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Coronavirus: il problema è di sistema.

Curatore:
Leonardi, Enrico
Il vero problema del Coronavirus è un problema di sistema. Infatti un tasso di mortalità relativamente basso, accompagnato da un alto tasso di contagio rischia di creare molti casi in poco tempo.

Molto si dibatte sul tasso di mortalità del Coronavirus che è del 2-3%, ma aumenta per le persone in condizioni di difese immunitarie indebolite o con patologie gravi, specie se anziani.

Ma il vero problema è un altro, è un problema di sistema. Infatti un tasso di mortalità relativamente basso, accompagnato da un alto tasso di contagio rischia di creare molti casi in poco tempo. Inoltre questo virus è un virus nuovo e può mutare ed evolvere sia verso forme più aggressive che verso forme meno aggressive. Il vero pericolo insomma è IL NUMERO dei possibili contagi contemporanei, se va fuori controllo ed aumenta in modo esponenziale si muore percentualmente di più (a partire dalle categorie più a rischio e vulnerabili) perché il sistema sanitario non riuscirebbe a sostenere la cura di tanti casi contemporaneamente.

Il sistema infatti potrebbe essere messo in difficoltà in particolare dal fatto che essendo il virus nuovo non esiste immunizzazione nella popolazione generale (non per il tramite di un vaccino e neppure per esposizione pregressa). L’influenza stagionale è ogni anno un po’ simile a quella dell’anno prima... per questo siamo “più protetti” e poi la campagna vaccinale aiuta a ridurre la numerosità degli individui passibili di contagio.

Facciamo un esempio: i posti letto in terapia intensiva sono limitati come si sa, se ad un certo punto risultassero tutti occupati per via dell'epidemia di Coronavirus la mortalità ovviamente aumenterebbe.

Altro fattore di rischio, come già detto, è lo sforzo richiesto ai medici e la possibilità, come già mostrano questi primi casi, che molti di essi risultino infetti aumentando lo stress sulla classe medica. Proteggere i medici e gli operatori sanitari è MANDATORIO per preservare la capacità di reazione all'epidemia.
Le condizioni di lavoro nel sistema sanitario si degraderebbero rapidamente e allora muori perché il sistema non può reggere, perché non è strutturato per questo tipo di eventi.

Inoltre in caso di pandemia i malati che normalmente accedono al servizio sanitario potrebbero avere difficoltà ad essere seguiti e curati o peggio addirittura essere rifiutati perché non c'è posto per loro.

Per questo tutto quello che si può fare per ridurre il contagio e proteggere così le categorie deboli, VA FATTO senza se e senza ma, con senso civico e razionalità.

Come anche ha detto in una intervista il virologo dell'Università di Milano Fabrizio Pregliasco, la cosa più urgente è proprio quella di fare in modo che il contagio non avvenga tutto insieme. Il problema di questa situazione non è che venga contagiata tanta gente. Non è quello che preoccupa. Ma piuttosto che il contagio colpisca una grandissima fetta di popolazione nello stesso momento.

Da questo punto di vista basta guardare quanto è successo in Cina: dopo aver sottovalutato la portata e virulenza del virus il contagio si è esteso cosi velocemente che il sistema è collassato, alcune persone e famiglie sono state abbandonate in casa dove sono morte. Emblematica è la storia del regista Chang Kai: "Il primo ad ammalarsi è stato il padre del regista ma negli ospedali non c'erano letti disponibili. Sono deceduti in 4 e ora anche la moglie è grave. La decisione iniziale delle autorità di isolare i malati nelle proprie abitazioni ha moltiplicato il contagio causando più di un decesso nello stesso nucleo". (https://www.repubblica.it/esteri/2020/02/19/news/coronavirus_pechino_morto_regista_chang_kai_decimata_famiglia-248985892/)
Non stiamo dicendo che arriveremo a questo punto sia chiaro, siamo lontanissimi da questo pericolo ma è un monito di cui tener conto.

Non generare panico è necessario, ma minimizzare è sbagliato: ricordiamo la storia del medico Peng Yinhu, anche a lui fu detto di non creare allarmismi.

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