«Amicus Plato, sed magis amica veritas», caro Rondoni
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Non faccio parte della categoria di «filologi ebraici, esperti e scandalizzati esegeti» se mi permetto di dissentire dalla performance di Benigni a proposito del Cantico dei Cantici. E mi spiace che a farlo sia quell’uomo che mi ha strappato le lacrime con il suo film «La vita è bella». Come mi spiace che per difendere quello che non mi pare difendibile si citino una amicizia e le varie conversazioni a pranzo.
Come mi spiace pure che Rondoni, di cui ho apprezzato l’intervento nella assemblea della Lega, sembri cavarsela con un «Avrà detto qualche minchiata, calcato un po’ la mano (era a Sanremo mica in Sinagoga o a un convegno del Biblicum...)».
Non ho letto – la domenica si sa che i sacerdoti hanno altri e ben più significativi impegni – le varie prese di posizione di coloro che si sono espressi con disappunto sullo spettacolo del Festival di Sanremo. Ho solo visto il replay della Rai, e ne sono stato disgustato. Non si può arrivare così in basso per accodarsi al politically correct che ci impone di esprimerci con favore rispetto ad ogni forma di rapporto sessuale. Se dobbiamo rileggerci «questo inseguimento erotico sapienziale e religioso» allora attrezziamoci con serietà, usando la ragione nel modo più congeniale al testo in questione. A me hanno insegnato che è proprio l’oggetto ad indicare il metodo della conoscenza, e l’oggetto non è né un feuilleton da rotocalco anni ’50 del secolo scorso, né un testo del recente erotismo da Grande fratello.
Tutta, e dico tutta, la tradizione ebraica e cristiana sanno leggere quello che indica la allegoria: l’amore umano, nella sua realtà e concretezza, è immagine di qualcosa di infinitamente più grande, e i mistici e gli interpreti che ne hanno colto quel valore superiore non erano uomini ossessionati dalla paura del sesso. Questa paura non appartiene al mondo della Bibbia né alla esperienza dei Padri della Chiesa.
A dire il vero non appartiene neppure alla mia tradizione, quella che mi ha insegnato mio padre, già Presidente Diocesano dell’Azione Cattolica nell’anteguerra, e al rispetto e commozione di fronte all’amore vero, quella tradizione che gli faceva scrivere alla sua futura sposa, dietro la foto di lui al lavoro: «A te, dolce realtà presente, il ricordo del pensiero rivolto oltre il foglio, all’ideale lontano, l’aff.mo Giovanni. 1939-1942».
Lascio all’amica Francesca la documentazione su quanto la nostra cara tradizione cristiana leggeva in questo testo bellissimo, che nessuno ha mai voluto nascondere e trasfigurare al solo scopo di renderlo leggibile ed accettabile dai più.