi ha rinunciato alla verità come criterio per giudicare la vita, non resta che la banalità del male, perché dove non c’è nulla che sia male, o tutto è bene, o il male è solo quello degli altri.
E intanto l'Italia va alla deriva, senza che a destra e a manca qualcuno sia in grado di fare fare progetti a lungo termine, senza che nessuno sia capace di guardare al futuro e provare, almeno provare a fare qualcosa di buono, tutti a guardare al "bambulin del venter", con l'aggravante che ai nostri giovani si rimanda l'immagine di una deriva a cui non c'è rimedio.
Ma ricordatevi che non c'è peccato più grave di chi toglie ai giovani la speranza, il desiderio di aspirare a cose grandi e belle e di lottare perché quel desiderio si compia.